Il giorno dopo mentre varcava la porta finestra della sala per guardare dal balcone un mare che montava in tempesta Soti vide Claudia ritta sull’angolo del complesso conventuale. Unica ragione dell’attesa era che aspettasse Sofia di ritorno a casa per salire su con lei. Indossava un leggero vestito ad accese fantasie con un foulard sulle spalle. Lui stava per farsi vedere e chiamarla ma un pensiero lo portò a ritrarsi subito all’interno per osservarla senza essere notato. Passò qualche minuto. Lei dopo una occhiata all’orologio e una aggiustata al foulard si diresse verso il cancello del chiostro entrandovi decisa. All’uomo balzò il cuore come a uno scoppio di gelosia. Quella si incontrava con l’Aloisio. Giusta l’ora, le quattro del pomeriggio. Dialogo filosofico teologico con confessione di peccati passionali? Comunque molte persone normalmente raggiungevano gli ambienti dell’oratorio per il passaggio secondario quando era chiuso il portale sul lungomare, cosa possibile in ore non di messe e funzioni.
Non resistette all’impulso quasi rabbioso di scendere e farsi vedere da lei, che fosse in ambulacri luminosi o tenebrosi corridoi, maestosamente ritta a colloquio con un uomo ispirato oppure già in chiesa in ginocchio a pregare o col viso alla grata di un confessionale. La scusa era buona: cercava sua figlia e aveva immaginato che fosse lì prima dell’amica per qualche incontro catechistico.
Imboccò il lato del chiostro di fronte al cancello e, appena svoltato a fiancheggiare l’altra infilata di colonne, vide attraverso una porta aperta uno schermo illuminato, quindi padre Alfonso e un gruppo di ragazzi. Doveva affacciarsi e fornire la ragione della sua presenza. Claudia era seduta in fondo alla sala.
«Scusate, scusa Claudia, cercavo Sofia, ho visto entrare te e pensavo che lei ti avesse preceduta.»
«No, Sofia non viene.»
Il frate volgeva lo sguardo dall’uno all’altra. Lei non pareva contrariata dell’intrusione, anzi senza altro dire gli indicò una sedia libera vicino alla sua. I maschietti erano già elettrizzati per la prossimità con l’avvenente signorina, ignari ancora di maternità spirituali. Al professor Pasina che indugiava sulla soglia giunse l’immediato invito del religioso.
«Si fermi qui anche lei. Si parlava di poter guardare le foto del vostro viaggio in India.»
Si parlava. Da quanto tempo si parlava. Soti sentiva il[A1] sangue bollire. Ogni occasione, anche come questa stupida delle foto, era sfruttata da questi uomini di religione per intrufolarsi in tutti gli ambiti del sociale.
«Padre Alfonso è bravissimo a usare i programmi di modifica» intervenne subito Claudia. «Anche queste che stiamo vedendo, scattate da missionari, hanno subito ritocchi. Il padre scriverà anche il commento e propone la mia voce.»
Soti imboccò la strada diplomatica. «Le foto del nostro viaggio sono tante. Dovrei provvedere a una selezione.»
Sorniona, lei si precipitò a incoraggiare. «No. Anche la scelta la farebbe il padre.» E rivolta al frate: «Alfonso, tu hai bisogno di vederle tutte, vero? Ci siamo Sofia ed io in mezzo a quelle. Ed anche la signora Gaia. Vuole che chiediamo alla signora se ci dà le sue?»
L’interpellato aprì le braccia in un sorriso di beatitudine mentre l’altro cercava di dominare la sua furia, ingigantita a quel tu.
«Se non ha mandato nulla a me non vorrà far vedere le sue foto ad estranei.»
«Ma adesso che ha conosciuto padre Alfonso e le venisse spiegato il fine…» insisteva Claudia. «Posso chiamarla io.»
«Non farlo. Da lontano non comprenderebbe appieno il progetto. C’è un solo modo di convincerla. Le faremo vedere prima la nostra selezione e forse sarà invogliata a inserire qualche foto meglio riuscita delle sue.»
«Ma è qui ancora nella sua villetta al mare. La chiamo e verrà in convento a portare personalmente le sue foto.»
«No. Non farlo. Ci penserò io con calma.»
Pur facendo fatica a controllare il suo nervosismo, Soti riconsiderava tuttavia la possibilità attraverso le ragazze di incontrarsi ancora con Gaia. In questa storia di foto e di commenti avrebbe inoltre sorvegliato sua figlia. Quanto a Claudia, l’essere chiamato qualche volta papà Soti generava una sensazione dolce. Nella mente della ragazza lui era sempre un uomo di intelletto. Molto consolante lo strano miscuglio di sentimenti rafforzati dai legami di amicizia tra le famiglie e dalla passione per il teatro.
«Vi lascio continuare. Non facciamo attendere i ragazzi» disse mostrando di congedarsi.
«Stai qui. Vedi queste foto con noi» lei ordinò.
Era l’invito che desiderava.
Un elemento comune caratterizzava le immagini del documentario: la centralità dello sguardo. I missionari fotografi si erano voluti specchiare nella moltitudine dei destini. Passavano veloci coloratissime figure di paesi lontani. Erano bambini con gravi handicap curati da suore, poveri delle città assistiti in servizi sanitari e mense, contadini aiutati a installare attrezzature semplici nei loro campi per non essere costretti ad abbandonarli. Erano i profughi, i cacciati da casa, i degenti negli ospedali da campo. Ma non mancavano i sorrisi, le madri intente ad allattare bimbi in buona salute, i ragazzi sui banchi di scuola. E le belle giovinette nei loro vestiti lunghi vivacissimi, alcune a sfilare nei campi con cesti di erbe sulla testa. Facce sempre volte allo scatto fotografico del viaggiatore pellegrino. Una ragazza indiana, bellissima, si era offerta tutta all’obiettivo, dai capelli infiorati alle unghie dipinte.
