E così, a tarda sera, alla luce dell’abat-jour posta sul comodino, mio padre protraeva a letto la lettura del giornale, mentre mia madre, girata dall’altra parte, con gli occhi chiusi, prima di dormire, pensava che sì, va bene, lui aveva bisogno del suo giornale, che in fondo non costava poi tanto, e comunque lei sarebbe riuscita a mettere da parte i soldi per la casa ancora da costruire…
Quando, per motivi di salute, mio padre non poté più uscire di casa, fece fare l’abbonamento al giornale; ma già i tempi erano cambiati, perché con il giornale giungevano in casa le cose più disparate: un atlante e uno stradario a fascicoli, libri di teatro, narrativa, storia, filosofia, ecc., cassette (VHS) con film, documentari, vite di uomini politici illustri, ecc., tutte cose non richieste da mio padre che voleva solo il suo giornale. Per mia madre smaltire questa roba non fu un’impresa facile.
Ci fu un periodo di circa un paio d’anni, in cui mio padre continuava a tenere aperto il giornale davanti a sé, e più a lungo del solito, ed io capii che la malattia era giunta in uno stadio avanzato. Non rinnovammo più l’abbonamento, ma, a richiesta, ero io a comprargli il giornale per non privarlo di una cara abitudine. Poi fu lui stesso a lasciarlo chiuso sul tavolo, integro, senza neppure sfogliarlo; si lamentava che il gran numero di pagine lo stancava e che non trovava più la terza pagina, nel frattempo diventata una delle ultime dopo vari indietreggiamenti culturali. Non gli comprai il giornale e lui non ci fece più caso.
Nel frattempo, sin dai tempi del liceo, anch’io avevo preso l’abitudine del giornale. Lo studente politicizzato quale io ero non poteva andare in giro senza una bandiera e la bandiera era il giornale, che infilavo nella tasca posteriore dei pantaloni o in quella del soprabito, in modo che si vedesse bene la testata. Da allora, certo con motivazioni diverse, spesso riconducibili a quelle di mio padre, fino a qualche tempo fa, ho comprato anch’io regolarmente il giornale. Penso che mi abbia accompagnato sempre la segreta speranza che un grande mutamento della mia vita sarebbe derivato dall’acquisto e dalla lettura del giornale. Mia madre mi suggerisce di scrivere che se avessi messo in un salvadanaio tutti i soldi spesi in giornali negli ultimi trentacinque anni, ora avrei da godermi un bel gruzzolo.
Da qualche tempo in qua, come dicevo, non compro più il giornale regolarmente, ma non per rispondere a mia madre che mi chiede di risparmiare, non è questo il motivo, sebbene questo non sia del tutto trascurabile. Il motivo vero è che la mia vita non è cambiata per nulla e per giunta mi è venuta la nausea del giornale. Comincio a sentire anch’io la stanchezza nello sfogliare ogni giorno sessanta-settanta pagine inutili di cui si compone un giornale; quando va bene, cioè quando non ci sono dei supplementi di cui si farebbe volentieri a meno. Se poi vai a guardare, le notizie di agenzia, riprese tali e quali da tutte le redazioni, riempiono metà delle pagine, mentre un’altra metà è fatta di pubblicità, con cui mi si vorrebbe convincere a indebitarmi per comprare una gran quantità di merce inutile e costosa; i commenti e le opinioni son tutti dalla parte del vincitore di turno, salvo dirne male quando per lui è giunta l’ora del tramonto; e quelli che sono contrari vorrebbero farti credere che i loro candidati sono i migliori, mentre almeno negli ultimi cinquant’anni non è mai stato così. Tutti vogliono convincerti di qualcosa, vogliono piegarti alla loro opinione, vogliono persuaderti, vogliono sottometterti. Ma io dico no, resisto, ormai alla mia età ho le mie idee e nessuno potrà farmele cambiare. Preferisco prendere un bel libro e leggere trenta pagine del Don Chisciotte anziché sprecare il mio tempo residuo a sfogliare un quotidiano che sembra un’enciclopedia del nulla.
E la preghiera del mattino, e il piacere del giornale e del caffellatte? Sapete cosa mi è successo? Ho scoperto che ne posso fare tranquillamente a meno!
[Quel che posso dire, Edit Santoro, Galatina 2016, pp. 91-96]
A distanza di nove anni dalla stesura di questo pezzo, rifletto sulla sua seconda parte, che evidentemente non si giustifica che con uno stato d’animo di grande disincanto politico rispetto alle vicende del mondo. Sulla inattendibilità degli organi di stampa più diffusi non ho cambiato idea, ed anzi ora rinvengo la causa della mia disaffezione come lettore di giornali proprio nella loro sistematica menzogna, che le ultime vicende belliche (Ucraina e Gaza) hanno evidenziato al di là di ogni ragionevole dubbio. Ma la mia reazione ora è molto diversa. Volendone riassumere il senso, rimando al mio scritto in questo sito dal titolo significativo Nuove segnalazioni bibliografiche 17. Controinformazione. (G.V.)