di Ferdinando Boero
Il 12 febbraio Charles Darwin compie 215 anni. Vale ancora la pena celebrarlo? Secondo me sì. In Italia il Darwin Day prese vita quando il ministro della pubblica istruzione, Letizia Moratti, nel 2004, con un provvedimento ambiguo, non citò la teoria dell’evoluzione nei programmi della scuola dell’obbligo, rimuovendola di fatto. Il mondo scientifico insorse, e in molte città si iniziarono a celebrare le giornate di Darwin, i Darwin Days, proprio per rimarcare l’assurdità della scelta. La ministra fu costretta a tornare sui suoi passi ma, ancora oggi, la teoria dell’evoluzione ha poca rappresentatività nei programmi scolastici. Le cose si inasprirono quando, nel 2009 (in occasione dei 200 anni dalla nascita di Darwin) il vicepresidente del CNR, Roberto de Mattei, un legionario di Cristo, organizzò un convegno, nella sede del CNR, dal titolo Evoluzionismo. Il tramonto di una ipotesi. E pubblicò anche un libro dallo stesso titolo, con i fondi del CNR. A difesa della scienza e della scientificità della teoria darwiniana intervenne Nicola Cabibbo, presidente dell’Accademia Pontificia delle Scienze. Un fisico. Solo in Italia può avvenire che la scienza sia attaccata dal Consiglio Nazionale delle Ricerche e che sia difesa da un’Accademia Pontificia! Non pago della figuraccia, nel 2017 de Mattei tornò alla carica e, incurante del ridicolo, compilò la voce “Evoluzionismo” dell’Enciclopedia di Bioetica e Scienza Giuridica, concludendola con la frase lapidaria: L’evoluzionismo rimane un’ipotesi non dimostrata.
Il fuoco del negazionismo scientifico cova sotto la cenere e Darwin continua a dar fastidio. Eppure, nel capitolo 18 dell’Enciclica Laudato Si’ Francesco scrive: Benché il cambiamento faccia parte della dinamica dei sistemi complessi, la velocità che le azioni umane gli impongono oggi contrasta con la naturale lentezza dell’evoluzione biologica.