Manco p’a capa 192. L’inverno demografico

Il PIL cresce e i salari sono i più bassi d’Europa: pochi guadagnano molto sfruttando manodopera pagata poco. E allora i laureati se ne vanno, a centinaia di migliaia, e pagano all’estero i loro fondi pensione. Sono matti, negli altri paesi, a pagarli di più rispetto a noi? O i matti siamo noi, visto che paghiamo la formazione universitaria e poi i “prodotti” di questi investimenti (i laureati) non trovano lavoro, e all’estero lo trovano? è colpa loro se vanno dove gli stipendi sono più alti? Se i nostri giovani emigrano, ne arrivano altri da zone devastate da guerre e cambiamenti climatici: sono ricattati con i permessi e pagati pochissimo, sfruttati come schiavi: i manovali sono loro.
Il lavoro manuale, comunque, durerà ancora per poco. L’automazione, i robot, fino all’Intelligenza Artificiale, ci stanno “liberando dal lavoro”: ma una volta liberi dal lavoro come ci manteniamo? Se le macchine fanno il nostro lavoro, l’occupazione manuale cala e c’è bisogno di lavoratori altamente qualificati, per progettare, costruire, e manutenere le macchine che lavorano al posto nostro. I braccianti con basso livello di istruzione servono meno, avremmo bisogno di lavoratori ad alta qualificazione e con lunga vita attiva e, invece, li espelliamo dai sistemi produttivi.
La decrescita demografica può essere “infelice” se non viene gestita bene, se si continua a pensare all’Italia come produttrice di braccianti, senza capire che non ci sono più giovani disposti a spaccarsi la schiena per quattro soldi. La decrescita è “felice” se si punta sull’alta formazione, basandoci sulla qualità e non sulla quantità. Il bello è che il sistema universitario lo sta facendo, ma il sistema produttivo resta ancorato a vecchi schemi. La prova? I nostri laureati, lo voglio ripetere, trovano lavoro all’estero perché sono ben preparati. Se avessimo continuato a fare figli come negli anni cinquanta e sessanta, il problema demografico non ci sarebbe? Risposta: sarebbe maggiore. Invece di 300.000 giovani scappati dall’Italia negli ultimi dieci anni ne avremmo altrettanti più il surplus demografico dovuto all’incremento, e sarebbero ancora maggiori la disoccupazione e la sottoccupazione giovanile. Senza immigrati, visti come invasori, l’agricoltura non avrebbe manodopera, come anche l’edilizia e in parte l’industria.
Le donne stanno disinnescando la bomba demografica con l’istruzione superiore, il miglior anticoncezionale mai concepito, e molte decidono di non far figli perché non hanno fiducia nel paese in cui nascerebbero: loro si sono evolute, il paese no. L’arresto dell’incremento demografico e l’allungamento della vita media sono ottime notizie, ma sembrano pessime a chi “pensa” al paese come quando le madri sfornavano braccianti e soldati.
La capacità portante, cioè il numero massimo di individui di una specie che un ecosistema può sostenere, è un concetto chiave dell’ecologia. Raggiunta la capacità portante la popolazione si stabilizza e i nuovi nati semplicemente rimpiazzano i morti. Vale anche per noi: dato che si muore più tardi, ci vorrà un po’ per arrivare all’equilibrio demografico, squilibrato dal baby boom degli anni cinquanta e sessanta. I nostri problemi sono altri. Il primo è l’evasione fiscale, il secondo è la gestione predatoria e clientelare del gettito fiscale, inclusi i contributi pensionistici, in un sottobosco dominato dalla corruzione malavitosa. Perché abbiamo privatizzato gli asset pubblici regalandoli ai privati? Pochi guadagnano molto e non pagano tasse, molti sono sempre più poveri, chi può se ne va, gli altri sono disincentivati a votare oppure non capiscono. I giovani si sentono europei e non hanno nessuna intenzione di vivere in un paese che non dà prospettive, in mano ad incompetenti corrotti… e il problema è che non facciano figli? La mia generazione voleva cambiare il mondo e ce l’ha fatta: nessuno ha mai vissuto così bene come noi, ma ha generato sistemi produttivi inadeguati. Buona parte delle nuove generazioni, invece di impegnarsi per cambiare questo mondo, semplicemente cambia mondo.

[Il blog di Ferdinando Boero ne “Il Fatto Quotidiano” online del 6 aprile 2024]

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