Sugli scogli 3. I sugarelli

di Nello De Pascalis

          Torme di pescatori sulla parte alta della Reggia: è tempo di sugarelli. Personalmente rifuggo quella costa per altre dimenticate dal tempo, dove più facilmente intreccio discorsi col mare e pesco. Con l’amico Nuccio siamo sulla stessa lunghezza d’onda.

          Come meta, quel giorno scegliamo un luogo poco frequentato, faticoso da raggiungere, che cade tra Torre Uluzzo e Torre dell’Alto, al di qua della Tràpisa. L’appuntamento è per le 14 e quando torno da scuola Nuccio è già sotto casa; mi concede appena il tempo di farmi un panino, smanioso com’è. Partiamo. E’ fine maggio ma sembra estate piena. La sua vecchia SIMCA divora la strada e in un battibaleno siamo fermi di fronte alla torre, sul ciglio della strada. Per abitudine calza gli stivali, che tiene nel cofano, appena sceso dalla macchina, e ripete il gesto come un rito. Con le nostre cose c’incamminiamo per il vialone che divide la pineta, ai cui bordi una giovane coppia è in amore. Quest’immagine pura appena intravista mi evoca desideri amorosi di gioventù, il tremore dell’innamoramento volato via con gli anni e la pena che scende quando l’eros cade per sempre. (Succede poi che tornino immagini e scene nelle notti oniriche, diventate celle d’ogni amarcord, accompagnate sempre da un volto, ed è un ritorno agrodolce). Quei due corpi ignudi mi mandano in empatia e bisbiglio un “amatevi e godete, ché farlo in abito adamitico, nel sottobosco, e ancor più bello e puro”. Nuccio, invece, è scandalizzato e la cosa mi meraviglia non poco. Seduttore impenitente e accidioso nei suoi trascorsi in quel di Como, ora stenta a credere ai suoi occhi. Come cambia l’uomo e come cambiano i costumi! Proseguiamo, accompagnati dalla scena appena vista, lui avanti, io dietro. Il verso d’una cinciallegra  invita alla pennichella che è di stagione. Nessun altro rumore al di fuori dei nostri passi. Per tutto il percorso stropiccio un rametto di mirto e m’inebrio. Puntiamo a Sud. Sul limitare della pineta, che ostruisce la visione del mare, rimane un avvallamento di macchia mediterranea da scendere e risalire, andando poi decisamente a destra verso una grotta protetta da vetrata (pare vi abbiano rinvenuto reperti preistorici). Giunti sul mare, lascio a Nuccio la libertà di scegliere la posta; va sulla punta estrema, oltre la grotta.

Questa voce è stata pubblicata in I mille e un racconto e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *