Premessa a Dal tempo qui raccolto. Una conversazione

di Carla Saracino

Il titolo di questa conversazione è un omaggio ad Antonio Prete. È tratto da un suo verso contenuto nella silloge Tutto è sempre ora (Einaudi, 2019) e completa il senso del nostro incontro, il suo manifestarsi negli anni tra intervalli, nuove occasioni, ritrovamenti. Soprattutto, arriva dal desiderio di non porre fine a una conversazione, ovvero da quell’antica volontà di richiamarsi, dando alle parole la direzione di una traccia in cui abitare. 

Nondimeno, sintetizza bene il proposito del seguente lavoro, che è un percorso dialettico a ritroso come pure una ricerca sui temi portanti dello stato esistenziale e poetico.

Incontrai per la prima volta il professore Antonio Prete nell’estate del 2006. Mi era stato da poco assegnato l’argomento della tesi di laurea in Critica Letteraria e Letterature Comparate, presso l’Università degli Studi di Lecce. Si affacciava già alla mente quello che successivamente sarebbe diventato il titolo del lavoro di ricerca: “Ermeneutica e Pensiero Poetante negli scritti critici di Antonio Prete”. Talvolta, ai titoli spetta il privilegio del cominciamento, anche quando si stagliano all’alba di propositi non ancora avveratisi.

Per la redazione di quello studio così denso e articolato, andai a trovarlo nel suo paese natale, a Copertino, dove aveva scelto di soggiornare per qualche settimana. Ricordo il cielo chiaro del pomeriggio e un’aria di affabilità che dava luce alla casa. Mi accostavo alla sua opera critica con molta apprensione, consapevole di avere l’oneroso impegno di elaborare una estesa esperienza biobibliografica: dalla genesi del suo metodo critico all’ermeneutica aperta, interrogante, intima, capace di un atto euristico di alto spessore, di un rapporto ampio con la testualità intesa come fenomeno di richiesta di senso e come fatto conoscitivo.

A quell’incontro ne seguì un successivo. Nel frammezzo, una corrispondenza di qualche lettera e diverse email. Nell’ottobre dello stesso anno andai a trovarlo a Siena. Giorni tiepidi di inizio autunno trascoloravano nella fusione di suggestioni primaverili. Ancora, discorremmo, ci conoscemmo.

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