di Antonio Errico
Eroe del tempo lungo, del sovratempo, della leggerezza, dell’immaginario, della fantasia, del trasognamento, si presentava sulla scena nel mese di giugno, quand’era appena finita la scuola, quando era già estate piena, in quel meriggiare montaliano pallido e assorto, insieme ad altri eroi: Tex Willer, Capitan Miki, Blek Macigno. Però lui era diverso: completamente diverso. Quelli erano eroi epici, senza macchia e senza paura, combattevano ogni sorta di battaglia, vincevano con ogni portento di nemico. Lui era un eroe da giardino. Povero. Dimesso. Uno di quegli eroi con cui si può parlare come si parla a un amico; uno di quegli eroi abituati alle sconfitte, alle molte sconfitte, che si entusiasmano per poche, piccole, domestiche vittorie. Che forse sono eroi proprio per questo, perché vincono battaglie quotidiane, quelle che servono per la sopravvivenza.
Si potrebbe definire un antieroe. Sarebbe più logico definirlo un antieroe. Ma eroe da giardino appare più coerente, per il fatto che nel suo mondo gli eroi non esistono, per cui non c’è un modello con il quale fare il confronto.
Paolino Paperino, nato il 9 giugno del 1934 nel cortometraggio “La gallinella saggia”, tra pochi giorni compirà novant’anni. Ma per lui gli anni non sono mai passati, e quando ci capita in mano una sua storia, gli anni non sono mai passati nemmeno per noi.