Una sua frase mi rimase impressa come epitaffio: “Cu llu sole ncapu, le cchiate mangianu cu llu sole ncapu”; intendeva dire quando il sole è perpendicolare a chi pesca.
Arrivò l’agosto e mi trasferii al mare con moglie e figli; così sperimentai sul campo la veridicità di quanto Fisso mi aveva confidato. All’ora di pranzo, quando la costa si spopola e sale la brezza, ero su qualche angolo di scogliera a dare sfogo alla mia divorante passione. Ma un giorno…..
Il sole dardeggiava quando un tizio puntò decisamente verso di me; pensai ad uno dei soliti curiosi che s’avvicinano a chiedere come va la pesca, ed ero pronto a liquidare il rompi scatole con la solita risposta: ‘sono appena arrivato’. Chi procedeva nella mia direzione, con scarpe dalle suola di cuoio non adatte a camminare sugli scogli, era tutt’altro di quel che pensavo. Giuntomi vicino, si posizionò alla mie spalle, cosa che mal sopportavo da sempre. Non sapevo cosa volesse l’intruso e cercai, col silenzio, di fargli capire che la sua presenza non mi era gradita. Per qualche minuto si sentì solo il fragore dell’onda che, franta, ricadeva spumando. Continuai a pescare, sforzandomi di ignorare la presenza di quel tizio; poi il rompi coglioni cominciò col chiedere che pesce pescavo e come andava preparato. Non risposi, sperando che la mia palese indisponibilità al dialogo lo facesse desistere, ma quella presenza indesiderata continuò nel suo ‘approccio’: “Per me le donne sono tutte puttane, non mi piacciono, preferisco gli uomini; ieri, su llu furnieddhu, maggiu fattu unu de Galatina”, e indicò la direzione della pineta. Ebbi una reazione d’impeto: “Ffanculo”, gli sparai di botto, “per me sono il capolavoro dell’universo e le adoro; ora, sparisci”. Il tizio si allontanò senza fiatare. A casa, raccontai l’accaduto. “Proprio a te?”, disse mia moglie, lasciandosi andare in una risata sfrenata.