Nuove segnalazioni bibliografiche 28. La gloria della lingua

L’indagine di Coluccia è a tutto campo, coinvolge i classici della nostra tradizione letteraria e i moderni scrittori, ma anche gli imprenditori e i blogger, maestri elementari e comici, politici e cantanti, senza escludere nessuno. E come potrebbe essere diversamente? Infatti, “la lingua appartiene a tutti, parlando e scrivendo, usandola in modo variabile e personale, con attenzione, con amore, ne decidiamo collettivamente le sorti.” (p. 194) Da questo punto di vista, non c’è fenomeno umano che sia più democratico della lingua, la quale non tollera alcuna imposizione da parte di chiunque si erga ad autorità assoluta in questo campo. Tanto più necessaria si presenta allora questa riflessione, indirizzata soprattutto a “gli ideali dedicatari di questo libro, i professori e gli studenti anonimi che quotidianamente operano nella scuola e nell’università” (p. 194). Ma Coluccia va oltre. Egli sa che, se scuola e università sono, per così dire, l’avanguardia linguistica nazionale, la lingua è davvero appannaggio di tutti, ed è per questo che la sua opera si esplica soprattutto nei giornali ad ampia divulgazione. Dal 2019 al 2023, con qualche breve pausa, il linguista leccese ha tenuto sul “Nuovo Quotidiano di Puglia” una rubrica domenicale dal titolo Di mestiere faccio il linguista, nella quale i temi del libro sopra citato e altri ancora sono trattati con dovizia di esempi e considerazioni: la lingua di plastica, la lingua dell’odio e dell’intolleranza, l’invasione degli anglismi, le ipocrisie verbali, il genere dei nomi, la lingua della pandemia, il dialetto, ecc. sono solo alcuni degli argomenti discussi nel libro e anche nella rubrica citata, che è terminata nel novembre del 2023, trovando poi una continuità a partire dal gennaio 2024 nella rubrica dal titolo Parole, parole, parole, che si può leggere ogni venerdì su “La Gazzetta del Mezzogiorno”. Infine, segnalo che, per gentile concessione dell’autore, ho riportato in www.iuncturae.eu  ben 230 articoli di Rosario Coluccia, che il lettore potrà leggere comodamente sul suo dispositivo elettronico.

Dov’è, dunque, la gloria della lingua, di cui parlava Dante? Commentando il duetto tra Mina e Alberto Lupo, che nel 1972 cantavano la famosa canzone che dà il titolo alla rubrica Parole, parole, parole, Coluccia scrive: “Ne scaturiva un duetto irresistibile, dove la sensuale voce recitante di lui era accompagnata dal sorridente controcanto di lei. Tutto il dialogo restava all’interno di una disputa misurata e a tratti ironica, senza eccessi verbali di alcun tipo. Quasi una riproposta in chiave novecentesca di uno dei testi più affascinanti della nostra poesia delle origini, il cosiddetto Contrasto di Cielo d’Alcamo (…). Nulla di paragonabile alle profferte e agli assilli sguaiati con cui gli stalker dei nostri giorni tormentano donne che li rifiutano; utilizzando tutti i mezzi (compresi quelli digitali che ingigantiscono i messaggi), fino alle violenze fisiche e ai femminicidi di cui parlano troppo spesso cronache terribili.” (“La Gazzetta del  Mezzogiorno” del 5 gennaio 2024)

È solo un esempio, ma basta a comprendere che, oggi, la gloria della lingua, di cui a ragione ci si può vantare, consiste nell’evitare ogni eccesso e abuso, secondo una misura che bandisca la ferinità dai rapporti umani restituendoli alla loro normale socialità. Sta a ciascuno saperla preservare. Credo che con questo libro e con tutta la sua opera sia questo il messaggio che Rosario Coluccia abbia voluto inviare a tutti noi.

Questa voce è stata pubblicata in Linguistica, Recensioni e segnalazioni e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *