Una lettera di…1. A vent’anni dalla morte: una lettera di Nicola De Donno

La lettera di Nicola de Donno (Maglie, 21 marzo 1920 – ivi, 7 marzo 2004), che qui si pubblica, mi venne inviata dopo che, sul n. 166 di marzo 2000 della rivista leccese “l’immaginazione”, era uscito un mio articolo dal titolo “Lu gnenzi” e “la puisìa”, dedicato alla raccolta Palore (1988 – 1998). Poesie in dialetto di Maglie nel Salento, con una postfazione dell’editore (Milano, All’insegna del pesce d’oro di Vanni Scheiwiller, 1999). Palore, che mi aveva inviato direttamente l’autore con una dedica, mi aveva colpito per la straordinaria capacità che egli dimostrava di saper affrontare tematiche insolite per la poesia dialettale, come la riflessione di tipo esistenziale che negli ultimi tempi aveva preso il sopravvento ormai sugli altri filoni (il “paesano”, il satirico, l’etico-sociale) tipici della sua opera in versi.

Il mio scritto, in realtà, più che una semplice recensione, voleva essere un vero e proprio saggio su quella raccolta che veniva esaminata da un punto di vista tematico, con gli opportuni riferimenti alle fonti filosofiche e letterarie (Pascal, Kierkegaard, Leopardi, Schopenhauer, Heidegger), ma anche sotto l’aspetto tecnico-formale (lessicale, metrico, retorico). In esso sostenevo, fra l’altro, che alla visione totalmente negativa dell’esistenza che veniva fuori da Palore (“lu gnenzi”) faceva riscontro “una materia poetica estremamente ricca, vitale, a tratti perfino compiaciuta di sé, che sembra contraddire almeno in parte quegli assunti. De Donno – continuavo – dispiega nella raccolta, con suprema naturalezza, un grado elevatissimo di perizia retorica, linguistica, metrica, coerentemente con la sua idea della poesia come ‘mmusica de senzu e dde parole’“

Nella sua lettera il poeta dimostrava di avere apprezzato il mio articolo e mi dava atto di avere analizzato in modo convincente il contenuto e “in ogni sua piega” la forma stilistica dialettale che gli stava “da sempre, e in modo primario, a cuore”. In tal modo, a suo giudizio,  ero riuscito a cogliere le potenzialità semantiche del dialetto che poteva affrontare tematiche tradizionalmente lontane da esso e dal “quotidiano utilitaristico e vernacolare”, come egli, in fondo, si è sempre prefisso con la sua poesia.

Nel 2015, in occasione dei dieci anni dalla scomparsa, organizzai una Giornata di studi, La poesia dialettale di Nicola G. De Donno, che si svolse a Maglie e a Lecce il 18 aprile di quell’anno. Essa faceva parte di un progetto più ampio finanziato dal CUIS (Consorzio universitario interprovinciale salentino) che prevedeva anche la pubblicazione integrale della produzione in versi. Alla Giornata di studi parteciparono uno dei massimi esperti di poesia dialettale come Giovanni Tesio, che tenne la relazione introduttiva, e validi studiosi locali che presero in esame tutte le varie fasi dell’opera dedonniana. In quell’occasione continuai a occuparmi della poesia “filosofica” di De Donno, prendendo in esame nella mia relazione anche l’ultima raccolta, Filosofannu? Cu lle vite, la Vita? Ma la Vita è scura. Discorrendo con Antonio Mangione, pubblicata nel 2002 da Panico di Galatina, in cui continuava questa strenua riflessione sul senso della vita umana. Nel 2016 uscirono gli Atti della Giornata, a mia cura, presso Milella di Lecce,  mentre quello stesso anno e nel 2017 uscirono il primo e il secondo volume di Tutte le poesie a cura di Simone Giorgino, presso la stessa casa editrice.

Queste iniziative contribuirono a rilanciare il nome di De Donno a livello nazionale. Infatti uscirono articoli e recensioni di questi libri, oltre che su quotidiani regionali, come “La Gazzetta del Mezzogiorno” e “Nuovo Quotidiano di Puglia”, anche su alcune riviste specializzate di notevole prestigio. Ad esempio, sul  “Giornale storico della letteratura italiana” ci fu una segnalazione da parte di uno dei condirettori, Mario Chiesa, che proprio con Tesio aveva curato la famosa antologia Le parole di legno: poesia in dialetto del Novecento italiano (Milano, Mondadori, 1984), nella quale è presente De Donno. Ma l’intervento più ampio e approfondito fu quello di Francesco Granatiero, poeta dialettale anch’egli, tra i maggiori del panorama nazionale, nonché studioso di poesia dialettale, che uscì sul n. 12 del 2019 della rivista “Letteratura e dialetto” (pp. 133-136). In esso Granatiero passava in rassegna accuratamente i  vari saggi presenti nel volume degli Atti che riteneva “lo strumento di studio più completo oggi esistente sull’opera di De Donno e un imprescindibile punto di riferimento per chiunque vorrà occuparsene in futuro”.

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