Sugli scogli 11. Una mezza salpa

di Nello De Pascalis

          Avevo programmato una notte allu vasciu, ma porlo in essere significava trovarsi in zona molto presto per anticipare i monteronesi. L’etichetta lu vasciu è personale mania di affibbiare nomignoli ad ogni scogliera battuta da pescatori; cade all’estremità della panoramica che da Santa Caterina va verso Torre dell’Alto, a ridosso della piazzuola.

          Quella notte diserto il calduccio del mio letto per qualcosa di aguzzo e brumoso, e non è la prima volta. Mia moglie continua a darmi del folle, ma mi lascia prendere margini di libertà che mi tengo stretti. Parto che sono un quarto alle due e sulla Galatina-Galatone non passa anima viva, né in un senso, né nell’altro, ed ho la sensazione che la strada sia tutta mia in una notte d’autunno. Prossimo al paese del Galateo, intravedo una sagoma sul ciglio destro della strada: è una lepre che guizza al mio sopraggiungere e che prendo, chissà perché, come buon auspicio. Passo la prima marina quando la notte è nel suo pieno e proseguo per laddove la via si tronca e la piazzuola, delimitata da un muretto, fa da belvedere. Vi trovo i lampioni spenti e tutto appare più nero. Un mare di fondo, che riconosco in un battibaleno, brontola cupo. Ho brutti ricordi di onde anomale, pertanto ritengo rischioso portare giù gli attrezzi. Due le alternative: il rientro a casa o attendere l’alba, ma resto, pur essendoci prospettive scarse se non addirittura nulle.

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