Così fece parlare in dialetto salentino perfino Orazio in “Orazio vivo”, che pubblicò nel 1993 con Congedo, “mediazione evidentemente e subito godibile e viva” scrisse Mario Marti; e tantissimi altri poeti italiani e stranieri in “Poeti del Mondo in dialetto salentino”, nel 1996 con Congedo. Ma fece anche l’operazione inversa, volse in tedesco i poeti italiani, come in “Aus italienischem Geistesleben” (s.d. ma 1960), dove sono tradotti in tedesco poeti come Giovanni Pascoli, Francesco Petrarca, Giovanni della Casa, Michelangelo, e spiegati ai tedeschi scrittori italiani come Luigi Pirandello, Carlo Goldoni e soprattutto Dante, un Dante umano, come dice il titolo “Dante – auch ein Mensch” (Dante – anche un uomo). In cui il sommo, il divin poeta, è colto nelle sue più varie sfumature e debolezze umane.
Si può dire che quella di Politi fu una vera mediazione di voci e di tempi alla ricerca di una comune verità, quella poetica, che non conosce limiti di sorta. Un’operazione culturale che solo un uomo del mondo, come fu Politi, poteva concepire. Aspetto, questo, evidenziato tanto dai tedeschi, come l’italianista Titus Heidenreich, tanto dagli italiani. Antonio L. Giannone nel suo saggio “Francesco Politi germanista e traduttore” del 2007 mette in evidenza il Politi mediatore inter nationes. Già altri, osserva Giannone, come Giuseppe De Dominicis, avevano tradotto in dialetto salentino grandi poeti italiani e stranieri, “ma nessuno, finora, come Politi, aveva fatto questo lavoro con tale ampiezza e con tanta coscienza letteraria”.
Nonostante l’avanzata età Politi progettava riedizioni aggiornate di suoi precedenti lavori, uno su tutti, il suo Shakespeare, e nuove iniziative. Dotato di una memoria eccezionale, capace di ricordare interi brani tradotti più di cinquant’anni prima, Politi aveva mitizzato i luoghi e le atmosfere della sua Taurisano, dei suoi personaggi curiosi e pittoreschi, delle sue campagne. E più andava in giro per l’Europa più pensava alla sua gente, come un emigrante di ritorno: “Te chiante forastiere m’aggiu nnutti, / cu mme li criscu cquai scattuni e ccime, / e mmo cqua nnui pijatu ànnu li frutti / te a terra noscia u custu e lla murime” (Di piante forestiere mi son portato / per crescermeli qua germogli e cime, / ed ora qua da noi hanno maturato i frutti / della nostra terra il sapore e la fragranza). La poesia per Politi aveva un valore intrinseco, come l’arte in genere, unire spiritualmente i popoli degustando la bellezza di ciascuno.
Taurisano, 16 aprile 2024
Grazie per aver reso omaggio a Francesco Politi; ricordo ancora distintamente una sua lectio magistralis (affollatissima) all’Università di Lecce, Facoltà di Lingue e letterature straniere, durante la quale lesse anche, appunto, sue traduzioni in dialetto salentino di poeti del Minnesang.