Le Officine Cantelmo di Lecce

Marco Cataldo

R.A. Due esperienze su tutti, The Cube e Coolclub che partono comunque da quel contesto associativo e culturale a cui facevi riferimento prima. Ecco, come sono organizzate le Officine Cantelmo?

M.C. La novità importante dell’ultimo anno, è la gestione della struttura, sia quella delle Officine Cantelmo, sia quella della Mediateca Polifunzionale che poi è l’immobile esattamente di fronte. Infatti il tutto non è competenza solo dell’omonima cooperativa delle Officine Cantelmo, ma è una gestione con tre realtà, comprese The Cube e Cool Club, una joint venture che non nasce nell’ultimo anno ma è di fatto un percorso che ha da sempre caratterizzato le Officine dove, all’interno, si sono ritrovate tante realtà che in quel contenitore hanno supportato e creato valore culturale per la città. La mia cooperativa, già da anni collaborava con la Cooperativa Cool Club e con l’Aps The Cube, ed è stato del tutto naturale unirsi grazie ad una visione e ad un accordo spontaneo salvo poi la cosiddetta sottoscrizione degli accordi davanti al notaio. Perché ti dico questo, perché noi riteniamo che ognuno ha le sue competenze, ed unire le competenze, se non si snaturano i ruoli, anzi li si valorizzano, tutto questo dà un valore aggiunto. Io mi dedico molto a fare orientamento nelle scuole, con i ragazzi utilizzo molto il concetto di rete, la rete è fondamentale. Il Laboratorio Urbano Cantelmo oggi non potrebbe raccontare una storia lunga quindici anni se non ci fosse stato alla base un concetto di rete. E’ importante fare rete tra tutte le realtà del territorio, pubbliche e private, culturali e non, e quindi questo è stato ed è il nostro punto di forza perché, Cool Club ha forza nella parte culturale e musicale oltre che competenza nella organizzazione di grandi eventi, e non a caso proprio con Cool Club, con l’Università del Salento e con Cantelmo ed altre PMI noi abbiamo fatto un progetto di ricerca finanziato dalla Regione Puglia, il cui concetto è già nel titolo, Mya (Manage Your Arts), che poi è il progetto promosso da Cantieri Teatrali Koreja, Officine Cantelmo, BassCulture, CoolClub e dal laboratorio di ricerca CORELab dell’Università del Salento in collaborazione con il Distretto Puglia Creativa. Il progetto è stato finanziato tramite l’Avviso Pubblico “Innolabs” della Regione Puglia per creare uno strumento efficace e innovativo per la gestione degli eventi culturali. Infatti è stata realizzatz, MYA che consiste in un software web-based in grado di aiutare le imprese culturali più competitive per gestire in maniera integrata tutte le loro attività. Il progetto infatti poneva le basi per la creazione di un sistema che potesse supportare le PMI che operano nel settore culturale della gestione degli eventi perché, ribadisco, è vero che la Cultura è lavoro, dà la possibilità di lavoro, però essendo tale, un lavoro ha la sua organizzazione, ha le sue criticità, ha i suoi punti di forza e di debolezza e quindi fare cultura, come la fa Coolclub benissimo da tantissimi anni, richiede competenze nella gestione dei processi e tanto altro e, quindi, diventava un’alleanza naturale visti i tanti anni che ci vedevano collaborare. Stessa cosa sul tema del supporto alla creazione dell’autoimpiego ed alla creazione di impresa ed in questo ruolo, ad esempio nella città di Lecce, è stata fondamentale la competenza, la collaborazione e la presenza di The Cube. Cioè la possibilità di dedicare un’intera ala delle Cantelmo, al primo piano della Mediateca Polifunzionale, a spazio di coworking, acceleratore ed incubatore d’impresa. Un luogo quindi dove è possibile che ad esempio un professionista, o gruppi formali o informali di ragazzi, abbiano la possibilità di formarsi, magari insieme per creare impresa. Non è un caso che le Officine Cantelmo siano anche sede della Factory, un insieme di soggetti pubblici e privati, atenei pubblici ed atenei privati, imprese, che si sono messi insieme per dedicare il loro tempo e le loro professionalità a formare dei giovani su percorsi di autoimprenditorialità. Cioè se c’è un gruppo di due tre ragazzi che vuole provare a generare una start up di impresa che può essere, ad esempio, su un tema di innovazione sociale, innovazione tecnologica, di processo, di prodotto, o comunque mettere su un’impresa nuova, noi li supportiamo nella gestione di questo percorso, vale a dire business plan, e quindi una adeguata analisi di mercato, impostare una buona campagna di marketing, analizzare punti di forza e debolezza etc. Il supporto attraverso i docenti delle università ed i manager di queste imprese grazie ai quali si è poi pronti a far diventare impresa lo stesso progetto dei ragazzi. All’interno di  Cantelmo sono nate tante storie, alcune partite con tanto entusiasmo ma che poi, per un motivo e per un altro non sono state storie di successo; altre invece che ci sono riuscite, e quel successo è ora tangibile sia per la città che per Cantelmo stesso. Quindi un risultato significativo che diventa esistenziale perché, le Cantelmo, offrono ai giovani possibilità di attivarsi, di far sì di credere in qualcosa, ed anche, quando non ci riescono, far comprendere loro che quel tempo non è stato un tempo a perdere perché comunque utilizzato a formarsi. Poi ci sono state anche delle storie di successo, faccio un esempio: la ex Cooperativa Cerca Alloggio, fatta da ragazzi che avevano l’obiettivo di unire domanda ed offerta nel trovare alloggi per gli studenti universitari, una cosa banale. Tantissime bacheche online sono piene di annunci pubblicitari per trovare un alloggio universitario, e questi ragazzi hanno pensato a qualcosa di innovativo cioè, hanno creato un tour virtuale con una piattaforma che dà ai ragazzi ed all’affittuario la possibilità di poter sottoscrivere il contratto online, e questo modello è passato da una scala provinciale, concentrata solo sull’Università del Salento, su tutti gli atenei pugliesi, e l’esperienza oggi la si trova in tutta Italia. Adesso la cooperativa ha cambiato nome, si chiama Homa, ed è una storia di successo nazionale sia perchè loro in questo modo si sono auto impiegati, ma anche perché allo stesso tempo creano lavoro anche a tanti altri ragazzi e ragazze, in particolare informatici, e quindi sono tutte belle storie che sono passate proprio da Cantelmo, valorizzandosi.

