Primo giorno, settembre inoltrato. Si unì a me più per la sua solita passeggiata sul lungomare che non per altro. Pescai solo nove grosse aguglie dal micidiale muso aghiforme. Maria, di ritorno, assisteva all’abboccamento dei pitoni (così li chiamava) senza poter pescare in quanto si erano mantenuti piuttosto fuori e una canna da nove metri non le si prestava. Seguiva, interessata, le mie operazioni: una cucchiaiata di crusca ogni tanto e un ciuffo di bigattini. Provò con una canna dalle dimensioni ridotte, ma senza risultati. “Domani ti potrà andar bene, ché talvolta arrivano proprio sul ciglio”, le dissi, sulla base di esperienze acquisite. Si stava caricando e qualcosa in lei era prossima alla deflagrazione.
Il giorno dopo, verso le 10.30, eravamo sulla scogliera, ma più a sud rispetto al giorno precedente, perché la posta era occupata da altri pescatori. C’era mare spumoso e ad ogni getto di crusca le aguglie venivano a branchi, coi musi fuori dall’acqua come baionette. Che spettacolo e che voracità avevano le belle! Maria s’era scelta una canna al carbonio, leggera e maneggevole, di cinque metri; quasi in competizione, iniziammo a pescare. La sfottevo divertito, perché impiegava più tempo a liberare le aguglie dall’amo che non a tirarle fuori. Lei rideva: gioiose scene familiari sul mare, e ci bastava. Nei giorni seguenti corse ai rimedi: pezzuola e forbicine, sicché le ‘operazioni’ erano più veloci. Intanto i nostri polpastrelli, tutti rigati, sanguinavano e, a protezione, applicammo dei cerotti.
Con grande meraviglia di tutti i pescatori, le aguglie s’aggirarono sotto costa oltre i tempi canonici, e noi, da metà settembre sino alla prima decade di novembre, quasi tutti i giorni, dal tardo mattino al pomeriggio avanzato, le sfidavamo; poi, sopraffatti da fame e stanchezza, salutavamo il mare. A casa c’era quel piatto di minestra già pronto e un bicchierotto di rosso. La notte ci ricaricava. Che annata! Catturammo aguglie a iosa in quel lasso di tempo, tanto che in molti credevano che le pescassimo con la caloma, invece quel ben di dio era dovuto a correnti ben disposte e a mare costante.
In quel periodo, lo stato d’animo di Maria, alto, la faceva filosofare: “Meglio stanca che non annoiata”, ripeteva come un ritornello, ed io annuivo. Fu tutto così bello.