Unamuno in Italia: S. Teresa e Aldonzo di Luigi Corvaglia (Prima parte)

Nel corso della sua attività, ha dimostrato un’insolita versatilità coltivando generi letterari e filosofici diversi. Esordì pubblicando, oltre a S. Teresa e Aldonzo, tre commedie ed esattamente La casa di Seneca (1926), Rondini (1928), Tantalo (1929). Al contrario di quella, tutt’e tre sono ambientate in Italia nei tempi moderni e rientrano nel filone del dramma borghese di fine Ottocento di cui i capostipiti sono Strindberg, Ibsen e Cechov. Nel 1936 diede alla luce un romanzo, Finibusterre, che scava per la prima volta nell’identità antropologica della sua terra, il Salento, dandone una suggestiva interpretazione attraverso la descrizione degli elementi caratterizzanti del suo paesaggio, primi fra tutti gli ulivi, e i riferimenti alla sua storia, alle sue tradizioni e alle sue leggende. Successivamente si dedicò agli studi filosofici, conducendo delle ricerche su un pensatore salentino del Cinquecento, Giulio Cesare Vanini, che si concretizzarono in due volumi editi tra il 1933 e il ‘34 e in altri saggi apparsi nei decenni successivi, ma si occupò anche di altri filosofi del Rinascimento, come Giulio Cesare Scaligero, Girolamo Cardano e Cesare Rao. Tra il 1944 e il ’45 pubblicò vari interventi sul  pensiero politico di Giuseppe Mazzini.

L’occasione per la composizione di S. Teresa e Aldonzo fu rappresentata da un viaggio in Spagna, come lo stesso Corvaglia racconta nell’Introduzione, dal titolo Viaggio in Ispagna, ma in realtà la commedia nasce da un approfondimento della cultura spagnola che all’inizio egli confessa di conoscere poco. Per questo, prima di partire, consulta opere di tutti i generi dedicate alla storia e alla cultura iberica, non trascurando quelle dei grandi mistici. Incomincia così il viaggio e una delle prime tappe è Burgos, dove visitando la cattedrale della Vergine Maria dichiara di trovarsi “dinnanzi alle forme del divino” (Corvaglia, 1931: 5). Ad Argamasilla, invece, dove Cervantes finse i natali di Don Chisciotte, riflette sulle varie interpretazioni di questo personaggio:

D’altra parte i Don Chisciotte e i Don Chisciottini chi li conta più in letteratura? Non parlo dei Don Chisciotte musicati. Taccio dell’ammirabile Don Chisciotte del cinico Alonzo Hernandez de Avellaneda, nativo di Tordesillas. Né di quello del de Unamuno, o di Ortega y Gasset, che ne hanno fatta una figura di tragedia… Francis Jammes ha colorito, con una tinterella di idealismo, finanche Sancio… Ai nostri giorni poi è un’indecenza : Non si sa fare altro: rivestire,  ogni giorno, in abito diverso, quel povero cavaliere errante, come un “mannequin” qualunque, come se non abbia una sua fisionomia definita… (Corvaglia, 1931: 8).

Seguendo la via dei pellegrinaggi, Corvaglia arriva a Valladolid e a Santiago de Compostela, poi prosegue il suo viaggio a Madrid e a Cordoba fino a giungere ad Argamasilla, paese che accosta a quello di Avila, associando così il nome di Don Chisciotte a quello di santa Teresa, che costituiscono, a suo giudizio,  “due esistenze parallele” (Corvaglia, 1931: 11). Anche lo spunto per questa associazione gli viene da Unamuno che cita più volte Teresa nella sua opera, arrivando a definirla “sorella spirituale” (Unamuno, 2005: 327)  del “cavaliere dalla triste figura”. Suo  invece è il tema dell’amore tra Teresa e Aldonzo che nasce in base alle “affinità elettive” tra i due e che è causa della pazzia di Aldonzo.  Entrambi, infatti, sono due personaggi problematici, tormentati, alla costante ricerca del loro ideale, religioso per l’una e esistenziale per l’altro. Così gli viene in mente di comporre un’opera che avrebbe dimostrato “la realtà storica di Don Chisciotte” (Corvaglia, 1931: 8):