R.A. Questo è un esempio tipico del fare rete, del saper fare rete, ora mi domando, perché se voi siete riusciti a fare rete anche con questa fantastica idea lavorativa, come mai un esempio del genere non è poi stato ribaltato su tutto il territorio provinciale, visto che in provincia esistono delle realtà come i laboratori urbani voluti dalla Regione Puglia e nati proprio per realizzare idee dei giovani che devono diventare  occupazione. Poi accade che purtroppo, nonostante tutto, i nostri giovani per mancanza di supporto, se si esclude quello familiare, se ne vanno via. Quindi l’immigrazione giovanile qui da noi è o non è realtà?

Sala Convegni Officine Cantelmo

M.C. Il tema lo conosco e lo conosciamo bene, continuo a studiarlo, a supportare tantissimo quelli che definiamo i nostri decisori che poi mettono insieme delle azioni politiche regionali e nazionali, coloro che possono realmente dare quel senso di cambiamento a questo processo. E lo conosco bene perché noi oggi abbiamo due fenomeni: lo Stato italiano ha investito tantissime risorse per i cosiddetti Net, ragazzi che non studiano e non lavorano, attraverso quel programma nazionale che si chiama Garanzia Giovani che aveva la pretesa di riuscire ad individuare questi ragazzi; quindi primo grande tema, capire dove stavano questi giovani, perché un giovane che non studia e non lavora noi non sappiamo dove si trova. Secondo grande tema, inserimento nel mondo del lavoro: nonostante le decine di milioni spesi, noi non siamo riusciti a diminuire il tasso di Net. Altro fenomeno: i ragazzi che studiano e che vogliono lavorare, tendono ad allontanarsi dal nostro territorio; uno su tutti per la scelta di un percorso universitario. Noi abbiamo riempito gli atenei settentrionali, e non solo, di studenti pugliesi; ora la domanda da porsi è perché lo fanno? Perché sul territorio regionale non ci sono i giusti percorsi universitari? Faccio un esempio: non c’è ingegneria a Lecce e a Bari e quindi vado a studiare a Torino e ciò ha un senso; ma se quel giusto percorso c’è a Lecce o a Bari, allora c’è un non senso che è soprattutto culturale perché oggi, la Regione Puglia, ti dà una borsa di studio, ti dà una casa dello studente, ti dà un supporto a 360 gradi, ed il titolo formativo che acquisisci è forte e spendibile; quindi occorre, secondo me, lavorare su un percorso culturale e dall’altro su un percorso di assenza di occupazione, e lì non è più una scelta culturale passami il termine, perché i ragazzi che vanno a studiare fuori lo fanno proprio in virtù del fatto che sul nostro territorio non si sono create le giuste condizioni per l’inserimento professionale. Una su tutte la Pubblica Amministrazione: oggi c’è un ricambio generazionale spaventoso, migliaia e migliaia di posti disponibili nella pubblica amministrazione, però, purtroppo, molti sono fuori con la conseguente richiesta di mobilità. Il fatto poi che anche per morfologia la Puglia non ha una vocazione imprenditoriale molto forte, compresa anche una diversificazione tra province e province, ciò gioca a favore di quella vocazione culturale e turistica nel senso che, l’economia, non è soltanto impresa industriale, ma è anche impresa turistica ed impresa culturale. Io oggi dico che la presenza degli istituti tecnici superiori (gli ITS), ha attratto diverse grandi imprese ad investire in Puglia; con i Contratti di Programma della Regione stessa, oggi  c’è una grossa disponibilità di posti di lavoro in Puglia che, però, son poco conosciuti. L’altro fattore da superare sono poi le competenze per poter svolgere quel determinato lavoro. Quindi oggi le famiglie, i ragazzi e le ragazze devono capire che il diploma non basta più a trovare lavoro, bisogna almeno fare un biennio in un percorso ITS nelle varie discipline come ad esempio quello della cultura, del turismo, della moda, della meccatronica, dell’aerospazio perché quello ti dà la possibilità di inserirti con un grado di copertura che supera il 90 per cento. Per tutti gli altri come il settore delle ICT, banalmente vogliamo chiamarlo il settore dell’informatica, è un settore così disperato in Puglia dove ci sarebbero e ci sono centinaia di posti di lavoro ma, purtroppo, non ci sono ragazzi e ragazze che hanno le competenze specifiche del settore. Questi giovani, ad esempio, potrebbero recuperare competenze con un biennio ITS oppure, meglio ancora, con un percorso universitario. Oggi si festeggia se ad un corso di laurea in ingegneria informatica si iscrivono venticinque o trenta ragazzi. Questi sono i numeri e sono bassissimi.