Con Claudia una volta fuori, in strada: «Ho paura che con padre Alfonso non ci capiremo.»
«Che importanza c’è se tu e l’Alfonso non vi capirete? Non è importante che con qualche buona ragione tu riveda Gaia?»
«Perché devo rivederla?»
«Non dovete riprendere il discorso interrotto sotto casa tua?»
Sopraggiungeva Sofia e i tre salirono in casa.
In una saletta appartata del circolo Atena aperto anche di sera stavano frate Alfonso venuto con il suo computer, il Pasina con la chiavetta delle foto e Marzio con l’obbligo della presenza almeno al primo incontro perché le sue doti di conversatore sarebbero servite a sciogliere timidezze e diffidenze negli altri due anche se lui di solito si lasciava andare ad una giovialità che sfiorava la mancanza di rispetto per le convinzioni altrui. Peraltro doveva essere contento di vedere finalmente sua figlia nelle foto indiane.
«Una volta» cominciò il Dom prima ancora che il computer fosse acceso «era di moda andarci laggiù per cercare risposte a domande fondamentali sulla propria esistenza. In tanti andavano in India a consumare il dramma del passaggio dal rigido monoteismo con la sua opposizione tra corpo e anima al panteismo, al divino nel tutto nella vita stessa della natura. Con un pizzico di fortuna si ritornava agnostici. Con meno fortuna, fumati.»
Pasina aveva intrapreso il viaggio per accontentare sua figlia e l’amica, entrambe desiderose di sviarsi, di non pensare a problemi sentimentali e alle incertezze lavorative del domani. Si propose di evitare per il futuro col frate conversazioni su energie spirituali e quant’altro. Era indubitabile che costui gradiva la presenza femminile. Non amare una per amarle tutte. In letizia.
Ora il religioso era entrato in confidenza con Sofia e Claudia. Soti sentiva una gran rabbia montargli dentro. Avrebbe voluto sapere di lui, della sua vita di confidente speciale. Anche se sua figlia e l’amica non erano per niente deboli e ingenue. Non gli sfuggiva che in generale le persone in difficoltà economiche e sentimentali amano farsi ascoltare da qualche personaggio che ritengono profeta e guida.
La mattina successiva i due amici attendevano di nuovo l’Alfonso al circolo seduti vicino alla finestra aperta sull’orizzonte marino. Davano occhiate distratte al giornale. Il primo incontro si era concluso con una chiacchierata e la visione veloce di poche foto iniziali del viaggio. Soti contava di preparare quanto prima una seconda chiavetta senza le immagini che potessero svegliare fantasie morbose nel frate e in modo che fosse libero di lavorare ai ritocchi in convento.
«Tu, Marzio» disse rivolgendosi improvvisamente all’amico «dovresti essere meno impietoso col padre. A mio modo di vedere le tue espressioni radicali di ateismo gli procurano un gran dolore.»
La mancanza di diplomazia del Dom era tutto sommato necessaria nei rapporti col religioso. La schiettezza eliminava il sospetto e le difficoltà di comunicazione. Una dose di supponenza sposava bene con la radicalità del giudizio. Paradossalmente lui catturava una amicizia nel momento in cui mostrava di essere indifferente a riceverla.
«Io sarò impietoso con le parole, tu con il comportamento. La notte della marcia tra gli ulivi sei sparito con la signora Gaia senza dare al frate la possibilità di salutarla.»
«Ci siamo sottratti.»
«Dolce sottrazione, suppongo, ma lui per lungo tratto l’aveva seguita come alla processione di una madonna. E intanto speriamo che sotto questa storia delle foto indiane non si nasconda il suo desiderio di far prendere il velo alle nostre figliole.»
«Il velo alle nostre figliole! Sono ragazzine per certi versi. Sognano l’uomo che le conduca in giro per il mondo. Ho tuttavia l’idea che le lettere umane dalle università stiano tornando nei conventi dove si formano i nuovi intellettuali amici di atei col mistero insoluto in mente. Temo il loro antico e sempre nuovo fascino sulle donne. Spero che le nostre figlie sappiano valutare quanto le iniziative di una comunità siano inserite nel mondo sociale o ne siano separate.»
Riprendono a leggere. Dalla finestra giunge la brezza marina. Un mattino di sole e nuvole vaganti.
Porta che cigola. Voci di saluto. È sopraggiunto lui, l’Alfonso. Avendo visto i due in posizione di amichevole colloquio, quasi si scusa.
«Padre, il professor Valletta avrebbe piacere di restare con noi.»
«È mio l’onore di tanto colta compagnia.»
«Il nostro augusto circolo accoglie sempre gli spiriti magni» fa il Valletta. «Lei è sempre il benvenuto. Sulle sue spalle grava il peso dei secoli.»
«Veramente ho lo zaino con il computer.»
Sistemato e acceso quello l’Aloisio blocca oltre ogni ragione la foto quasi aspettando rivelazioni.
«Interessante questo contrasto tra dolce sonnolenza e impazzimento della città.»
«Qui Gaia è in pullman stanca, stordita» commenta Soti. «Il sonno dovrebbe vincere il frastuono dei clacson. Gli occhi le si sono un po’ infossati dopo la veglia nel lungo volo notturno. Abbiamo lasciato l’aeroporto di New Delhi. Ci dirigiamo direttamente verso Agra.»
