di Antonio Devicienti
Si può costruire un’ékphrasis intorno a un intero centro storico urbano? Forse sì, a leggere Bodini e la sua
Lecce
Biancamente dorato
è il cielo dove
sui cornicioni corrono
angeli dalle dolci mammelle,
guerrieri saraceni e asini dotti
con le ricche gorgiere.
Un frenetico gioco
dell’anima che ha paura
del tempo,
moltiplica figure,
si difende
da un cielo troppo chiaro.
Un’aria d’oro
mite e senza fretta
s’intrattiene in quel regno
d’ingranaggi inservibili fra cui
il seme della noia
schiude i suoi fiori arcignamente arguti
e come per scommessa
un carnevale di pietra
simula in mille guise l’infinito.
Inserita nella sezione Dopo la Luna (1952-’55) a sua volta contenuta nella raccolta cui forse ancora oggi Bodini deve gran parte della propria fama, vale a dire La luna dei Borboni, questa lirica è uno dei testi più compiuti e complessi del poeta salentino.