di Antonio Errico
Ormai la penna è un oggetto antico. Lo strumento della scrittura è la tastiera, senza distinzione di età, né di occasione. Il digitale ha cambiato profondamente, irreversibilmente, non solo il nostro rapporto con la parola scritta ma soprattutto con l’idea e con il sentimento della scrittura. Sono cambiati i tempi di riflessione, di maturazione, di lavorazione, le modalità di elaborazione della frase, del periodo. E’ cambiato il sapore che hanno le parole. Forse non ne hanno più. Lo spazio sul quale vanno a fissarsi è uno schermo pulito, non più il foglio con il filamento dell’inchiostro, la sbavatura, la macchia, l’alone che si spande sopra il foglio, lo scolorimento che fa il tempo tanto delle parole quanto di chi le scrive. E’ scomparsa l’ombra della mano che accompagnava le parole, come se avesse timore di lasciarle da sole, come se volesse riprenderle, riportarle indietro, nel pensiero da dove provengono, come se fosse gelosa del loro diventare creature libere, indipendenti, di cui non si conosce la strada che faranno, il luogo dove arriveranno, se chi le riceverà se ne prenderà cura.
Perché la parola scritta a penna appartiene al soggetto che scrive: rappresenta la sua identità, la sua unicità, la sua irripetibilità. E’ un gesto di continuità tra la propria fisicità e la scrittura. E’ il tempo del proprio corpo trasmesso in ogni sillaba, ogni segno. Con le certezze, le incertezze, le esitazioni che il movimento della mano traduce. Con i passaggi dal cervello alla mano al foglio. Una scrittura a penna fa vedere la calma o la rabbia: dal tratto di una cancellatura o dal movimento delle lettere. Fa vedere la pacatezza o l’agitazione, un’inquietudine, un disagio, una timidezza, un’arroganza, un’umiltà. Basta solo che un punto fermo sia poggiato lievemente o che sia marcato, annerito, per far comprendere a chi legge il movente profondo di quella conclusione, di quel concetto compiuto, definito. La grafia si fa traduzione di un affetto, o di un rammarico, di un risentimento. Dice come siamo anche senza esplicitarlo, e forse anche quello che non siamo e ci sforziamo di sembrare. Racchiude un messaggio già nella sua forma, nei tratti. I segni scritti con la penna narrano il nostro modo di essere nel tempo in cui stiamo scrivendo, la nostra energia, la nostra stanchezza, la serenità, il dubbio, la calma, la fretta, il turbamento; raccontano un ripensamento, un pentimento. Ci sono calligrafie che rappresentano un universo interiore.