di Guglielmo Forges Davanzati
La BCE ha proceduto al primo aumento recente dei tassi di interesse il 21 luglio 2022, manovrando il tasso di rifinanziamento principale con una frequenza di aumento mai registrata nella sua storia. È in previsione la loro riduzione, che dovrebbe avvenire a giugno prossimo. Concorrono a questa decisione l’evidenza di una riduzione del tasso di inflazione e di una contrazione della crescita economica nell’area euro. Le tensioni in Medio Oriente suggeriscono al Consiglio Direttivo della Banca Centrale di rinviare questa decisione, soprattutto in considerazione dei possibili effetti inflazionistici in Europa derivanti dall’interruzione delle catene di approvvigionamento.
La politica monetaria agisce sugli squilibri regionali tramite diversi canali, che attengono alla dinamica dei consumi, degli investimenti e alle fluttuazioni del tasso di cambio. Per chiarire i termini della questione, si può ricordare che anche la FED statunitense ha proceduto ad aumenti dei tassi di interesse, a seguito di un aumento della domanda stimolato anche dalle politiche fiscali espansive dell’amministrazione Biden (in primis, l’Inflation reduction Act). Ma, come molti analisti hanno evidenziato, occorre anche chiarire che le condizioni macroeconomiche sono molto diverse fra USA e UME: negli Stati Uniti, infatti, l’occupazione è elevata e in aumento ed è elevato il tasso di crescita dei salari nominali, mentre vi è la sostanziale inesistenza della spirale salari-prezzi nell’area euro.