di Gianluca Virgilio
Tre figure si muovono nelle pagine di Umberto Galimberti, L’etica del viandante, Feltrinelli, Milano 2023: la tecnica, l’uomo, la natura.
Il rapporto tra queste tre figure riassume il senso del pensiero del filosofo: “… la tecnica si muove ormai al di fuori del rapporto uomo-natura, e (…) pertanto nessuno dei due termini ad essa subordinati può pensare di esercitare un potere di controllo sulla tecnica, la quale ha proprio nella sua autonomia (la tentazione di Prometeo) il principio del suo potere.” (p. 101)
Per Galimberti siamo in un’epoca dominata dalla tecnica, non più strumento nelle mani dell’uomo, ma forza autonoma che si autoalimenta e che sfugge al controllo umano. Infatti, “la tecnica, da strumento nelle mani dell’uomo per dominare la natura, diventa il mondo in cui abita l’uomo, ciò che lo circonda e lo costituisce secondo le regole di quella razionalità che, misurandosi sui criteri della razionalità e dell’efficienza, non esita a subordinare alle esigenze dell’apparato tecnico le stesse esigenze dell’uomo.” (p. 117)
Ma che cos’è per Galimberti la tecnica? Egli risponde: “Un assoluto che si presenta come un universo di mezzi, che non ha in vista dei fini, ma solo dei risultati, che la tecnica presenta come fini del suo operare, per poi tradurli in ulteriori mezzi per l’incremento della sua efficienza.” (p. 141). La tecnica è un assoluto, che significa, secondo l’etimologia latina, <<“sciolto da ogni legame (solutus ab)”, quindi da ogni orizzonte di fini, da ogni produzione di senso, da ogni limite e condizionamento.>> (p. 139).
Gentile Annie, ti ringrazio per aver letto il mio scritto, che dimostri di aver compreso pienamente, e ti ringrazio anche per aver voluto condividere con i lettori di Iuncturae il tuo giudizio. Con l’auspicio che esso sia l’inizio di una discussione tra i lettori, ti saluto caramente. Gianluca