Sullo sfondo di una confluenza di strade si vede l’immenso fiume di macchine. Fatte passare altre foto sul caos della megalopoli e sulla solitudine della campagna, il frate si scosta di spalle per favorire meglio agli altri la nuova visione. L’inquadratura è eccezionale. Il Taj Mahal col suo abbagliante candore è ripreso da sotto il volto di ingresso al recinto sacro in modo da risultare racchiuso entro una larga cornice ogivale nera. Sulla destra di questa sta la figura in pantaloni e camicia bianca di Gaia, distintissima, ma come non toccasse terra. Si lascia fissare nell’eternità del monumento. Dalla parte opposta, sempre su sfondo scuro spicca un vecchio santone, anche lui come sospeso, folgorante in tunica arancione, col turbante dello stesso colore. Ha i segni dipinti sulla fronte come presenza del divino, la lunga barba grigia, un mantello a tinta ocra arrotolato sulla spalla destra e il bastone. Con la mano sinistra solleva per il manico un piccolo catino di lucido ottone per le offerte, quasi lanterna non per i passi terreni ma di scorta nel cammino dell’anima. In controluce si vede una bassa schiera di piccole figure, di spalle e in ombra. Sono indistinti visitatori bloccati dalla visione e insieme a far barriera tra il frastuono della vita e il silenzio da cui il tempio è circonfuso per l’eterno.
Mentre guardano altre foto da cartolina Soti spiega che l’imperatore moghul Shah Jahan nel 1632 ordinò la costruzione del mausoleo in memoria della sposa amata Ariumand Banu Begun. L’opera è attribuita a Ustad Ahmad Lahauri. Venti anni di lavori, 20.000 operai. Materiali da paesi lontanissimi. Marmo dal Rajastan, diaspro dal Punjab, cristallo dalla Cina, turchesi dal Tibet, lapislazzoli dall’Afganistan, zaffiri da Sri Lanka, corniola dall’Arabia. Tutto comprato con la vendita del salnitro che andava a incendiare l’Europa nella Guerra dei Trent’anni.
Riappare Gaia nel suo moto continuo con la potente macchina fotografica alla ricerca delle inquadrature. Il gioco di puntarsi quasi simultaneamente tra lei e Soti era cominciato sul plinto del tempio. Si capisce che i due sullo sfondo dei minareti si sono scoperti in riprese identiche davanti alla imponente facciata marmorea o simmetriche della moschea in arenaria posta di fronte alla gemella casa degli ospiti.
Marzio indica a Soti un primo piano della signora. «Qui lei ti guarda con occhi incendiati di luce. Cosa le stavi dicendo?»
«Devo averle detto che Tagore immagina il Taj Mahal come una lacrima di marmo ferma sulla guancia del tempo. Una potente idea dell’architetto si è materializzata nel disegno, nelle proporzioni, nelle simmetrie. È il tempio del respiro. Un soffio perenne collega la tomba, il buio, con l’esterno, con la luce. Muovendo i passi intorno e dentro l’edificio hai l’avventura di meravigliarti di vivere, di portarti una mano al cuore e sentirlo battere ancora.»
«Con queste belle parole l’hai investita di così potente energia magnetica che non ha più potuto abbandonarti» sentenziò l’amico.
«Sono contento di aver conosciuto la signora» disse l’Aloisio. «Pure lei avrà scattato delle belle foto.»
«Belle sì. Qualcuna me l’ha fatta vedere. A guardarle tutte si cadrebbe nel conflitto delle interpretazioni sul senso del viaggio» rispose acido Soti.
Il frate fermò un primissimo piano di Gaia. Gli occhi con la bella curvatura delle sopracciglia irradiavano dolce armonia.
«Qui ci vuole un nero più profondo dei suoi capelli e un cielo più carico d’azzurro.»
«Una bella sposa» aggiunse Valletta. «Un magnifico volto davanti ad una delle più spettacolari meraviglie del mondo.»
Lì, tra rumore della vita e silenzio della morte, se c’era una sposa, era lei, viva.
11
La mattina del lunedì la biblioteca era chiusa. Soti in casa era immerso nella lettura. Il tempo prometteva sereno dopo giorni di nuvole e tempesta. A finestre aperte sentì giù la voce di Sofia, poi la voce di padre Aloisio. Saluti? Andarono avanti per un quarto d’ora questi saluti. Il sangue gli cominciò a bollire. L’uomo era ossessionante. Gli convertiva la figlia vista la difficoltà di convertire Claudia. Mollò tutto e scese in strada. La ragazza aveva la faccia gioconda di chi ha riso per un fatto strano o per una originalissima battuta di spirito.
«Chiedevo alla signorina informazioni sulla vostra compagnia teatrale. Vedrei con favore uno spettacolo nel chiostro del nostro convento. Per la stagione estiva dell’anno prossimo, ovviamente.»
E Sofia in un ridere aperto: «Padre Alfonso durante la marcia notturna ha sentito Claudia parlare del sicuro successo della nostra compagnia con il tuo Ritorno in accademia. Papà, racconta tu. Io non saprei da dove cominciare.»
«Perdoni mia figlia, padre. Quello è un testo da far leggere a peccatori.»
«Siamo tutti peccatori» ribatté il frate.
E la strega: «Mio padre è nei peccati fino al collo. Li ha confessati in una sua scrittura teatrale strapiena di malizie che poi, pentito, ha chiuso a chiave in un cassetto. La nostra compagnia sarebbe rovinata con uno spettacolo dall’erotismo debordante.»
Dalla rabbia distruttiva al pubblico dileggio.
«Mia figlia è ancora immatura per distinguere sensualità come stasi dell’anima da erotismo con malizia. In realtà la compagnia recita farse. L’intenzione è di far divertire.»
«E perché a noi religiosi volete proibirlo?»
Pasina si guardò attorno come a intercettare qualcuno che lo togliesse dalle spine.
«Grazie della fiducia. Purtroppo ogni cosa che penso per qualche buona risata assume immancabilmente una forma particolare, scandalosa, drammatica.»
«Quasi teologica» irrise Sofia.
«Perbacco, professore. Consiglierei di seguire questa inclinazione.»
«Con la mia commedia rappresentata in chiostro rischierei di dar l’idea della vostra chiesa come una tribù in fuga con masserizie.»
L’idea era volutamente cattiva. La teologia come masserizia con la quale mascherare una sotterranea attività di persuasione e di dominio? Da spingere il frate a uno sdegnoso e definitivo distacco. Aveva parlato come gli importasse soltanto di essere ascoltato e capito da sua figlia.
