di Antonio Errico
Più di novant’anni fa, Piet Mondrian scriveva che in un tempo come il suo in cui una serie di situazioni di diversa natura esigono sforzi su basi reali, nulla è più logico del fatto che generalmente non si abbia alcuna consapevolezza dell’influenza immensa che l’arte esercita, o potrebbe esercitare, sulla vita pratica. L’arte, a causa del suo carattere convenzionale o per l’ignoranza del suo autentico contenuto, è stata sin qui considerata come una ricerca della bellezza ideale o decorativa, per cui non si comprende come possa indicare la via verso l’equilibrio dei rapporti sociali, né come possa creare una realtà concreta e una concreta bellezza nella vita pratica. Nel nostro tempo – diceva- la necessità spinge verso la ricerca di un equilibrio mondiale, ma non si ha forse bisogno di una bellezza reale nella vita? E la bellezza non è forse l’espressione più perfetta dell’equilibrio?
A volte i tempi si rassomigliano straordinariamente. Per il concetto e la pratica della bellezza non è cambiato quasi niente. Intorno al concetto di bellezza si addensano ancora equivoci; ancora per molti aspetti si pensa che si tratti di inutili abbellimenti che concretamente non propongono soluzioni agli squilibri del mondo. Ma forse le altre possibilità di soluzione sono state sperimentate tutte e tutte inutilmente. Basta guardarsi un poco intorno per capire se è vero. Forse non rimane altro che tentare di realizzare una nuova bellezza. Quella dell’incontro con l’altro: una forma di bellezza concreta, essenziale, dalla quale tutte le altre dovrebbero dipendere, senza la quale tutte le altre non hanno alcun senso, non possono avere alcun senso. Però, per una nuova bellezza si ha bisogno di un nuovo pensiero che sia in grado di considerare la bellezza come condizione della vita pratica, come espressione capace di mettere insieme elementi provenienti da forme di pensiero diverse, provocare incontri tra culture diverse. Non esiste cultura che non abbia bellezza, né esiste cultura che non possa elaborare un nuovo pensiero finalizzato alla creazione di una nuova bellezza. Probabilmente, però, la condizione che risulta necessaria, indispensabile, è quella di rielaborare i concetti che le diverse culture hanno dell’Altro. Quel ragazzaccio immenso poeta di nome Arthur Rimbaud diceva “Je est un autre”. Io è un altro.