Inchiostri 100. Anselm Kiefer per Andrea Emo

Il piombo (ricorrente materia nell’opera di Anselm Kiefer) portato allo stato di fusione viene lasciato colare sulla superficie dipinta e incrostata di materiali e pigmenti, esso vi scorre sopra, ne ricopre alcune parti, altre restano scoperte mano a mano che il metallo si raffredda, rapprendendosi. Come è nello spirito di Andrea Emo, sembra allora darsi a vedere la feconda contraddizione, il nutriente paradosso, l’irrinunciabile ossimoro: il peso anche visivo del piombo (scotoma allargatosi sulla tela) permette la trasparenza della visione, Fadensonnen che illuminano le fessurazioni e le lacune del piombo, claros del bosque. Holzwege, sentieri tracciati nel bosco per giungere ai luoghi dove si fa legna, dove si raccoglie il combustibile per riscaldarsi e per cucinare.

Scrive Cristina Campo (che, tra l’altro, intrattenne un bellissimo scambio epistolare con Emo): «Poesia geroglifica e bellezza: inseparabili e indipendenti. Sentire la giustizia di un testo molto prima di averne compreso il significato, grazie a quel puro timbro che è solo del più nobile stile: il quale a sua volta nasce dalla giustizia» (da Parco dei cervi in Gli imperdonabili, Adelphi, Milano 1987, p. 145).

Le opere-testo di Anselm Kiefer riverberano e risuonano nella loro justesse di poesia geroglifica che attraversa i territori del nulla, dell’accecamento, dell’assenza per attingere, nella gestundete Zeit, la consapevolezza dell’esistere che si rinnova attimo dopo attimo, costantemente minacciato e fragilissimo, eppure capace di pensare l’illimite.

Nel piombo incandescente versato sulla tela dipinta c’è la storia-macellaia, l’allusione ai vagoni piombati avviati verso i campi di sterminio, ma anche l’avvio del processo alchemico a partire dalla nigredo – dall’azione sul piombo e iniziando dal piombo.

Nelle superfici pressoché tridimensionali dei teleri c’è la justesse della materia che, terrestre, si modella pensiero e visione; nello spazio delle grandi teche di vetro abitato dalle sculture c’è una storia naturale della distruzione che ricorda come, in assenza di dio, l’uomo debba assumere su di sé intera la responsabilità del male.

Questa voce è stata pubblicata in Inchiostri di Antonio Devicienti e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *