di Salvatore Carachino
(continuazione)
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Soti al circolo con l’amico Marzio commentava irritato un articolo di stampa sulle tre sere delle lanterne. Folklore in un evento identitario. Tutto il santo popolo raccolto nel suo borgo antico. In ogni giro di frasi un abuso delle parole comunità e tradizione. Scarpinanti nelle campagne a invocare una pace geograficamente nebulosa.
«Le nostre figliole erano molto coinvolte, Soti.»
Il Valletta non sembrava condividere l’irritazione dell’amico. Sua figlia con chiunque si accompagnasse, dovunque si trovasse era l’attrice di sicura carriera.
«Molto allegre quelle dietro i passi del profeta, come a loro piace chiamarlo. Va bene. Gli uomini sono legni storti e le religioni hanno il compito di trattenere, rimandare lo scatenarsi dell’apocalisse in terra, la venuta dell’Anticristo. Lumi? Nulla.»
«E qui nel nostro circolo della cultura quali lumi abbiamo acceso sinora? Quale partito abbiamo sostenuto? Siamo un contenitore di individui solitari. Abbiamo visto alternarsi nelle nostre sale poeti en plein air e topi d’archivio. Il frate invece è saldamente collocato nel sistema sociale sussidiario.»
«Ad assistere tua figlia e la mia. Ascolta, Marzio. Questa mattina quello lì mi è giunto in biblioteca con una decina di studenti delle superiori. Una ragazza con Il cavaliere inesistente di Italo Calvino tra le mani chiede a me in quanto direttore se ho letto il racconto e cosa ne penso. Mi dice che padre Alfonso ha consegnato una lista di opere al fine che essi possano discuterne in parrocchia e poi fare bella figura a scuola. Io affermo che Calvino non sarebbe gradevole nei conventi. Perché? Perché il gioco fantastico avviene tra materia e mente e non tra materia e spirito. Quella mi rimane perplessa. Vedo poi in altre mani un Gramsci. Uno studente occhialuto con in mano il Diario filosofico di Voltaire mi chiede se glielo consiglio. Non è già nella lista che avete in mano? Rispondo. Il vostro padre Alfonso vuol preparare intellettuali dalle vedute aperte per quando ci sarà un concilio della chiesa cattolica. Il frate ha ascoltato e quasi sbotta. Non ci sarà nessun concilio per i secoli a venire. Dice in tono da predica. Perché poi? Per darla vinta a un nuovo teologo? E cosa c’è da aggiungere o togliere al concetto di Dio? Magari qualche nuova elaborazione teologica si presenterà pure come un’opera d’arte, un classico di studio per i posteri, ma vale la pena ficcare migliaia di vescovi in San Pietro per omaggiare uno solo, sia pure di grande ingegno? I contemplanti sono poeti e teniamoceli così. Insomma, Marzio, dimmi tu se il frate non vuole tenersi amica tutta la gente delle nostre contrade comprese le nostre figlie atee da avviare alla devozione.»