Allegato
ALDO DE JACO
Con il letto nel bagagliaio
Con una introduzione del professor Lucio Giannone
1940
- Mio paese
- 25 luglio di molti anni fa
- 8 settembre: una strana invasione
- 1944. Chi ha ucciso chi
- autobiografia quasi ufficiale
- 1946: l’assalto dei vinti
1950
- Epistolario con due difficili amici
- Così nessuno ne ha mai parlato
- A Piedigrotta
- Autunno 1956
- Un’altra lettera di Elio Vittorini…
e la relativa risposta
- Paesano in visita
- Perché non cambiai strada
- Agosto in prigione
1960
- Letteratura e mezzogiorno a cento anni dall’Unità
- Un incontro nel mezzogiorno contadino
- Con il letto nel bagagliaio
- Nelle carceri di Atene
1970
- Quattro risposte a “Nostro tempo”
- Lettera agli artisti di domani (in Bulgaria)
- Con Kostas, poeta greco
- A proposito di “Vocazione agit-prop”: una lettera di Giorgio Amendola (e la relativa risposta)
1980
- Ritorno a casa
- Una lettera di Luigi Incoronato
- Nel giardino del cattivo amministratore
- A Shanghai vidi Forcella
- Per un romanzo mai pubblicato (una lettera di Mario Spinella)
- Per il mio migliore amico moscovita
- Incontro con Antonio Verri
- Quanti secoli sono passati?
- Una grande giornata
- A mo’ di introduzione
- Alla fine dello spettacolo, in Bulgaria
1990
- Un uomo essenziale
- Nelle vesti di Dio
- Peccato di scandalo (a Mosca)
- Canto di una cornacchia amica
- Addio, amico
- Addio, amico!
- Per tre amici pittori:
Cara Rina
Caro Silvio
Caro Enzo
- Marameo
- La simulata
Con Aldo De Jaco (Maglie, 23 gennaio 1923 – Roma, 13 novembre 2003) entrai in contatto tramite Antonio Verri che nel 1987 mi invitò a presentarlo agli studenti dell’Istituto magistrale di Maglie. La manifestazione, che si svolse il 30 aprile di quell’anno, rientrava in una serie di incontri nelle scuole superiori della provincia con gli scrittori pugliesi organizzati dall’Assessorato della pubblica istruzione e cultura della Regione Puglia e dal Sindacato nazionale scrittori, di cui presidente era proprio De Jaco. Qualche anno dopo, sempre a Maglie, il 21 settembre 1995 tenni una relazione dal titolo “Cinquant’anni di vita letteraria di Aldo De Jaco”, in occasione dell’Omaggio allo scrittore, organizzato dall’Associazione culturale “Leonardo”, diretta da Antonio Culiersi. In quella occasione tracciai un profilo di De Jaco, poi pubblicato nel mio volume Scrittori del Reame (Lecce, PensaMultimedia, 1999), che resta a tutt’oggi il più completo sulla sua produzione specificamente letteraria, narrativa e poetica, anche se da quella trattazione restano fuori altri aspetti della sua multiforme attività, quali: l’autore di opere di storia, di reportage, di biografie, di teatro, di sceneggiature cinematografiche e testi radiofonici, il lavoro di giornalista e di inviato speciale.
Nel mio intervento partivo da Le domeniche di Napoli, pubblicato nel 1954 nella prestigiosa collana “I gettoni” diretta da Elio Vittorini per l’editore Einaudi, che comprende alcuni racconti di ambientazione partenopea divisi in tre sezioni. Vittorini, nel risvolto di copertina, notò il punto più alto del libro nel racconto Passeggiata panoramica, che definì “una nenia di stupenda freschezza che racconta di Napoli, e della sua folla più povera, come nessuno ne ha mai parlato”. Espresse invece delle riserve verso altri raccontini di tipo politico caratterizzati dal “lirismo di partito” che diceva di non apprezzare.
Poi passavo in rassegna tutti gli altri libri di narrativa: Una settimana eccezionale, apparso nel 1959 presso l’editore Mondadori; Viaggio di ritorno, un breve romanzo pubblicato nel 1966 nella collana “I coralli” di Einaudi; Con finale in prigione, che vide la luce nel 1975 presso l’editore Marsilio; La casa di tufo e Il tappeto persiano, entrambi pubblicati dalle Edizioni Erreci di Maglie, il primo nel 1985 e l’altro nel 1991. Per finire, accennavo a un altro aspetto dell’opera di De Jaco, forse secondario rispetto all’attività di prosatore, ma ugualmente interessante e che era venuto, o meglio ritornato, alla luce proprio in quegli anni. Mi riferisco all’attività di poeta, documentata da due libri, Stazioni di posta (Parabita, Edizioni “Il Laboratorio”, 1986) e Dodici lettere da Varna (Napoli, J.N. Editore, 1990). Ma sulla produzione letteraria di De Jaco rinvio senz’altro al mio profilo citato, ora disponibile anche su questo sito.
