di Ferdinando Boero
Sono nato a Genova nel 1951, e ci sono rimasto fino al 1987. Ero bambino quando la città insorse, su stimolo del ligure Sandro Pertini, contro il ritorno del fascismo col governo Tambroni. La città, Medaglia d’Oro per la Resistenza, percepì come un oltraggio il congresso del Movimento Sociale, con tanto di fiamma tricolore. In Piazza De Ferrari, negli scontri con la Celere di Scelba, c’erano mio nonno Nando, mio padre Luigi e suo fratello, lo zio Carletto, con le magliette a righe, tipiche dei portuali. Era il 30 giugno 1960. Il governo Tambroni cadde. Genova era uno dei vertici del triangolo industriale, e ancora lo è, anche se in tono minore, ma non tantissimo. Con la corsa al riarmo almeno due aziende genovesi si fregano le mani, altre aspettano la diga foranea.
Nel 1983 uno scandalo portò all’arresto del presidente della regione, il socialista Alberto Teardo. Condannato a 12 anni per associazione a delinquere, concussione, peculato ed estorsione. Ma prima ancora Genova fu teatro, nel 1974, dello scandalo dei petroli: i “pretori d’assalto” scoperchiarono un calderone di politica e affari di stampo petrolifero. Il governo cadde, ma poi tutto fu messo a tacere in parlamento. Vent’anni prima di Mani Pulite già si sapeva tutto.