di Antonio Mele / Melanton
Siamo troppi. E tutti in mezzo alla strada. Sia in senso metaforico (con questa crisi che ormai ci accompagna dovunque) sia nella realtà.
La strada, le strade, sono piene di noi. Di noi, inscatolati dentro le nostre automobiline o automobilone, in costante e frenetico movimento. Tutti in pista. E dicendo tutti, s’intende proprio tutti: secondo le stime più aggiornate 50 milioni di veicoli (mezzi pesanti compresi), circolanti nella Penisola da Nord a Sud a Est a Ovest, e viceversa.
A Roma, la media delle sole automobili è di 1,1 per abitante: il che vuol dire che ogni dieci abitanti ce n’è uno (e non sono io, lo giuro!) che di automobili ne possiede due. Magari una con targa pari e l’altra con targa dispari, così è libero di muoversi anche in quelle non rare occasioni, in cui nell’area del centro storico della Capitale si può circolare soltanto a targhe alterne.
Di fatto, nel nostro Paese il rapporto tra numero di veicoli e popolazione è fra i più alti della Comunità europea. Le nostre città sono ormai metallizzate e paralizzate. Con buona pace di tutti quegli aggeggi sofisticatissimi (e spesso costosissimi) a corredo delle vetture, che in città diventano praticamente inutilizzabili. Il paradosso, infatti, è che le nostre automobiline o automobilone sono tutte super-accessoriate: telefono, radio, televisore, frigorifero, computer di bordo, navigatore, cruise control, sensori, fari orientabili, camera da letto, soggiorno, doppi servizi e cantina. Che manca?
Ve lo dico io che cosa manca: il guidatore.