di Antonio Mele / Melanton
Con l’avvento del computer e della scrittura virtuale, i soliti immancabili, illuminati e sagaci profeti avevano sentenziato che la carta sarebbe presto sparita.
Non più lettere, stampe, comunicazioni, avvisi, notifiche, manifesti, e perfino i giornali o i libri – i vecchi cari libri che per secoli hanno pazientemente aspettato di essere sfogliati da curiosi e impavidi appassionati, donando sempre e comunque meraviglie – sarebbero ben presto spariti dalla faccia del pianeta, con buona pace del signor Gutenberg, e dei nostalgici e retrogradi lettori di vecchia generazione.
Si sarebbe finalmente lasciato il passo, sentenziavano i sagaci profeti, ad una trasmissione di sapere e conoscenza rapidissima e universale, facendo volentieri a meno degli inutili e superati orpelli cartacei: tutto via etere, come nel nulla, come per magia, toccando un tasto, e facendo apparire (o anche sparire) milioni, e anzi miliardi di miliardi d’informazioni. (Mi sembra, peraltro, assai paradossale, che nonostante si parli di misure incommensurabili di ‘memoria’, questa ‘memoria’, infine, potrebbe annullarsi in una frazione di tempo altrettanto infinitesimale!).