De Jaco dimostrò di apprezzare molto la mia relazione. Non a caso, nel volume Il tappeto persiano, che mi mandò come tutti gli altri suoi libri, appose questa dedica: “Al mio | più serio | interprete | Aldo De Jaco | 95”. In una lettera dell’ottobre del 1995, poi, mi chiese di inserirla come introduzione a un volume che stava preparando comprendente “un arco di prose e poesie mie dal ’44 ad oggi”. Nella lettera del dicembre di quell’anno, poi, che qui pubblico, mi rinnovava questa richiesta e mi mandava in allegato un dattiloscritto con il sommario dei testi da raccogliere nel volume dal titolo Con il letto nel bagagliaio, che definiva una sorta di “antologia/bibliografia” della sua produzione vecchia e nuova. In effetti, si trattava di testi piuttosto eterogenei, di carattere narrativo, ma anche diaristico, saggistico, di lettere e di altri interventi ancora. Gli mandai il mio scritto, ma questa prima proposta venne meno a causa del mancato accordo con l’editore con cui egli aveva preso contatto.
Due anni dopo De Jaco mi rifece la stessa proposta per la collana “Microscopio” dell’editore Conte di Lecce, diretta da Donato Valli e dal sottoscritto, dove era appena uscito un libro di prose di Vittorio Pagano. Mi mandò anche il dattiloscritto (il “malloppo”, come lo chiamava), specificando, in una lettera del 15 aprile 1997, che si trattava di un libro “ ‘montato’ con cose edite ed inedite, alla maniera di un collage di particolari testi e di particolari tempi: un bilancio, insomma, di cinquanta anni di attività letteraria”.
In un’altra lettera di tre giorni dopo, però, mi manifestava alcuni dubbi su questa proposta che definiva “sovrabbondante”. “Mi son reso conto – scriveva ‒ che il tutto non va bene. Perché? 1) è troppo lungo 2) non c’è un pezzo ‘forte’ (diciamo così) ma cento mattonelle che insieme formano (dovrebbero formare) un mosaico rappresentante un arcobaleno chiamato a. d. j. 3) ci sono troppe lettere altrui”. Accludeva perciò “una proposta di tagli” rispetto a quella che mi aveva mandato, con riduzione in tutto – specificava ‒ del 25% \del sommario proposto, abolendo anche la divisione in decenni. Al tempo stesso mi sottoponeva il progetto “di pubblicare un volumetto comprendente ‒ sotto il titolo generale ‘C’era una volta l’Unione Sovietica’ ‒ tre pezzi: 1) dodici articoli di varia impostazione nei quali l’essenziale obiettivo era di incontrare i ‘nipoti della rivoluzione’ (eravamo al 57). La versione attuale ripristina alcune censure nelle quali sono incappato. 2) il diario di un viaggio passato qualche anno dopo (verso la fine degli anni ’70, credo), fra Mosca […] e infine Samarcanda. Un diario vero. 3) le mie vecchie e nuove poesie dedicate a Mosca, Leningrado ecc.”. Alla fine scriveva: “Intendiamoci: se ritieni che valga la pena di pubblicare qualcosa fai tu la scelta definitiva se vuoi ti mando i pezzi sovietici non hai che dirmelo”, scusandosi per “tutto il guazzabuglio”.
Nella lettera successiva, sempre dell’aprile ’97, a dimostrazione di questa suo intenso desiderio di pubblicare, mi faceva ancora un’altra proposta: “posso mandarti ancora poi un’opera dal titolo ‘la valigia di cartone’ inchiesta sull’emigrazione in Europa negli anni ’60 e un altro testo dal titolo ‘c’era una volta l’Unione sovietica’ comprendente due lunghi viaggi in Russia (i diari relativi e le poesie sul tema ‘rosso’)”. E così concludeva: “Ecco. Questa è la mercanzia. Aggiungo che Marsilio mi pubblicherà due libri o forse tre. Sta per uscire inoltre un testo sul brigantaggio. Eccessivo? Sono al 75° anno con gli acciacchi relativi. Non posso contare su molto altro tempo”.
Nemmeno questi progetti però andarono in porto, se si eccettua La valigia di cartone che vide la luce tre anni dopo, nel 2000, presso l’editore Gino Bleve di Tricase, con una Nota introduttiva dell’autore che me lo inviò con la seguente dedica: “Al mio | critico e | professore | Lucio Giannone | in ricordo | della mia | gioventù | letteraria | Aldo De Jaco | 2000”. Ma nel 1999, dopo che uscì il mio vol. Scrittori del Reame, col profilo dello scrittore magliese, nella collana “Filigrana” delle edizioni Pensa MultiMedia di Lecce, De Jaco tornò di nuovo alla carica, proponendomi ancora, per quella collana, in una lettera di metà settembre di quell’anno “della saggistica (basata su rivelazioni ‘nuove’) sul rapporto comunismo-letteratura (casi di Vittorini, Fabrizio Onofri, Silone, Calvino, eccetera) e in questo eccetera ci sono anch’io” o “una storia epistolare del mio rapporto con Vittorini e Calvino attraverso il terribile 1956 e la mancata destalinizzazione”. Anche stavolta, per diversi motivi, queste idee non si concretizzarono in pubblicazioni, ma intanto in quegli anni De Jaco continuava a sfornare a getto continuo libri di vario genere che alla fine, se ho fatto bene i calcoli, arriveranno a contare complessivamente una quarantina di titoli.