I focolai delle zone endemiche sono frequenti successivamente a grandi piogge e/o alluvioni, quando le fonti idriche sono con maggior probabilità soggette a contaminazione fecale. I suini, in genere, si infettano per contatto diretto con feci di suini infetti o per esposizione ad acqua/mangimi contaminati con il virus. I suini infetti hanno una viremia di 1-2 settimane, e l’eliminazione fecale avviene 7-10 giorni prima della comparsa dei sintomi e fino ad una settimana dopo la loro scomparsa (figura). I suini di due mesi possono non essere infetti, ma possono avere anticorpi trasmessi dalla madre; solo dopo tre mesi di vita si possono infettare o perché spariscono gli anticorpi materni o perché si infettano attraverso le feci di suini contagiati.
Il virus E è stato identificato nelle fragole congelate in Canada e nei vegetali in Europa, probabilmente per contaminazione di acqua infetta. Il virus è stato identificato nelle cozze, ostriche e molluschi coltivati in specchi d’acqua inquinati. Riguardo alla sua diffusione in Italia, sembra che la malattia sia più presente nelle regioni del Nord e del Centro e meno nel Sud e nelle Isole; ma ciò probabilmente è legato a motivi diagnostico-laboratoristici e non rispecchia la reale diffusione dell’infezione nell’ambito della popolazione italiana. Colpisce prevalentemente gli uomini (80% dei casi), adulti di età superiore ai 44 anni (55% dei casi), e il 33% sono stranieri.
Il virus E ha 7 genotipi: il genotipo 1 ha come ospite solo l’uomo, prevale in Asia, non ha potere zoonotico; il genotipo 2 ha come ospite solo l’uomo, è riscontrabile in Messico e in Africa e non ha potenziale zoonotico; il genotipo 3 ha come ospiti l’uomo, suini, cinghiali, cervi, ha una diffusione mondiale ed ha potere zoonotico; il tipo 4 ha come ospite uomo, suini, cinghiali, cervi, si trova in Asia e in Europa ed ha potere zoonotico; il tipo 5 colpisce i cinghiali, è presente in Giappone ed ha probabile potere zoonotico e lo stesso per il genotipo 6; il 7 ha come ospiti cammello ed uomo, si trova in Medio Oriente ed ha probabile potere zoonotico. I genotipi 1 e 2 di solito causano epidemie attraverso acqua contaminata correlata alla contaminazione fecale della fornitura d’acqua o alla trasmissione oro-fecale da persona a persona (rara). Cina, India, Perù Messico, Russia, Africa centrale e settentrionale sono le zone dove si sono verificate grandi epidemie. Assenza di epidemie negli USA e in Europa. I genotipi 3 e 4 provocano casi sporadici secondari al fatto di consumare carne cruda o poco cotta di animali che sono il serbatoio del virus (suini, cinghiali, cervi, conigli) e si verificano sia nei contesti disagiati che nei Paesi industrializzati.
La malattia si può prendere per contatto con animali infetti, e quindi si può configurare come malattia professionale per coloro che sono in contatto in fase di viremia o in fase di escrezione fecale del virus (allevatori, veterinari, addetti alla stalla, macellai). Il 71% di individui in Italia, senza aver effettuato alcun viaggio all’estero, ha acquisito la malattia mangiando carne di maiale cruda o poco cotta (soprattutto salsicce e insaccati a produzione familiare). Il 29% dei soggetti affetti riporta un viaggio in zone endemiche per HEV nei due mesi precedenti l’insorgenza della malattia. Essa è frequente in primavera, estate ed autunno. La forma zoonotica legata al genotipo 3 è presente in Europa e si trasmette anche con consumo/manipolazione di carni poco cotte o crude di animali che ospitano il virus HEV. In Francia e nel Regno Unito viene segnalata la trasmissione da donatori di sangue infetto non sottoposti a screening per HEV. In Italia la forma HEV genotipo 3 da donatori di sangue infetti è prevenuta dallo screening HEV obbligatorio nei donatori di sangue.
