Tra le moltissime interpretazioni di questa formula, può rientrarci anche quella secondo la quale l’Io si esprime nel suo protendersi verso l’altro, e si realizza compiutamente nel suo incontrarsi con l’altro.
La bellezza dell’incontro con l’altro, richiede o pretende disponibilità, dialogo, prossimità, aderenza, comprensione. Esclude l’egoismo, l’avarizia, il rancore, le barriere che si alzano, il conflitto, il degradamento, la degenerazione dell’istinto di conservazione.
Il progresso e lo sviluppo, sono sempre stati la conseguenza della realizzazione di questa bellezza, dell’ incontro e del confronto fra gli uomini, dell’attribuzione di valore alle loro diversità, della reciprocità, del procedere insieme verso un orizzonte di civiltà.
Quando nella condizione dell’incontro si è aperta una frattura, si è verificato immediatamente l’esatto contrario del progresso e dello sviluppo.
In un libro di venticinque anni fa, che si intitola “ La bellezza per te e per me”, Alberto Abruzzese scriveva che non pochi e con non poche ragioni sostengono che l’occidente comincia con un’idea di armonia elaborata dai pitagorici, con una formalizzazione della irrazionalità della natura che – scoprendone invece la bellezza delle coerenze numeriche e delle simmetrie figurative- fonda la perfetta equivalenza tra il bello, il vero e il buono.
In questo modo l’uomo comprende il mondo, lo rende governabile e giusto, lo abita. “Tanto l’estetica quanto la politica hanno quindi in questa triade ‘globalizzante’ il loro fondamento”.
Spesso ripetiamo, chiamando a testimone Dostoevskij, che la bellezza salverà il mondo.
Lo abbiamo ripetuto spesso e fino ad un certo punto forse senza nemmeno comprendere che cosa sia veramente il mondo e che cosa sia veramente la salvezza.
Ecco. Probabilmente dobbiamo comprendere in maniera concreta che il mondo riguarda tutti quanti, per davvero, e che la sua salvezza riguarda tutti quanti, per davvero, e che il mondo si può salvare soltanto rifondando, ricostruendo, rielaborando e rinvigorendo il senso della bellezza dell’incontro con l’altro. Senza questa condizione, ogni situazione si trasforma in contrasto, in opposizione.
E’ chiaro che la prima e più forte obiezione all’idea che l’arte possa assumere una funzione nella costruzione di un nuovo pensiero per una nuova bellezza, è che si tratti di un’idea irrealizzabile. Un’utopia. Va bene. Ma le altre strade le abbiamo percorse tutte e ci hanno portato al punto che sappiamo. Si potrebbe tentare con questa. Non avremmo nulla da perdere. Il metodo sarebbe anche semplice, in fondo. Cominciare dai primi anni di scuola. Non vedo un altro luogo da cui cominciare. Mi verrebbe da dire: sarà la bellezza che attraverserà le scuole del mondo a salvare il mondo.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, Domenica 11 febbraio 2024]