«Non mi meraviglio» rispose l’altro dopo un lampo negli occhi. «Sono molte le persone che ci vedono così, in fuga dal mondo e dalla razionalità. La nostra tribù sarebbe costituita per metà dai nati per credere e per metà da assistenti sociali. Io comunque non intendevo chiederti scenette teatrali edificanti. Mi hai detto che ogni cosa pensata come leggera ti si trasforma in un quadro sconcertante, cioè a dire un quadro penoso della nostra umanità. Tipico di chi non si accontenta, di chi è sempre in cerca. Amerei in scena un confronto tra chi non si stanca mai di parlare con gli altri e chi si stufa molto presto di ascoltare perché recintato nel suo ego. Può essere allora che la masserizia di tutta intera una tribù in fuga da contrada a contrada serva a scongiurare fughe mistiche solitarie.»
Sofia sorrideva. Distacco definitivo dal mondo paterno?
Dopo i saluti, rientrato in casa con sua figlia, Soti pensava: «Mi è antipatico. Parla bene, ma mi sta sullo stomaco. Non mi mollerà giammai ed io rimarrò eternamente nel dubbio se è un illuminato oppure un oscurantista. E poi per uno spettacolo come Ritorno in accademia costui dovrebbe prima avere l’approvazione di tutto il capitolo e del suo generale.»
In casa Sofia non gli aveva mai parlato di programmi culturali in parrocchia. Non è che all’angelo calvo lei aveva raccontato minutamente la commedia e lui già si fissava in quelle scene? La furia di Soti montava. Si rivolse alla figlia in tono rabbioso.
«Una nuova profezia è giunta alle tue orecchie?»
«Papà, padre Alfonso…»
«Padre di anime…»
«Si è complimentato ancora una volta per la lettura di Virgilio. Mi aveva già chiesto se abbiamo in programmazione qualcosa di presentabile in chiesa. Dimmi se potevo trattenermi dal ridere.»
«La farsa devota adesso! Suvvia! La smetta di infastidirvi. Speriamo che dopo averti sentita nell’Eneide non si sia innamorato di te. Sei materna? Con tanti anni meno di lui!»
«Alfonso è un uomo coltissimo, mille volte più di un arido bibliotecario come te.»
«D’accordo è un uomo colto. Non sarà che lui si spoglia della timidezza davanti a donne che gli parlano, che gli raccontano qualcosa, fosse anche un giro di chiacchiere?»
«E se anche fosse che si spoglia a te che ti frega? Comunque non è uno che per consolare apre la Bibbia e legge il versetto appropriato alla specifica disgrazia. Lo vedi far così con una donna abbandonata con figli e senza lavoro?»
«Avvertimi se lo vedi tu.» Era come abbattuto sul divano del salotto. «Ma insomma perché pensa a recite nel chiostro e meglio con soggetto che faccia ridere?»
«Perché si sbaglia. Tu fai solo piangere, papà.»
Sofia aveva pronunciato anche queste parole a voce alta e stizzita, ma come fingendo. Una solarità si dipingeva sul suo volto. Stava recitando in un suo momento di euforia che doveva avere origini estranee alla chiacchierata col religioso. Non era coinvolta in un principio di conversione alla fede dei nonni. Gli si sedette vicina ruotando il busto per posargli un braccio sulle spalle.
«Sono una figlia fortunata ad averti come padre. Tu, però, non hai la minima idea di cosa vuol dire sentirsi un fallito nella vita, cosa vuol dire rendersi conto che hai sbagliato tutto, che mai la fortuna ti è venuta incontro con un lavoro che hai desiderato. Vedi il tuo paese in decadenza economica e culturale, mentre ciò che leggi ed ascolti è peggio del silenzio.»
«Parli anche per Claudia?»
«Parlo anche per Claudia. E tu sai bene che a lei basterebbe un solo annuncio per vendersi a prezzo altissimo, per sposare un riccone. Eppure non lo fa.»
«E a te quanti di annunci?»
«Papà, non sei scemo come sembri. Sei intelligente per pensare le situazioni di altri. Padre Alfonso dà le parole a chi è privo di mezzi per esprimere il proprio disagio, a chi non prende sonno a letto e la mattina non vorrebbe svegliarsi e mettere i piedi per terra. Anzi no, guarda, ci ha raccontato che una volta neanche le parole aveva. Visitava in carcere uno che qualche giorno prima aveva ammazzato la moglie e il figlioletto. Quali parole a uno che è sfuggito all’occhio di Dio? Alfonso ha portato la sua semplice presenza.»
«Fin qui capisco. Ha portato i suoi decenni di studio sui libri in una cella dove stavano per cominciare altri decenni di studio sui libri.»
«Papà, non fare il cinico. Non ci riesci.»
«Chiedo scusa. Ma tu spiegami perché non vanno uomini a parlare con lui. Io vedo sempre donne, donne per lo più giovani davanti al cancello qui nel vicolo.»
«Sì, donne. Cuori sensibili. Voi altri uomini vi prende presto la ruggine alla gola.»
«Invece per te verrebbero uomini in folla di notte sotto la tua finestra a cantare serenate. Altro che ruggine!»
«Cosa ti fa pensare, papà, che io non sia amata?»
«Oh bene. Questa è una notizia. Comunque convinciti che ha poco di originale il tuo frate. C’è una chiesa potente che fornisce a lui le parole da rivolgere a chi ha bisogno di quelle parole.»
«E a te, chi? Quegli intellettuali che ti guardano dagli scaffali della biblioteca? Gente di successo, realizzata che si fotte delle disgrazie del popolo.»
«Abbiamo maestri di pensiero più di quanti una volta circolavano nelle biblioteche dei santi monaci.»
Padre e figlia si levarono per preparare il pranzo. Mistero della serenità della ragazza, visibile anche dal modo di muoversi e dominare lo spazio intorno. Un nuovo amore raccontato all’universo mondo ma non al genitore perché timorosa di deluderlo un giorno?