L’ infezione da HEV, per molti aspetti, richiama l’epatite da virus A, ed ambedue hanno una trasmissione oro-fecale. Tuttavia, vi sono alcune differenze: la A è più frequente nei bambini, mentre la E negli adulti. Riguardo alla A, la trasmissione per contatto da persona a persona è del 15%, mentre per la E è rara e la sua incidenza è dell’1-2%. La HEV, rispetto alla epatite A, ha maggiore frequenza di forme fulminanti. Il virus, dopo essere stato acquisito per via orale, si replica nel tratto intestinale e, tramite la vena porta, arriva al fegato; qui entra nelle cellule epatiche dove si replica. Successivamente viene eliminato nella bile con la quale torna nell’intestino per essere eliminato con le feci. Il rischio di trasmissione sessuale del virus appare trascurabile, ma non nullo, ma sempre con modalità oro-fecale. In Italia la prevalenza di anti-HEV media è 8.7% con variazioni regionali che vanno dal 22,8 % in Abruzzo, al 19.9% della Sardegna a 10-15% di Lazio, Umbria, Marche e infine al 2.2% della Basilicata. Queste differenze possono essere messe in rapporto con le abitudini alimentari locali: per esempio, a L’Aquila la prevalenza di anti HEV è del 49% negli emodonatori che consumavano salsicce essiccate di fegato di maiale crude; oppure può essere dovuto a fattori ecologico-ambientali: in Sardegna ci sono molti allevamenti di suini allo stato brado, e in questi contesti c’è un aumento del rischio di infezioni ad altri suini o a cinghiali; inoltre questi animali che vivono allo stato brado contaminano il suolo e i corsi d’acqua circostanti, aumentando così il rischio di infezione. E infine può essere dovuto alla sovrappopolazione di cinghiali in alcune regioni come Lazio, Toscana, Abruzzo.
Il periodo di incubazione varia da 15 a 60 giorni. Il contagio da persona a persona è raro; i soggetti sono contagiati a causa di evacuazioni di feci infette a partire da pochi giorni prima della comparsa dei sintomi fino a 3-4 settimane dopo l’esordio. Esiste anche la trasmissione verticale madre-figlio durante la gravidanza; non è chiaro se vi è un contagio con l’allattamento.
Quadro clinico
In genere l’infezione decorre in modo asintomatico oppure sono presenti sintomi lievi e aspecifici comuni ad altri tipi di epatite (stanchezza, febbre, riduzione dell’appetito, nausea, vomito, cefalea, dolori muscolari e articolari, ittero, urine scure, feci pallide). È in genere una forma autolimitante che si risolve spontaneamente nel giro di 2-6 settimane con un tasso di letalità di 0,5-4%. La forma sintomatica si verifica nei giovani adulti tra i 15 e i 40 anni. Durante la fase acuta è importante evitare la trasmissione dell’infezione ai familiari e conviventi mediante il lavaggio frequente delle mani e la cautela nella preparazione degli alimenti. Nei casi più gravi si consiglia il ricovero. In rari casi la malattia può avere un decorso fulminante, come nelle donne gravide che contraggono l’epatite E. Esse, nel 2°-3° trimestre, corrono un maggior rischio di sviluppare una insufficienza epatica grave con alta probabilità di aborti o morti alla nascita; inoltre queste donne gravide hanno un tasso di mortalità del 20-25%, e per esse l’infezione è legata al genotipo 1 e 2 che sono tipici delle aree in via di sviluppo.
Nei soggetti immunodepressi (sottoposti a trapianto di organi, soggetti in chemioterapia, pazienti HIV) l’infezione può avere un decorso cronico. Sul piano clinico-epidemiologico si distinguono due varianti di epatite HEV, di cui una è la variante classica o epidemica che si verifica nei Paesi asiatici bevendo acqua contaminata o ingerendo alimenti contaminati. Interessa i giovani adulti ed ha una forma fulminante che si riscontra nelle donne gravide al 20-30 trimestre. La stagione dei Monsoni presenta un elevato rischio epidemico. La seconda variante è quella sporadica o autoctona del Giappone e dell’Europa; colpisce i soggetti di 50 anni ed oltre, e la cui forma fulminante si verifica prevalentemente in anziani in cui la presenza di una epatopatia cronica e il consumo di alcool possono essere i fattori di rischio. Sono segnalate complicanze extraepatiche come pancreatite acuta, artrite, anemia aplastica e complicanze neurologiche.
