Il lettore alienato

Il lettore segue la grande parete di libri ordinati secondo le lettere dell’alfabeto, drizzandosi sulla punta dei piedi per raggiungere il piano superiore, dove senza dubbio si trovano i libri più belli, quelli che nessuno riesce a raggiungere, almeno non senza l’aiuto del personale. Ma non gli va di disturbare i commessi, che sembrano avere altro da fare. Di tanto in tanto, estrae un libro che si trova alla sua altezza, ne assaggia il titolo, l’autore, la quarta di copertina. Perché prende in mano quel libro e non un altro? Perché gli sembra di averlo già visto. Infatti, conosce già l’autore, del quale nella passata stagione ha appreso il grandissimo successo, con vendite superiori al milione di copie, ha visto la réclame in qualche giornale, un amico gliene ha parlato; il libro ha una bellissima copertina – ma anche gli altri ne hanno una altrettanto bella -, contiene una storia d’amore, una storia di guerra, una storia d’amore e di guerra, una storia di malattia terminale, una storia d’amore e di malattia terminale, insomma  una storia vera; e di quella storia vera hanno fatto un libro e dal libro un film, o viceversa, non ricorda bene. Il nostro lettore ricorda però, all’improvviso, d’averlo già comprato e di averlo in casa, nella sua libreria, dove lo ha riposto dopo averne letto una cinquantina di pagine. E così, con qualche vago senso di colpa e un po’ di risentimento – ma perché lasciano in giro libri usciti già da tre mesi?-, rimette a posto il libro e va avanti, lungo l’alta parete tappezzata di libri.

Ne prende un altro, ma l’autore non l’ha mai sentito nominare, il titolo gli dice ben poco e della quarta di copertina non si fida e, dunque, lo rimette subito a posto. Decide di andar via, ma prima di uscire, passando vicino ad una delle tante pile sormontate dal faccione dello scrittore di successo, ecco che, inavvertitamente, la mano scivola sulla copertina, davvero graficamente molto ben fatta, dell’ultimo bestseller. Che fa, lo sta rubando? No, no, che avete capito? Il nostro lettore è un consumatore, mica un ladro! Egli si dirige presto alla cassa, fa la sua brava fila e paga con carta di credito o in contanti, perché, pagando, il libro diventa suo, solo suo, e nessuno glielo potrà mai più togliere.

Lo compra, dunque, è lo porta subito a casa, dove lo leggerà nel tempo libero. Tempo libero? Qual è il tempo libero? Non sappiamo forse che il tempo libero è solo una bella espressione d’antan? Oggi, se si lavora, tempo libero non ce n’è; se non si lavora, allora vuol dire che si è disoccupati e che soldi per comprare libri non ce ne sono, e tanto meno la voglia di leggere storie d’amore e morte, anche se vere.

Ma il nostro lettore ha trovato il tempo e il luogo per leggere il libro che ha comprato: egli legge nel tempo di una seduta, nel bagno di casa sua, nobilitato come gabinetto di lettura. La sera tardi no, è troppo stanco per leggere, è meglio concludere la serata, prima di chiudere gli occhi, abbrutendosi davanti alla TV.

Quante sedute servono per finire un libro di, mettiamo, trecento pagine? Quindici, venti sedute? Ma non è detto che il nostro lettore sia costretto a leggerlo tutto. Si può sempre appellare allo statuto del lettore, che in uno dei suoi articoli recita così: “Il lettore ha diritto a non finire il libro.” Del resto, non siamo tutti abituati a cliccare su “mi piace”, e se una cosa non ci piace, ci mettiamo poco a metterla da parte? Dove? Non certo nel secchio della carta che andrà al macero: è pur sempre un libro, il che vuol dire che in esso permane una traccia infinitesimale dell’antica sua sacralità, e dunque anche se non piace, è bene riporlo nella libreria, collocandolo a riposo nel luogo dove rimarrà fino a quando…

A questo punto nella mia mente ho l’immagine di un mercatino dell’usato nella piazza di un paese qualunque, in un giorno di domenica; lì, per vie impreviste, è giunto un gran numero di libri, libri di tutti i tipi, perlopiù grandi successi del passato, ora ammassati alla rinfusa sui tavolini pieghevoli e un po’ traballanti. Questi libri sembrano rimpiangere la gloria delle antiche pile, dei sovrastanti faccioni sorridenti e seriosi dei grandi scrittori. Sono un po’ ingialliti a causa del tempo e dell’esposizione alla luce solare, ma si possono ancora considerare in buono stato di conservazione. Provengono dall’appartamento del lettore alienato, che intanto…, beh, sì, gli anni sono trascorsi e il nostro lettore è passato a miglior vita. Un rivendugliolo ha rilevato molte cose da una casa che gli eredi vogliono ripulire e ora i libri del defunto lettore giacciono lì, all’aperto, nel mercatino dell’usato, come abiti dismessi; ma hanno ancora un’aria suadente, simile a quella che avrebbe una vecchia cortigiana; e mentre il commerciante sonnecchia con un occhio solo, un cartello ti avverte che al prezzo irrinunciabile di due euro il libro è tuo, tutto tuo – ma se prendi tre, paghi cinque -. Insomma, è un affare, non lasciartelo scappare!

[Quel che posso dire, Edit Santoro, Galatina 2016, pp. 85-90]

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