Negli ultimi anni a Soti era capitato di leggere alcuni romanzi scritti da donne che aveva visto sul comodino accanto al letto di sua figlia o lasciati in giro per la casa. Libri acquistati o in prestito. Altri segnati col nome di Claudia o di amiche. Scorreva qualche pagina di un volume e decideva se abbandonarlo o no. Sofia si mostrava indifferente a vederlo impegnato in una storia che lei aveva letto. Comunque se lui non voleva farsi scoprire interessato a certe tematiche gli era facile prendere un esemplare in biblioteca e portarselo al circolo.
Le autrici proiettavano nelle storie un vissuto che abbellivano con artificiose fantasie rimanendo però nel mondo del possibile, senza lanciarsi nell’assurdo al solo scopo di stupire il lettore. Non comparivano narrazioni narcisistiche col metodo della amplificazione barocca e mai situazioni per suscitare la morbosità imbecille sulle avventure disgraziate altrui. Soti era attento alle descrizioni delle figure maschili che entravano nelle storie. Soprattutto quando gli uomini erano tratteggiati in situazioni di intimità. Ad ogni quadro si opponeva sempre un tagliente giudizio. Di per sé qualcuna di quelle scene, isolata dal contesto, poteva avere un sapore schiettamente pornografico, tanto è vero che il romanzo era inserito dall’editore nella serie dell’eros. Ciò che colpiva era l’immancabile disordine del processo di iniziazione sessuale che le scrittrici avevano costruito come racconto del destino. Esse puntavano tutto sulla scena di svolta, sul passaggio da ragazza a donna con dovizia di particolari che avrebbero fatto saltare la mosca al naso a genitori che si fossero imbattuti in quello che avevano letto le figlie.
Che tipo di uomini aveva conosciuto o le poteva capitare di conoscere Sofia? Ecco allora i quadri, le scene. Dal bambolotto balbettante si passava al maschietto orso. Dall’incontrarsi con una ragazza solo per vincere noia e solitudine all’amare senza essere riamato. Da un sublime sentimento angelico all’amarezza di essere un puro fastidio per l’altra. Amare con vera passione e abbandonare e tradire. Salire su in casa di una donna infelice per domare un incendio e rimanerci una notte per spegnere l’accendersi di focolai. La protagonista narrante descriveva minutamente le manovre dei ragazzi che avevano frugato nelle pieghe del suo corpo; si rassegnava agli amanti che non avevano tempo da perdere in chiacchiere; ascoltava la loro dottrina automobilistica e calcistica. A volte era lei a imporre l’amplesso sbrigativo. Volava in cielo perdonando soddisfazioni fisiche parziali davanti a litanie di uomini di pensiero, di giornalisti, qualche volta di politici. Oh questi intellettuali!
Nel leggere questi libri sentiva come se una raspa passasse e ripassasse sul suo corpo. Pensava che sua figlia, una volta che fosse giunta più avanti nella vita e al tempo delle giornate tutte uguali, avrebbe letto solo i romanzi scritti dagli uomini.
Stava con Marzio Valletta sul balcone della sala grande del circolo Atena. I due erano usciti all’aria per non infastidire con i loro commenti gli altri soci intenti a leggere. Volgevano lo sguardo verso barche a vela e motoscafi lontani o giù in strada verso il variopinto universo dei passanti tra i quali presentivano che da un momento all’altro sarebbe spuntato l’Aloisio.
«Stamattina ho incontrato sotto casa frate Alfonso che parlava con mia figlia. Mi sono rivolto a lui con schiettezza. Devo averlo offeso e stranamente Sofia non mi ha rimproverato.»
«Perché avresti dovuto offenderlo?»
«Offenderlo magari no, ma contrariarlo sì, quando gli ho detto che la sua chiesa è una tribù in fuga con masserizie. Fuga come estinzione al pari di una specie naturale.»
«Le masserizie sarebbero i vangeli o le opere d’arte letteraria dei teologi? Tutte le religioni sono impigliate tra documenti storici che segnano un’epoca, nel caso di Cristo la violenza ferina su un giusto, e divagazioni sul divino più o meno artistiche, più o meno legate al proprio secolo.»
«Bontà del tuo giudizio. Ora il frate non solo mi chiede una proiezione con foto indiane per nulla adatte a convertire qualcuno, ma tanta è la fiducia nelle capacità del sottoscritto e della compagnia Idrusa che mi propone uno spettacolo estivo in chiostro.»
«Fiducia mal riposta.»
«Forse non gli importa il contenuto, ma che ci siano le nostre ragazze a recitare. Mi secca che con la scusa del teatro l’Aloisio si prenda confidenze con mia figlia anche per cinque minuti. E della tua Claudia cosa dici?»
«Posso essere tranquillo. Lei è mossa solo da curiosità. È vastissimo il suo campo di ricerca. Fior di giovanotti va con lei e con tua figlia all’oratorio.»
«Come? Vanno all’oratorio? Allora dovremmo legarle in casa. Non mi piace che tra una preghiera ai celesti e una confessione umana altri si impiccino dei loro problemi in questa loro interminabile fase di precariato lavorativo e di frequentazione dei maschiacci illetterati con quel solo pensiero fisso.»
«Caro Soti, le abbiamo viste finora con un fidanzato stabile?»
Parlava così forse per il fatto di non avere più alcun potere su di lei.
I due uomini si capivano pur mossi da sentimenti diversi. Soti tuttavia sperava di essere ancora un punto di riferimento per Sofia. Quanto alle convinzioni paterne sul comportamento di Claudia, beh, meglio attenersi a santi pensieri. Chi può dire che non si consumi un dramma in certe storie apparentemente allegre? L’unione, il combaciare perfetto di due metà può essere una chimera, un sogno sognato. Che pretesa che l’altro sia prima mistero e poi scoperta meravigliosa. E che noia un universo di sfere compatte. Meglio una girandola di solitarie metà.