Tutte le impressioni degli ultimi sei mesi mi apparvero fuse in una strana vicenda. Protagonista: S. Teresa. Ma la sua personalità si sdoppiava e diventava Don Chisciotte. Qualcosa di simile mi era accaduto nel collaudo del centone, quando, nel cercare di Argamasilla, mi veniva in mente Avila, Anzi questo protagonista così complesso, fluttuava in guisa che, in certi istanti, mi pareva che, dentro, ci fossi io stesso. Il tempo dell’azione dai primi del 1500 al 1582. Ciò che per Don Chisciotte importava un anticipo di una trentina di anni. Ma la realtà storica non ne soffriva, perché non mutavano le ragioni ambientali del dramma. A volte il tempo impalpabile s’addensava in bruma, si faceva corpulento, diventava spazio. Come accadesse non lo so dire. Dal 500 risalivo su, su, attraverso i secoli, fino a ritrovarmi nella Spagna di oggi. Poi lo spazio tornava a rarefarsi in bruma e il dramma si espandeva oltre i confini di spazio e di età e si faceva dramma universale. L’eterno dell’Umano (Corvaglia, 1931: 9).


Miguel de Unamuno

E anche in altri brani riflette sulla figura di Don Chisciotte che, sempre sulla scia di Unamuno, diventa per Corvaglia un simbolo universale dell’idealismo umano:

Don Chisciotte non moriva in un letto, vinto e pentito, ad Argamasilla, ma dileguava su di una via, utopista, sognatoreeroico, viandante eterno che ritorna in tutti i tempi e in tutti i paesi, ombra che ognuno può avvertire sui propri passi e può chiamarsi Artù, ebreo errante, Cristo… O più semplicemente Uomo! (Corvaglia, 1931: 10).

I quattro atti della commedia, che porta la dedica “Alla mia donna”, sono incentrati, come s’è detto, su quattro diversi momenti della vita di Teresa, dalla giovinezza alla maturità, fino all’ultimo anno di vita, sulla base dell’autobiografia della santa, che è spesso citata. Il primo atto è ambientato nel salone della casa di Aldonzo Sanchez de Cepeda, il padre di Teresa, ad Avila, di sera, nel 1532, allorché la giovane ha diciassette anni, essendo nata nel 1515, anche se Corvaglia gliene dà quindici. In questo primo atto si delineano già i caratteri dei personaggi e i motivi principali del dramma.  Un cugino di Teresa, il murciano Aldonzo Chisciano è innamorato della donna la quale invece è attratta dall’altro cugino, Diego, ma mentre Aldonzo è sognatore e idealista,  questi è cinico e materialista. Teresa è ancora una ragazza spensierata che ama trascorrere questi anni in compagnia dei numerosi fratelli e dei cugini che abitavano nella casa attigua, anche se dimostra già una particolare sensibilità religiosa.

La commedia si apre con un dialogo tra Sanchez e il fratello Francesco che lo informa che la figlia, di sera, si incontra di nascosto con i cugini e, in particolare, proprio con suo figlio Diego e il murciano e lo consiglia di nascondersi nell’alcova per scoprirli. A questo punto, fa la sua comparsa Sancio Panza, servitore di Aldonzo, intento a fare la corte a Ghiomar, la schiava mora di Sanchez, dando vita a un intermezzo farsesco. L’idillio sul più bello è interrotto dalla venuta dell’ebreo Isacco che viene a vendere i monili per il matrimonio di Maria, sorellastra di Teresa. Durante l’esposizione dei preziosi, Diego ruba alcuni gioielli  e insulta Isacco, dimostrando il suo carattere volgare e materialista.

Il momento centrale del primo atto è il colloquio tra Teresa e Aldonzo, durante il quale si rivelano le affinità tra questi due personaggi, alla costante ricerca del loro ideale, religioso per l’una e esistenziale per l’altro. Entrambi  amano leggere i libri di cavalleria, che la ragazza presta al cugino, rifiutano la realtà, amano “l’ignoto”, si “assomigliano”. Teresa dice esplicitamente: “Noi ci assomigliamo tanto” (Corvaglia, 1931: 38). Aldonzo però, che si definisce “sentinella dell’ideale” (Corvaglia, 1931: 41),  confessa di aver perso la fede, mentre a lei è sufficiente pronunciare il nome di Gesù per superare dubbi e incertezze:

Teresa. Prega… Anche a me certe volte pare così. Ma basta che dica: Gesù! Anche senza pensarci… Gesù! Non conosci l’effetto che fa quel nome nel cuore… Non è tanto l’immagine che lo fa, quanto i suoni… Nascondono in sé un incanto i suoni. Certi nomi ce l’hanno misterioso che non si sa chi ce l’abbia messo : Prova, per esempio, a dire: Mamma! Suona! Esalta! Placa! (Corvaglia, 1931: 39).

