di Rosario Coluccia
Il 25 marzo 2021 eravamo in piena epidemia covid. Nell’Italia tappata in casa, con la popolazione intimorita e spaesata, ci fu una specie di scossa collettiva nel nome di Dante. In quel giorno si celebrava il Dantedì (giorno di Dante), neologismo formato sul modello di martedì (giorno di Marte), venerdì (giorno di Venere), ecc., evitando per una volta l’insopportabile scimmiottatura anglofona che avrebbe rappresentato un (per fortuna mai nato) *Danteday, che paradossalmente avrebbe celebrato il poeta padre della lingua italiana con un inaccettabile ircocervo italo-inglese. Le composizioni con day piacciono molto ad alcuni, che amano election day (invece di giorno delle elezioni), tax day (invece di giorno delle tasse), perfino vaffa day (traduzione non necessaria). A Taranto, città martoriata dalle polveri dell’ILVA che inducono il cancro nei polmoni dei cittadini che le respirano, si sono inventati il wind day, che indica i giorni ventosi in cui i tarantini sono invitati a tenere sigillate le finestre, per contenere l’infiltrazione delle polveri micidiali nelle loro case. Con un anglicismo mascherano la realtà atroce.
L’iniziativa del Dantedì, nata da un’idea di Francesco Sabatini, presidente onorario dell’Accademia della Crusca, e di Paolo Di Stefano, giornalista del “Corriere della Sera”, ufficialmente istituita dal Ministero, celebra in Italia e nel mondo il genio di Dante: il 25 marzo è la data indicata come inizio del viaggio nell’aldilà che Dante mirabilmente descrive nella Divina Commedia. Nel 2021 ricorreva il settecentesimo anniversario della morte del Poeta: furono moltissime le iniziative organizzate dalle scuole e dalle università, dagli studenti e dalle istituzioni culturali; i giornali e le televisioni dedicarono centinaia di servizi e di articoli che celebravano la ricorrenza. Dai balconi delle proprie case migliaia di italiani declamarono versi di Dante, reagendo anche in questo modo alle angosce suscitate dall’emergenza sanitaria. Spettacolo bellissimo, una popolazione intera trovava nella cultura elementi di identità e di unità.