«Marzio, la tua Claudia è una ragazza in gamba.»
«È figlia di sua madre. Per fortuna ha solo bisogno ogni tanto di una calmata.»
«Non so cosa passi per la testa alla mia Sofia. Con lei si è sempre allarme anche se stamattina è stata bonaccia.»
12
Soti per una sorta di dispetto nei confronti del frate non aveva tolto dalla serie di foto indiane certi scatti dei quali avrebbe dovuto ogni volta farsi perdonare. Una Claudia in costume da bagno era sconvolgente distesa al sole sul bordo della piscina di un albergo. Era stata ripresa con angolazione bassa dalle braccia in incrocio sulla testa e passando su superfici ondulate fino alle gambe e ai piedi. In realtà lei era ben contenta di misurarsi vincitrice nei confronti delle altre compagne di viaggio. La copia della chiavetta rimaneva quindi integrale.
Il frate confessò: «Mentre procedevo in convento ad alcuni ritocchi mi sono immaginato di essere in viaggio con voi. Un peccato di desiderio.»
Erano al circolo loro due soli senza il Valletta dopo alcuni giorni che non si vedevano, causa anche l’afa e il caldo che avevano accompagnato la fine del mese di luglio.
«Non deve dispiacerti, Soti, se un po’ mi incanto sulle tracce fotografiche di uno come te che ha viaggiato tanto. Certo io ascolto i missionari che ritornano in Italia, leggo le loro relazioni, ma finora non ho fatto che gite ai santuari con ragazzi o anziani. Chissà che un giorno…»
Soti si morse le labbra. Non gli interessavano le malinconie degli altri, già che doveva vincere la sua.
Il frate calmissimo faceva scorrere col mouse le fotografie. Quando compariva una delle tre viaggiatrici il tempo di permanenza aumentava.
Foto di un villaggio. Un uomo sta pedalando in sella a un trabiccolo su tre ruote di bicicletta. Trasporta una montagna di sacchetti e scatole di cartone. Due assistenti a piedi spingono e controllano la stabilità del carico. Sullo sfondo le insegne di piccoli negozi davanti ai quali passano uomini in ciabatte e donne con i vivacissimi colori dei sari. L’aria polverosa e densa di odori si intuisce. Si è scesi dal pullman per acquisti e ristoro. Si vede Gaia fotografare intorno.
«Sull’aereo» dice Soti «è capitata accanto alle ragazze. Nelle lunghe ore deve avere ascoltato abbastanza chiacchiere sul mio lavoro, sul mio carattere. La prima volta che mi sono rivolto a lei con una certa intenzione mi corrispondeva con il sorriso della persona che sa già di te.»
«È una donna molto attenta agli altri, per certi versi inquieta, se è esatta la mia impressione.»
Le inquietudini di Gaia non dovevano interessare al frate.
«Intrigante compagna di viaggio. Con Sofia e Claudia ha parlato di pratiche di concentrazione, di esercizi di respiro e di ginnastiche liberatorie. Anche la chiesa una volta raccomandava vari esercizi combinati di corpo e mente per raggiungere la serenità.»
«Adesso si copiano gli esercizi di altre religioni.»
Soti pensò: se costui è in confidenza con mia figlia che tipo di… esercizi… spirituali… può averle raccomandato?
«Mia figlia avrà consigliato alla signora di non fuggire verso mete facili di illuminazione.»
«Ad un certo punto una persona dovrà pure rendersi conto di avere il diritto a un tempo per la meditazione, per riflettere ed elaborare un sistema di convinzioni necessarie per l’agire libero.»
«Chiamiamola illuminazione.»
«Chiamiamola solo così. La tua macchina fotografica ha colto molto bene certi momenti di luce nello sguardo della signora Gaia.»
«Merito della macchina supertecnologica.»
Soti aveva concesso al frate un mezzo sorriso ma pensava: adesso che si è incantato davanti agli occhi luminosi di Gaia, avrà in mente di stampare un santino da inserire nel suo libro di preghiere.
«Hai fotografato gente in raccoglimento nei templi. Anche le signorine Sofia e Claudia compaiono volte a pensieri profondi.»
Ah! Altri due santini.
La testa di Soti ardeva. Sua figlia il diritto al riposo meditativo lo aveva rivendicato sin dall’incontro con la filosofia greca al liceo. Da stare tranquilli con i suoi sensi radicati di libertà. Che poi lei il corpo lo desse agli uomini senza amore… Ohibò… Non è che in qualche sua scorribanda in chiesa era stata colpita dalla spaventosa compressione di energia di questo calvo occhialuto? Si pentì di avere pensato in questo modo della sua creatura, del suo gioiello, del suo unico tesoro. Dalla bocca gli uscirono parole in tono differente.
«Per certi aspetti le religioni, ancor prima di tante organizzazioni politiche moderne, hanno rivendicato un tempo libero per l’individuo, magari anche chiamandolo tempo di contemplazione e preghiera. Nei secoli fu fuga dal tiranno e oggi è opposizione chiara ed esplicita ad un sistema economico che mortifica il nostro cervello non solo nel lavoro ma anche nel riposo. Tutte le rivoluzioni radicali rivendicano un tempo libero per curare e mantenere efficiente la macchina del pensiero. Il popolo non può fumare l’oppio mentre lavora.»
A computer spento, a sessione di lavoro terminata, Soti sentì il dovere di accompagnare il frate fino al convento. In cuor suo era depresso. L’altro continuava con domande come sempre immerso in quel viaggio di sole immagini.