Diagnosi
Il quadro clinico è sovrapponibile a quello di altre epatiti; sono gli esami di laboratorio che aiutano a fare la diagnosi esatta. Se si sospetta una epatite virale acuta si fanno gli esami per lo screening dei virus dell’epatite A, B, C; ma, se questi sono negativi e il paziente presenta manifestazioni tipiche di una epatite virale ed ha recentemente effettuato un viaggio in zone endemiche, si fa ricerca di anticorpi anti HEV, classe IgM e IgG. Gli anticorpi anti IgM sono quelli che compaiono per prima e si riducono rapidamente dopo l’infezione, rimanendo identificabili per 2-3 mesi. Gli IgG compaiono più tardi, aumentano nella fase acuta fino alla convalescenza e possono persistere per più di 10 anni. Importante è la determinazione sierologica di HEV-RNA la cui positività depone per una infezione da HEV. Infine, l’HEV-RNA si può evidenziare nelle feci. Importante è fare gli esami transaminasi, gamma GT, bilirubinemia totale e frazionata. Utile è l’ecografia epatica per osservare l’ingrandimento del fegato.
Terapia
Non esiste un trattamento specifico; si consiglia riposo, dieta con cibi leggeri e privi di grassi fino alla normalizzazione degli esami epatici. In casi gravi si consiglia l’impiego di farmaci antivirali come Ribavirina per bocca per 12 settimane, che blocca la replicazione del virus.
Profilassi
La malattia costituisce un importante problema di salute pubblica nei Paesi in via di sviluppo dove si verificano le gravi epidemie associate a carenti condizioni igieniche e alla densità della popolazione. Occorrono, pertanto, rispetto delle norme igieniche collettive (controllo delle acque, gestione degli scarichi fognari, controllo della produzione e distribuzione degli alimenti) e individuali (lavaggio delle mani, lavaggio degli alimenti, cottura degli alimenti). Nei Paesi dove l’infezione è endemica si deve evitare di bere acqua non imbottigliata, non bere bibite con ghiaccio (il ghiaccio spesso viene prodotto con acqua di rubinetto). Bollire l’acqua per 5-10 minuti riduce il rischio. Non lavare frutta e verdura consumate crude con acqua potabile inquinata. Il virus è sensibile al trattamento di disinfezione delle acque con il cloro e con i raggi ultravioletti. Per la cottura degli alimenti si consiglia di raggiungere nella parte centrale (core del polpettone, fatto con fegati di maiale) dell’alimento una T di 71° per almeno 5 minuti e una T di 71° per 20 minuti per i prodotti simili a patè. Alcune di queste epidemie si sono sviluppate in aree di conflitto ed emergenze umanitarie come le zone di guerra o i campi per rifugiati o sfollati, dove i servizi igienico-sanitari non sono adeguati e la fornitura di acqua potabile non è sicura.
Esiste un vaccino che conferisce efficacia al 100%. Il suo impiego è stato suggerito dall’OMS nel 2015 alle persone residenti nei Paesi dove l’infezione è molto diffusa (Asia sudorientale, America Latina subtropicale) o nelle zone ove ci sono epidemie circoscritte, ma le condizioni igieniche non sono adeguate. Nel marzo 2022 i Medici senza frontiere e il ministro della Salute del Sud Sudan hanno lanciato per la prima volta la campagna di vaccinazione contro l’epatite E nel campo per sfollati interni di Bentiu, nello stato di Unity, in cui risiedono circa 170.000 persone. E’ stato usato il vaccino Hecolin che va fatto per via i.m. in tre somministrazioni tra i tempi 0, 1 mese e 6 mesi. Tra marzo, aprile e ottobre 2022 sono state vaccinate 25.000 persone, comprese anche le donne gravide con una efficacia del 100%. L’OMS raccomanda alle autorità nazionali di prendere in considerazione l’utilizzo del vaccino in contesti di epidemie includendo, anche le persone ad alto rischio come le donne gravide. Gli anticorpi persistono per un periodo di 4,5 anni. Qualsiasi alimento cotto o crudo, compresi quelli surgelati, possono essere contaminati da parte dei lavoratori infetti addetti alla manipolazione. Il rischio di questi addetti non è tanto quello di contrarre una infezione, ma di trasmetterla alla popolazione che consuma i cibi manipolati. Per i soggetti che si recano in queste zone ad alto e medio rischio di endemia (Asia, Africa, Europa Orientale, America centrale e meridionale) la probabilità di infezione aumenta con la durata del soggiorno, con la permanenza in strutture a basso livello igienico-sanitario, con il consumo di alimenti manipolati o di acqua non imbottigliata o bollita, di frutti di mare e verdure crude.
