di Gianluca Virgilio
(continuazione)
La figlia è una delle due donne a cui apparterrebbero le voci irresistibili che hanno fatto impazzire il dottore. Essa è caratterizzata come una gigantessa:
La figlia era una gigantessa di oltre due metri, che raramente usciva dalla camera da letto perché molto malata, molto debole, grassa e indolente. (p. 130).
Il dottore, sebbene si assuma il compito di curarla, non riesce a stabilire con lei alcun rapporto, né fondato sul contatto fisico (“[la figlia] non voleva che le toccasse neanche il polso per sentire il suo battito” p. 130), né sullo sguardo(“quando la visitava lei lo guardava con le palpebre socchiuse, poi volgendo stancamente gli occhi da un’altra parte” p. 130) né sulla parola (“…lei rispondeva soltanto con borbottamenti.” p. 130). La gigantessa parla solo alla madre, ma in dialetto, che esclude il dottore da ogni comunicazione diretta. Al dottore, allora, non rimane che affidarsi alla madre, a cui è assegnata una funzione di mediatrice-traduttrice, non si sa quanto attendibile (“Il dottore doveva ricorrere alla madre per avere indicazioni sui sintomi della figlia” p. 130):
Il dottore non l’ha mai sentita dire due frasi di seguito, tranne quando parlava in dialetto con sua madre. Dice che gli sembrava indifferente a tutto, sprofondata in un’indolenza da ragazza grassa e ottusa. Non doveva avere trent’anni, ma essendo così gigantesca mostrava un’età indefinita, tranne per il volto che era già sfiorito. Mentre il dottore la visitava, lei stava distesa sul fianco, continuando a tenere gli occhi sullo schermo televisivo, borbottandogli in fretta delle risposte o sbuffando come se lui fosse un seccatore. Finché lui se ne andava avvilito, senza ricevere neanche un saluto (pp. 130-131).