La giornata regalava un’aria di tramontana con veloci passaggi di nuvole mentre un mare calmo ne specchiava freschezza e luminosità. Al bar Costa Verde, dove lavoravano saltuariamente come cameriere, Sofia e Claudia potevano essere soddisfatte del numero di persone convinte a fermarsi ai tavoli all’aperto, ombreggiati dai pini. Erano state lì a sorridere e a mostrarsi in duplice meraviglia con gonna rossa, camicia bianca e fiocco. Tra gli ultimi clienti anche i loro padri con frate Alfonso giunto insolitamente in maglietta e pantaloni. Si erano accordati, allo scadere del turno delle ragazze, di salire tutti e cinque al circolo Atena che era a pochi passi.
«Papà Soti mi ha mostrato solo qualcuna delle fotografie in cui ritraeva me» disse Claudia. «Però io sono contenta di vedere finalmente quelle scattate a Gaia e di capire perché state impiegando una eternità a preparare questa benedetta selezione.»
Sofia era non meno curiosa. «Papà, ho con me in borsa i dischetti di musica indiana che non trovavi. Servono oggi?»
«Servono sempre» rispose Soti con un certo ritardo e in tono nebbioso.
Dopo pochi minuti erano davanti al computer.
Sul monitor comparve un tempio di Khajuraho entro una cornice di alberi e cespugli fioriti. In altre foto e con altre angolazioni le tre donne erano ritratte insieme in pose da cartolina. A dominare era però Gaia sorpresa a puntare la fotocamera verso Soti.
Mentre scorrevano le figure erotiche di uno dei templi Claudia parlò rivolta espressamente al frate: «Tra la folla di turisti è comparso un gruppo di giovani italiani e nell’attaccar discorso col più carino ho saputo che erano tutti preti cattolici.»
L’Aloisio manteneva lo sguardo sul monitor come per lasciare il discorso ai quattro che aveva alle spalle.
«Uomini, non extraterrestri» commentò Marzio.
«Da convertire, papà. Rimanevano stretti in gruppo ad ammirare con la paura che una forza incognita li appiccicasse su quei bassorilievi. La loro guida se li è portati via subito come se le figure femminili nude si staccassero dalle pareti del tempio per diventare giovani turiste tentatrici.»
«Come noi» esclamò acida Sofia.
Claudia si volse ancora al frate, ma indicando col braccio la sua amica. «Ammiravano lei, silenziosa e misteriosa.»
Passavano i templi costruiti tra X e XI secolo al tempo della dinastia Rajput, miracolosamente salvati da incursioni e saccheggi. Oggi patrimonio dell’umanità. Certi particolari risultavano molto ravvicinati dallo zoom.
«Potenza di una civiltà, quella indiana» esclamò Marzio che ammirava per la prima volta le immagini erotiche con la loro moltiplicazione all’infinito. «Basta leggere queste foto.»
Sempre sua figlia, appoggiata una mano al tavolo, avvicinò la testa al monitor. «Basta leggere? Fatemi leggere.»
Un ciuffo di capelli sfiorava l’orecchio del tormentatore del mouse il quale mezzo fulminato si scostò ma non molto per favorirle la visione. Claudia stava tutta inarcata sicché lo spacco posteriore del corto vestito ciclamino si apriva generosamente a visione insolita. Soti che le era alle spalle più volte fu costretto a girare la testa altrove verso Marzio e verso Sofia fingendosi interessato ad ascoltare i loro interventi.
«E allora?» diceva ancora quella puntando sul frate occhi da maestrina severa. «Tu, Alfonso, li vedi come fumetti pornografici? Letti in questo senso sarebbero noiosissimi.»
Ecco, lei gli si rivolgeva come già si fossero trattenuti in chiesa da donna a uomo in maniera del tutto normale.
Quando si scostò dal tavolo e stette normalmente dritta Soti si sentì in animo di rimediare. «Le interpretazioni su quelle sculture sono diverse. C’è chi afferma che prima di entrare nel tempio in cerca del contatto col divino bisogna abbandonare tutte le pulsioni terrene che tormentano il nostro animo. Ma vi è un filo interpretativo più schiettamente orientale. Bisogna avere il coraggio di chiedere in modo aperto certe particolari consolazioni: l’uomo a una donna; una donna liberamente a un uomo che le piaccia.»
«Papà, a te si confà il primo di questi fili, il più tradizionale» disse Sofia coinvolgendo gli altri nel ridere.
Claudia commentò: «Papà Soti si è lasciato convincere dalla dottrina più rigida almeno da come lo osservavo mentre ascoltava sul campo la guida. Come fotografo qui è stato però bravo.»
L’Aloisio adesso faceva scorrere piuttosto in fretta le immagini.
«Tu, Alfonso, non devi metterci le mani su nessuno di questi particolari» gli intimò Claudia con finta severità. «Non servono tocchi e ritocchi.»
Quello, abbandonato il mouse, levò in alto le mani come per allontanarle davvero da certi particolari.
«E questi fumetti» chiese Marzio al frate «li fareste vedere ai ragazzi della parrocchia?»
«Lasciamoli crescere quelli.» L’Aloisio capiva di doversi tenere su un basso profilo. «Queste sculture potrebbero volere esprimere un senso del tempo, di prima e dopo la creazione della vita. Una storia, mille storie.»
Marzio indicava: «Io vedo nel tutto pieno di figure la sessualità come legame religioso. Non vedete come sono stipate, come si ripetono? Sessualità come contatto, contatto universale tra le persone dei due sessi. Molte fedi lo regolano, ma nessuna lo vieta.»
Soti era preoccupato che Marzio e le ragazze non tenessero conto della sensibilità dell’uomo di convento. «Che abbiano una valenza poetico religiosa è innegabile. Per noi più abituati alle narrazioni letterarie è difficile leggere i poemi lapidei.»
Intervenne Sofia. «Un tempo anche da noi le sculture erano tutte colorate. Oggi la nuda pietra non può rendere il concetto filosofico. Avete visto le foto delle indiane? I colori sgargianti dei loro vestiti? E i fiori non attirano le api? E cos’è la vita se non contatto? Pensate a come ci si veste da noi. Si punta alla forma e non al colore. Qui abbiamo le tinte più smorte dell’universo. Lì è un prato a primavera.»