I viaggiatori, al ritorno da viaggi a rischio, rappresentano a loro volta una fonte di infezione per la comunità in cui vivono. Fattori di rischio: viaggi in regioni endemiche (Paesi in via di sviluppo), rapporti sessuali ano-orali, contatti con animali infetti, uso di carne cruda o poco cotta. Il 40% dei campioni è risultato positivo al genoma virale tanto da poter considerare l’epatite E come un problema di sanità pubblica emergente su tutto il territorio regionale (Umbria). Il quotidiano della Sanità Italiana del 28 marzo 2024 riporta che, a proposito delle epatiti virali, c’è un lieve calo della C, mentre si constata un lieve incremento dei casi da virus A, B, E. L’ incremento dei casi di Epatite A è dovuto al consumo di molluschi crudi o poco cotti contaminati dal virus (35.5%), ai viaggi in zone endemiche nel 31.9 %, rapporti sessuali tra uomini nel 24.6%, consumo di frutti di bosco nel 17.42%. L’aumento dei casi di epatite B è dovuto a trattamenti di bellezza (manicure, pedicure, piercing, tatuaggi) nel 38%, cure odontoiatriche nel 28.7%, comportamenti sessuali a rischio nel 25.5%, esposizione nosocomiale nel 19.9%. Per quanto riguarda all’epatite da virus E, c’è stato un aumento nel Lazio (20.7%), Lombardia (17.2%), Emilia Romagna (15.5%), Umbria (10.3%), Abruzzo (10.3%). Nel 70% dei casi si trattava di soggetti maschili e nel 96.5% erano di età superione ai 34 anni e 20 casi erano soggetti anziani di età superiore ai 64 anni. I casi autoctoni erano 93.1% e il 53.1% di essi riferiva di aver mangiato carne cruda di suino, mentre il 10.2% riferiva di aver consumato carne di cinghiale. Quindi, l’epatite E nel 2023 è diventata la terza causa più frequente in Italia di epatite virale. Studi effettuati nella Regione Lazio evidenziano una elevata positività per HEV nei cinghiali abbattuti, e pongono i cacciatori e i veterinari tra le categorie ad alto rischio di contrarre l’infezione.
Bibliografia
WHO. Hepatitis E. Fact sheet. Geneva WHO 2018;
www.vho.int WHO, Hepatitis E, 20july 2023;
EASL, Clinical Pratice Guidelines on hepatitis E virus infection, J. Hepatol, 2018, jun 68, 1256- 1271;
www.epicentro.iss.it, Epatite E in Italia: sorvegliata speciale attraverso il SEIEVA di M. E. Tosti, V. Alfonsi;
Marcato P. S., Fusaro L, L’epatite E nell’uomo e nei suini, Large animal Review, 2007, 13, 249-259;
www.quotidianosanita.it Epatiti, Trend in lieve aumento dei casi A, B ed E, in lieve calo la C. Ancora insufficienti i test per la ricerca dell’epatite D. I nuovi dati dell’ISS.;28 marzo 2024.
Spada E, Epidemiologia ed impatto dell’infezione da virus dell’epatite E in Italia, 2019;
www.quotidianosanita.it, M.R. Montebelli Epatite E. Il vaccino “cinese” è efficace e protegge a lungo termine, 6 marzo 2015;
www.regioneumbria.it, Epatite E (HEV). Linee guida per un consumo consapevole della carne di cinghiale. www.ceirsa.org Il ruolo del virus dell’epatite E (HEV) quale causa di malattia a trasmissione alimentare.