Premessa a Dal tempo qui raccolto. Una conversazione

La prima parte del libro ripropone la conversazione che scaturì da quegli appuntamenti e che fu poi pubblicata in appendice alla tesi di Laurea come finale e diretta testimonianza di un percorso di analisi profonda della lettura esegetica di Prete (dalla scrittura intesa come luogo di alterità alla trasformazione del testo in espressione letteraria e vocativa; dall’attraversamento delle opere di Jabès, di Leopardi e di Baudelaire alla rivelazione progressiva del ruolo centrale dell’immagine e dell’immaginario nella scrittura, vero tessuto connettivo in grado di sbrigliare l’interpretazione da ogni condizionamento pregiudiziale col testo).

Da allora sono trascorsi molti anni. Malgrado i ritmi di una frequentazione non sempre costante, ho continuato a seguire il lavoro di Antonio Prete, dal suo impegno di traduttore a quello, soprattutto, di poeta e scrittore. Non sono mancati gli incontri di passaggio a Milano, città centrale per entrambi, in occasione di rassegne o di eventi letterari. Il tempo intercorso, insomma, ha rivelato anche le sue pause, i suoi rallentamenti, quegli interstizi talvolta così importanti, aperture o frange da cui passano, sottilmente, le intenzioni silenti, le parole inverse, che si nominano nel quaderno dei sogni e dei propositi, dell’ammirazione che non si ferma, malgrado la lontananza o il non assiduo vedersi. Del resto, i legami si inverano nella loro saldezza alla fioritura della raccolta: quando a ritornare è il sonoro di una conoscenza primitiva che poi si compie in frutto e trasformazione.

Così è stato. Nella primavera del 2022, a seguito di un’intervista che rivolsi ad Antonio Prete a proposito del suo libro Carte d’amore (Bollati Boringhieri) – poi apparsa sul numero 329 della rivista «l’Immaginazione» (Manni Editore) – sopravvenne spontanea l’intesa di ritrovarci in un dialogo sospeso che attendeva una prosecuzione e un compimento, nella luminosità delle rispettive età trascorse, nella meraviglia della scrittura che non aveva cessato di mandare segnali di significato, ben oltre le nostre aspettative. Ne è nata una seconda conversazione, che qui proponiamo, in virtù dei reciproci cambiamenti, delle vicendevoli evoluzioni, delle comuni messe a fuoco. Differisce dalla prima, eppure ne è compagna e complemento. I temi che attraversa sono vari e toccano le sponde di un pensiero attuale, in cui la sensibilità e gli studi di Antonio Prete incontrano la causa dell’uomo, il suo bisogno di interpretare le parole come stati viventi, che possono custodire l’istinto alla sopravvivenza e pure portare avanti l’ambizioso progetto di un disegno etico. Si tratta di un corrispondersi nell’ascolto, di un viaggio ermeneutico che non sosta sulla pagina per abitarla passivamente: due voci che sanno di stare nella fragilità del linguaggio, nella sua preziosa vulnerabilità.

Consapevole di questa dialettica evocativa e invocante, ho così voluto porre al professore degli interrogativi che attendono al mondo, rispetto ai quali i suoi lavori lirici e i suoi studi sui sentimenti umani (ulteriormente intensificatisi negli ultimi quindici anni) possono essere di ispirazione e di educazione incessante: dal tema dell’amore, declinato nelle sue esondanti rivelazioni, a quello della lontananza; dalla riflessione sulla lingua italiana e sui suoi reduci alberghi di significato, così sommersi dalle pressioni della tecnologia, all’ascolto del suono materno, matrice iniziatica di ogni altra lingua che incede nell’universo dell’altrove (il sogno, la memoria, l’esilio). Infine, dal guardare le cose attraverso il silenzioso osservatorio della soglia allo stare nella realtà nuda ed esposta della guerra e dei grandi sommovimenti umani.

Può allora la letteratura dire il possibile? Sì, questo è forse ciò che il seguente dialogo afferma. Al contempo, è ciò che auspica, andando oltre il prevedibile, sfiorando le segrete rivelazioni dell’al di qua dei desideri: a condizione che le parole non restino nel confine racchiuso della pronuncia, ma si nominino e, realizzandosi, si aprano al loro destino, muovendo verso le ragioni più profonde della lettura, della scrittura, del silenzio. Riflettendo sulla corrispondenza tra i linguaggi e sulle figure di senso che sono emanazione ed eredità di un pensiero interiore, il volume si forma tra i ritmi del tempo e i sospiri dei luoghi che lo abitano. Nello scambio di due voci che si invitano all’ascolto reciproco e alla costruzione di un comune cammino, il lettore può aggiungersi, riconoscendo nella relazione interpretativa l’ospitalità di un processo di conoscenza del mondo interrogante, aperto, mai finito.

13-12-2023

[Pubblichiamo per gentile concessione dell’autrice e della editrice]

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