L’opera visiva cui la lirica s’ispira è un disegno del Parmigianino chiamato La vendetta di Vulcano e custodito nella Galleria Nazionale di Parma ove viene raffigurato Vulcano nel momento in cui sorprende i due amanti; questi ultimi si sciolgono rapidi dall’amplesso, ma la scena ha provocato in Vulcano un’erezione che il Parmigianino rappresenta con arte insieme raffinata e perversa.
Bertolucci conduce subito in apertura l’attenzione di chi legge sull’anziano Vulcano, roso dalla passione d’amore e dalla gelosia che non abbandonano mai «l’area privilegiata / dagli anni ricoperta di edera e di ruggine», cioè il cuore che come un vecchio muro o una vetusta struttura di metallo s’è ricoperto di edera o è stato assalito dalla ruggine; infatti si legge il ripetuto invito a commuoversi, data la scena che la mano «impaziente e pietosa» del Parmigianino ritrasse con tratti rapidi e armoniosi, creando uno straordinario effetto di turbinante moto che i versi del poeta di Casarola magistralmente rendono tramite il ritmo degli accenti non interrotti da alcun segno di punteggiatura, ma scanditi da opportune cesure, dal passaggio di verso in verso e dal salto strofico. Viene così «raccontata» (usa proprio questo verbo Bertolucci riferendosi al disegno del suo conterraneo) «una collera finta un’estasi tante volte aspettata / e temuta nel turbine della sorpresa gli amanti / distaccatisi e ormai ostili l’uno all’altro»; in questo luogo del testo forte risuona l’enjambement «aspettata / e temuta», figura retorica che spinge la collera e la voluttà di Vulcano dentro il turbine della sorpresa dei due amanti colti in flagrante adulterio, figure che fanno pensare ai flessuosi alberi della Bassa liberati dalla bruma nel mattino ricco di suoni, «goccianti piante», là dove “gocciante” e “goccia” riaffiorano nell’opera bertolucciana in riferimento all’amore coniugale. Direi, inoltre, che quel gocciare stabilisce un legame tra l’amore (anche generatore di vita) e la natura stessa, grondante di un’umidità essa pure feconda e fecondante, mentre gli uccelli s’allontanano verso spazi che ampliano la percezione e la dimensione del componimento. Proprio la chiusa della lirica, penso tra le più belle della poesia italiana contemporanea («goccianti / piante che il mattino sonoro libera dalla bruma // e da stormi in transito qui per l’ultima volta») sigilla in modo definitivo un testo non descrittivo del disegno del Parmigianino, ma capace di creare uno spazio nel quale il testo poetico dialoga con l’opera figurativa e che, dal punto di vista bertolucciano, si profila quale opera artigianale, esercizio di stile e di pensiero capace, appunto, di commuovere, toccando l’umanità che sempre l’arte (qualunque essa sia) esprime.