Inchiostri 115. Eleonora d’Aragona

di Antonio Devicienti

Ogni sera mi desto dal mio sonno diurno detergendomi dall’immobile velame degli sguardi che di giorno incessanti impudichi mi aderiscono su ogni anfratto del viso – non uno che distolto da me lo sguardo impari a: vedermi! Perché solo sono vera nel buio serale e notturno: sono quando sembro non essere. Lo scalpello che mi lavorò percorse le distanze impareggiabili della trasparenza facendomi emergere al gesto dello spazio mentre si dilata nel destino di Palermo, cavo nome.

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