R.A. Scusa Marco ma cosa è mancato o cosa manca da parte degli “addetti ai lavori” nei confronti del sistema, ad esempio nei confronti delle famiglie che di tutto il sistema formativo sono alla base, e poi cosa manca per far rientrare tutti questi nostri giovani formati e che quindi possono investire nel lavoro qui, da noi, facendo economia nelle nostre regioni del sud invece che in quelle in cui hanno studiato?

M.C. Una cosa che sicuramente manca è il dialogo più serrato tra istituzioni e famiglie. Non possiamo demandare agli open day questo rapporto. L’istituzione deve tornare a parlare con la famiglia, ad indicare loro le possibilità che oggi ci sono per i figli. La famiglia è fondamentale, è il primo luogo dove i giovani si confrontano per poter poi decidere cosa fare. Raffaele, scusami, ma oggi i ragazzi, spesso, non hanno un progetto di vita, non hanno un’idea, e non possiamo scaricargli addosso la responsabilità di ciò. Non siamo stati noi bravi a stimolare quella curiosità, quella passione che li spinge un domani a diventare ed essere qualcuno nel mondo del lavoro. Purtroppo, l’anello fondamentale che si è rotto è proprio questo, la mancanza di dialogo tra istituzioni e famiglie che non sono adeguatamente informate. Ti porto solo questo dato: quando a volte accade che  in casa di amici mi si chiede di parlare con i loro ragazzi, e ad esempio inizio  a parlare di borse di studio, agenzia regionale di diritto allo studio, del percorso ITS dove ti offrono anche la borsa di studio, dello stage che magari puoi fare all’estero etc. devo dire che mi trovo di fronte ad un muro. Quindi, assoluta disinformazione anche da parte delle famiglie che oggi come oggi conoscono sempre meno questo mondo che le circonda. Peccato, perché poi dopo questi ragazzi sono allo sbando, e la platea formata da questi giovani in Puglia è così enorme che non riusciamo ad individuarli e quindi, di fatto, non riusciamo a sapere cosa fanno e dove finiscono. Chi poi vuole tentare di darsi delle risposte da solo prova ad andarsene fuori regione, al nord. Ma anche lì, ad esempio ora, nel cuore della stagione invernale, il turismo è così forte che nonostante tutto per le stesse strutture il dramma è quello di non riuscire a reclutare personale lavorativo giovane. Però anche in quel caso, quel tipo di turismo richiede personale qualificato, personale che sappia parlare l’inglese, il tedesco e così via. Ecco, queste lacune formative, ad esempio, potrebbe darla l’ITS sul turismo. Come farli ritornare? Io credo molto nel ritorno in questo territorio, perché ad esempio il covid se da una parte ci ha fatto sospirare, dall’altra ha smantellato le strutture fisiche dei luoghi di lavoro; le più grosse aziende di servizi, come ad esempio quelle del settore dell’informatica, dismettendo gli immobili hanno portato il personale a lavorare da casa in smart working, hanno abbattuto i costi ed altro e quindi, abbiamo mantenuto il lavoro in forma diversa, e soprattutto, durante il covid, si è anche molto apprezzato l’ambiente in cui si vive, e queste cose ci hanno indotto a pensare alla qualità della vita in modo diverso. Ecco, secondo me ci sta venendo incontro proprio questo: la riduzione della settimana lavorativa e la qualità della vita dal punto di vista professionale, cioè strumenti che se utilizzati bene danno alle persone la possibilità di lavorare in grosse realtà anche sul proprio territorio, e quindi investendo territorialmente per non essere costretti ad andare al nord nelle grandi metropoli per poi fare una vita di sacrifici perchè, è vero che può essere soddisfacente, ma alla fine…… Ad esempio, essere un docente a Milano o qui da noi non ti cambia lo stipendio che è sempre uguale con la differenza, magari, che al nord la vita, con le spese aggiuntive, è un po’ più cara mentre qui, alla fine, restando investi. Ricordiamoci che investire sui giovani oggi qui da noi in Puglia, equivale ad investire per tutti.

[L’articolo è stato pubblicato ne “Il Galatino” del 23 Febbraio 2024 col titolo Intervista a Marco Cataldo, ceo Officine Cantelmo Lecce]

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