Anche altre città della Puglia sono impegnate a valorizzare questi straordinari edifici della civiltà romana: a Siponto gli scavi stanno riportando alla luce le strutture dell’arena sotto l’abitato medievale, e poi Lucera, Canosa, Ordona, una rete di edifici da spettacolo che rappresenta una risorsa straordinaria dell’archeologia nella nostra regione.
E Taranto? In vista dei Giochi del Mediterraneo nel 2026, non potrebbe essere questa l’occasione almeno per avviare un cambio di rotta su un edificio dove, accanto alle cacce ed alle tauromachie, erano vissute le attività agonistiche delle città romane? Il Progetto AnfiTar, che avevamo elaborato insieme a Grazia Semeraro, è restato lettera morta, ma forse, unendo le forze del Comune della Soprintendenza e del MarTa, oggi con la nuova Direttrice Stella Falsone, si potrebbe riprendere e ampliare, per accedere ai tanti finanziamenti, europei, regionali, al PNRR et cetera.
La relazione di Annalisa Biffino, nell’incontro di ieri, ha mostrato che ancora l’anfiteatro di Taranto può rivelare la sua segreta bellezza e farci capire alcuni snodi fondamentali della storia della città. Abbiamo appreso che sono conservati muri in opera reticolata, tipica dell’età di Augusto, per un’altezza di tre metri, che ancora non abbiamo raggiunto la quota dell’arena, che i saggi eseguiti nel corso del tempo permettono di ricostruire una lunghezza superiore ai cento metri. La Biffino ci ha mostrato i risultati di saggi stratigrafici che permettono di ricostruire la vita all’interno dell’edificio ancora in età bizantina, tra IX e X sec.:una scoperta straordinaria. Come nelle altre città romane dell’Italia antica, nel Medioevo gli anfiteatri subivano la stessa sorte: alcuni, come a Milano, erano rasi al suolo, per impedire che i barbari ne facessero poli fortificati all’esterno delle città murate, ma la maggior parte, come anche a Lecce, si trasformavano essi stessi in fortezze e diventavano piccole città fortificate. Nel Medioevo erano indicate con un toponimo misterioso: le Verlasce o Vorlasce, ad indicare un perimetro ovale che riprendeva la forma dei maestosi edifici, ormai non più teatro dei combattimenti tra gladiatori e delle altre competizioni. Le nuove scoperte pongono domande storiche importanti anche sul ruolo della mole anfiteatrale all’esterno della città bizantina che si concentrava sulla penisola della Città Vecchia. Ma questo solo per indicare le tante potenzialità che la ricerca e la riscoperta dell’edificio sotto il Mercato Coperto potrebbe riservare.
Intanto chiediamo che si possa riprendere un’attività di ricerca, pubblicando tutto quello che gli scavi hanno sinora portato alla luce, che il parcheggio venga spostato dal cortile, dove dovrebbe essere riallestita una mostra, attraverso pannelli che raccontino le storie dell’arena tarantina, che il saggio ancora aperto sia ripulito e sistemato in modo dignitoso. E poi avviare in tutta l’area indagini geofisiche per identificare le strutture ancora sepolte: basterebbe poco più di diecimila euro per affidate il lavoro ad una ditta specializzata, che ci permetta anche, attraverso le misure geo-sismiche, di conoscere l’andamento della roccia di base. E questo per capire se, sotto i muri dell’edificio romano, si conservano tracce del probabile teatro greco. Ma anche questo è un sogno che ci sarà certamente negato!
[“La Gazzetta del Mezzogiorno” del 25 febbraio 2024]