Lontana, calpestando l’erba e sotto una copertura arborea appariva Gaia, di spalle, intenta verosimilmente a una ripresa grandangolare di due templi insieme. Bianco della camicia e dei pantaloni, nero del marsupio e dello zaino.
Commentò ancora Claudia: «Sofia ed io abbiamo fotografato gli odorosissimi fiori che adornano i prati intorno ai templi. Non esiste sensualità senza profumo. Guardate invece la signora Gaia. È una lettrice paziente solo delle dure pietre. Piuttosto freddina.»
«Guarda che miseria di contrasti» continuò Sofia indicando la compagna di viaggio. «Noi occidentali tendiamo a coprirci di scuro, di nero. Ma il nero non attira l’altra persona, manda un segno di impenetrabilità, di distacco. E comunque anche un abito elegante nero da sera rimanda a qualcosa da contemplare a distanza.»
Soti ricordò le serate negli alberghi, quando si ritrovavano rimessi di tutto punto dopo le fatiche e il caldo e la polvere del giorno. Liberi di simpatizzare con chi si volesse in quel giro lussuoso di spazi, con marmi, luci, specchi, fontane orlate di piante fiorite e profumatissime. Gaia, dopo quel grigiore di vestire e le fatiche di fotografa camminatrice che le segnavano il viso, scendeva dalla sua camera presentandosi in una rinnovata luminosità. Smagliante in una delle sue salwar kameez, sandali, collana e braccialetti a completare. Era il momento in cui Soti consegnava la sua fotocamera alle ragazze sicuro di essere ripreso in conversazione con la signora. Seduto con lei su un divano l’immancabile abbraccio per la foto conteneva l’urto dei sensi e una immancabile risposta.
«E allora» continuava Marzio sempre sullo sconcertato «lasciamo qualcuna di queste foto di Khajuraho per la visione in parrocchia? Mettiamoci un commento che non cada nella visione panteistica davanti ad una grandiosa opera d’arte.»
Il frate parve soddisfatto dell’incontro. Lui che dalle pagine delle sue amate scritture non proponeva pillole consolatorie.
Villaggi col solito caos sulla strada di attraversamento intasata da ogni genere di veicoli. Sorpassi come gioco a scommettere ed anche il rumore, le voci, l’aria satura di odori portati dal mondo naturale e dalla inquinante meccanica umana. Caleidoscopiche insegne in hindi e in inglese. Un ingombro totale ai lati della carreggiata, dagli attrezzi di artigiani alle cataste di sacchi, dai banchetti di frutta e verdura ai chioschetti di ristoro. Moto stipate in parcheggio, motofurgoni, veicoli a tre ruote con motore o a pedali, rimorchi, gomme di camion, asini, mucche tra le immondizie. Troneggia su un elefante un grassone col cellulare all’orecchio. Quando si dice che in luogo alto migliora il campo! Decine e decine di fili della energia elettrica che giunti ai sostegni murali, ai pali e ai tralicci scambiano la tensione con altre matasse di fili. Le stradine trasversali in terra battuta suscitano un desiderio di libertà, di fuga verso la grande campagna, vastissima, con i suoi maestosi alberi e i tuguri isolati.
Giovani lavoratori e lavoratrici ammassati sui cassoni dei camion, facce dai finestrini degli autobus. Un motociclista con moglie e due figli tra la morsa di mezzi pesanti. Il piccolo in braccio alla mamma e l’altro a cavalcioni sul sellino tra padre e madre guardano verso il pullman. Ragazze tornano da scuola nelle loro camicette bianche e gonne blu. Una signora viene incontro nel suo sgargiante sari, la testa coperta. Un’altra è immobile nella sua scura povertà, gli occhi secchi e incavati. Un santone barcolla scalzo, il tridente di Shiva sulla fronte.
L’Aloisio ha rimandato di qualche giorno l’incontro al circolo adducendo impegni di chiesa. Paura di deprimersi in una operazione che non porta a nulla. Oggi fa scorrere molto lentamente sia le immagini del variopinto mondo indiano che quelle dei viaggiatori. Ipotizza modifiche ma non procede con l’utilizzo della sua sofisticata applicazione, né annota i numeri per la successiva selezione. Forse intende rivederle tutte. Vorrebbe esserci stato lui in quella avventura.
Soti ha in altri incontri illustrato ad una ad una le foto. Ha specificato giorno e luogo della visita, fornito dati storici su un tempio, un palazzo, ricordato impressioni, giudizi. Si sono soffermati sui fantastici ambienti del Forte Rosso ad Agra e del belvedere che si protende dall’alto sulla pianura. Lì tra colonnato semicircolare e balconata stava Gaia con le ragazze a scrutare lontano il Taj Mahal. Qualche foto viene ritagliata e ritoccata nel colore, nel contrasto, anche se non sarà scelta. Virtuale ripetizione del viaggio.
Ecco di nuovo Gaia. In pullman. Seduta sulla stessa fila del fotografo.
Alfonso scosta la mano dal mouse e si volge al Pasina.
«Non è solo ottima resa tecnica. Emergono qui chiari elementi simbolici.»
Cosa gli sta venendo in mente? Che simboli vede il frate? Soti tace ma forse finirà con lo svelare che tutto è cominciato col dominio della fotocamera sul suo operatore. Quelle foto, quei primi piani non sono il risultato di un maldestro corteggiamento. Gaia può avere presto intuito certe insistenze ad anteporre la cattura di una immagine alla parola. Tanto è vero che, sempre compiaciuta, ha risposto quasi da subito con scatto su scatto. Soti comunque per educazione le ha più spesso mostrato le inquadrature ottenute e lei non ha mai nascosto lo stupore di essere cercata, di essere scelta. Di essere nuova.
Si scostò alquanto dal frate e cadde in uno stato di assenza tra ricordi e foto che passavano sul monitor.
(continua)