Subito dopo si svolge un colloquio tra Teresa e Diego che parla di Aldonzo come di un “visionario” (Corvaglia, 1931: 42), che finirà per smarrire il senno come già il padre che si credeva il Cid. Teresa, pur essendo innamorata di Diego, quando ha la conferma che aveva rubato, lo manda via, definendolo “anima di mercante… seviziatore di vecchi imbelli… ladro!” (Corvaglia, 1931: 46). L’atto termina con Sancio che nel tentativo di inseguire Ghiomar si ritrova invece con Sanchez e Francesco che nascosti dietro una tenda lo prendono a piattonate.

Il secondo atto è ambientato a Hortigosa, un paese a poca distanza da Avila, dove Teresa, in preda a una malattia “strana” (Corvaglia, 1931: 54), misteriosa, è ricoverata in casa dello zio paterno Pietro, dopo aver fatto il noviziato e preso i voti al Convento dell’Incarnazione. Anche qui Teresa e Aldonzo si rivelano due anime inquiete, tormentate, la prima in cerca ansiosa della grazia divina, il secondo alla ricerca di un suo mondo, di una realtà “altra” rispetto a quella grigia del presente. E, a questo proposito, sono significative le parole che egli pronuncia rivolgendosi  proprio a Sancio Panza che rappresenta il suo esatto contrario perché si accontenta della realtà così com’è:

Aldonzo (si volge a lui e sorride amaramente)… Ossia… Eccola la vita!… Beata! Consapevole!… Dormire! (Chiude la finestra, gli si avvicina e parlandogli sottovoce). Poeta! Del reale tu conosci il verso migliore: Il sonno!… L’armonia delle sfere beate dev’essere un russare!… (Con ischerno a se stesso). Noi… cerebrali invece viviamo la vita insonne, farneticando di nevi, di sudari… dell’onda che sorride… della terra-madre! (Beffardo). Buona madre davvero! E duplichiamo la realtà, sovrapponendole il nostro delirio!… Per costui (accenna a Sancìo ) invece, tutto è… quello… che è… La neve? acqua gelata! Assidera!… Egli si riscalda. Vive. Né soffre come soffriamo noi, che ci esauriamo anelando ad un sopramondo immaginario di parole, briachi dei fiati corrotti dell’anima!… (Corvaglia, 1931: 57).

Teresa, invece, dimostra di avere sempre nel cuore “l’ansia di un evento… di un arrivo…” (Corvaglia, 1931: 60),  anche se continua a nutrire dubbi e in certi momenti, quando perde la speranza, arriva a una forma di nichilismo assoluto, come dimostrano le sue parole rivolte ad Aldonzo:

Teresa (con precipitazione e col pianto in gola). Non è un’illusione… non dir così… (Con forza). Non può essere così… (Con terrore). Se fosse così… (Inorridendo). Oh!… Tu che hai tanta pena di me… grida… grida… forte… Aldonzo… che la speranza non è mai vana, perché, se al mondo togli la speranza, lo distruggi! Grida… che io non senta le voci del dubbio. (La voce le smuore ed è lì lì per venir meno). Se no… mi torna il male… (Con voce soffocata)… La vertigine!… Nulla! Nulla!… Vuoto qui !… (Annaspa con le mani quasi allucinata) qui… nulla!… (Si tocca il petto). Innanzi vuoto, nulla intorno, anche lassù. (Accenna al Cielo). Vuoto! nulla!… e tu cieco fantasma! Irridi… Le cose riddano… precipitano! Nessuno le ferma… Il buio!… Il buio!… (Resta con gli occhi sbarrati nel vuoto, in una espressione di orrore) (Corvaglia, 1931: 62).

