di Rocco Orlando
Tanti sono i pericoli che ha corso la Basilica di S. Antonio di Padova, a cominciare dall’orribile meteora del 1394, per passare poi ai danni provocati dalle guerre tra le truppe imperiali e quelle veneziane negli anni 1509-1513, ai fuochi d’artificio accessi sui tetti della Basilica per festeggiare l’elezione del nuove doge Pietro Loredan nel 1567, al grande incendio del 24 marzo 1749 (di cui ho scritto su questa rivista in data 24 gennaio 2024) e la grandine devastatrice del 26 agosto 1834. Ma “un “ben grave pericolo minacciò per tanti anni la città coll’insidia di un fuoco che nulla vale a reprimere”. (www.vigilifuoco.it), dovuto al fatto che “presso l’Orto Botanico, accanto alla ruota di un mulino, altre ruote giravano adibite ad una fabbrica di polveri da bombarda, detta la polveriera del Maglio. Questa fabbrica era stata fatta costruire dai Carraresi prima del 1405; c’erano tre magli (martelli, situati su tre incudini e azionati per mezzo di ruote dall’acqua dei canali; attraverso il meccanismo del maglio si riducevano i metalli ad utensili di vario uso. Nel XVI secolo gli impianti vennero convertiti alla produzione di povere da sparo. Spesso nella polveriera si verificavano esplosioni con conseguenti incendi e danni agli edifici circostanti. In www.vigilifuoco.it si legge: “ Il 14 maggio 1597 subì un incendio che provocò la rovina degli edifici circostanti e, scaraventati in aria quanti accudivano al lavoro delle munizioni; cinque ne uccideva, altri ne storpiava. Nel settembre del 1615 mentre colà li pestoni lavoravano et battevano la polvere, si è acceso il fuoco accidentalmente, che in un istante fece cadere tutto quel luoco. Ma il più disastroso incendio che registrino le cronache di Padova è quello del 24 maggio 1617, ore 10 manifestatosi nella stessa polveriera. Una scintilla al contatto di certe polveri esposte al sole divampò fulminea nei barili riposti in una torricella vicina; un formidabile scoppio, un rombo fragoroso; alte grida e crolli e gemiti e morte. Le prime voci propalavano duecento vittime; i documenti ne registrano trentotto. Rimasero danneggiate notevolmente la chiesa di Betlemme, la più povera della città, quelle più sontuose di S. Giustina e del Santo, coi rispettivi conventi”.