Ma in altri momenti si rivela la sua natura mistica, “straziata” dall’amore per Dio, per “l’Ignoto”, che sente dentro di sé come una mamma che vede crescere la sua creatura nel proprio grembo:

Teresa. Non faccio peccato! (A Diego). Sicché sei venuto con i miei fratelli… Parti sicuro. Non mi hai fatto del male… Non potevi farmene tu. Vivi sicuro… Senza rimorsi… Se muoio, non muoio per te… Oh! no… Il mio amore è un altro… E grande… Muoio di… lui… che mi strazia… È grande… Tu non puoi capire (Sottovoce e con mistero). Qualcuno è!… Qualcuno!

Aldonzo (con sorriso amaro e consapevole). L’ignoto è !

Teresa. L’Ignoto è! Un amore ignoto!… Dio!… Dio!… Nasce!… Dio!… (con ebbrezza). In me!… Devono sentirsi così le mamme, quando la loro creatura si forma e le estenua. (Con ardore sbarra gli occhi nel vuoto, estenuata, cercando di spiegarsi il suo spasimo interiore). Viene, nelle viscere mie… Mi s’annunzia con languori misteriosi… Va e torna!… Va e torna… Circola… col sangue… Vive! (Ebbra, socchiude gli occhi. Poi li spalanca con spasimo). Ecco… Ecco!… Ora non lo sento più… Non s’agita… non m’estenua più la creatura dell’anima mia… Quando sei venuto c’era… ma ora… no… ora lo cerco e non lo trovo più il senso materno di questo divino nascimento… (con angoscia) forse perché ci sei tu… (Con disperazione ascoltandosi dentro invano). Proprio!… Non si sente… (Con un gemito… Poi chiama comprimendosi il petto con le braccia, come parlando al suo essere ignoto, anelante, con un fil di voce). Piccolo!… Piccolo Gesù… Piccolo Gesù!… (S’accascia come esanime sullo schienale della scranna) (Corvaglia, 1931: 64).

L’inquietudine di Aldonzo, invece, è di tipo esistenziale. Non riesce a trovare un “punto stabile” (Corvaglia, 1931: 67) per la sua vita, si definisce un’“anima erratica” (Corvaglia, 1931: 67) a cui il cercare è diventato “ fine… come a dire via e, nel tempo stesso, meta!” (Corvaglia, 1931: 67). E nel colloquio con Blasco Vela Nuñez, padrino di Teresa, confessa il suo desiderio di una vita nuova, incapace di adattarsi al mondo, grigio e banale, della realtà quotidiana e in cerca di un “Mondo” creato da lui, fatto “di sogni, di fantasmi, di chimere” (Corvaglia, 193: 69), come era quello del passato:

Aldonzo. Non posso… M’attenaglia l’istinto del passato, Eccellenza… Il presente mi è estraneo! Vorrei anche io incominciare un’esistenza nuova, una esistenza mia… ma non in questo mondo qui, tra questi uomini… Sono troppo meschini per essere degni compagni della mia impresa. M’avvio, m’avvio… subentra la riflessione e la volontà dilegua… (Corvaglia, 1931: 68).

Aldonzo sogna i tempi della Cavalleria e immagina di partire “vestito di ferro e di fede” (Corvaglia, 1931: 70) e  “pellegrinare per i paesi leggendari dei ciclopi, dei nani, dei giganti, degli incanti!… trovarmi di fronte all’Infedele, in campo aperto, sfidarlo, vincerlo…” (Corvaglia, 1931: 70), attirato non dall’ “oro”, né dal “sangue”, né dalle “donne” o dal “Sole” (Corvaglia, 1931: 73), ma dall’“ignoto che c’è in quelle terre leggendarie” (Corvaglia, 1931: 73). Anche Teresa, a queste parole, manifesta il suo desiderio di seguirlo nelle Americhe dove sono già andati due suoi fratelli per diffondere il verbo di Cristo.

(segue)

[Relazione presentata al Convegno internazionale Italia y España. Una pasión intelectual. Homenaje al profesor Vicente González Martín (Facultad de Filología de la Universidad de Salamanca, 9-10 maggio 2024); ora nei relativi Atti, Italia y España. Una pasión intelectual, a cura di Manuel Heras García, Salamanca, Ediciones Universidad de Salamanca, 2024, pp. 333-346]

Questa voce è stata pubblicata in Letteratura, Scritti letterari di Antonio Lucio Giannone e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *