Il libro è conosciuto anche con il titolo di Milione, che deriva dal nome di famiglia dei Polo, a significare il rapporto strettissimo tra opera e la sorgente delle memorie, Marco il Viaggiatore. Ma è un libro sfuggente, che il lettore non cattura mai: trattato geografico, enciclopedia, storia politica, miniera di dati per mercanti. Alle informazioni precise sui luoghi visitati (posizione, moneta, situazione politica) si affiancano ampie sezioni sull’impero mongolo e le sue guerre e una miniera di racconti dai filoni più ampi e vari: vite di santi in versioni sconosciute agli occidentali, racconti meravigliosi su animali e figure mitizzate e finalmente incontrate (l’unicorno, per esempio, ma anche il mitico sovrano-sacerdote conosciuto con il nome di Prete Gianni).
Il lettore europeo si trovava di fronte un caleidoscopio di usanze totalmente eccentriche rispetto al mondo occidentale, per esempio in campo sessuale, punto sensibile della morale cristiana: pensiamo alla “ospitalità” sessuale a Kamul, dove gli abitanti offrono le proprie donne ai viaggiatori; all’armoniosa poligamia dei mongoli oppure al matrimonio ‘a tempo’ di Pem, o alla valorizzazione dell’esperienza in campo sessuale delle donne a Kollam.
Con il Devisement il mondo conosciuto si allarga: le conoscenze dell’Occidente raddoppiano, e Marco ci accompagna come un antropologo, sfrutta i limiti della nostra conoscenza per raccontare e descrivere il nuovo e il diverso che vede: nella regione di Ghinghintalas, scopre un minerale resistente al fuoco con una fibra simile alla lana. Il viaggiatore crede di essere di fronte alla salamandra, ma afferma con orgoglio che non è un animale, come credeva la cultura comune, ma un minerale appunto: è l’amianto. La scoperta del petrolio, o della vita del Buddha, hanno nel testo la stessa potenza: i bias cognitivi servono a sfidare le conoscenze. In una delle interviste “impossibili” di Giorgio Manganelli andate in onda sulla Rai, il Viaggiatore viene rappresentato continuamente in bilico tra verità e finzione: e non perché ciò che dice Marco è falso, come pure qualcuno ha sostenuto con volontà di scandalo, quanto perché questa sfida alla conoscenza è vinta trasformando l’Oriente con la o maiuscola in uno spazio mentale, che chiede al lettore, al sedentario, di credere al racconto e alla memoria.
Il 2024 sarà un anno dedicato a Marco Polo e al suo libro; un comitato nazionale per le celebrazioni è stato varato dal ministero, e il programma delle iniziative scientifiche, in gran parte realizzate a Venezia, si preannuncia molto ricco: sono previste mostre, laboratori teatrali, letture pubbliche, e un convegno internazionale (11-14 settembre 2024) sull’uomo e l’opera. La sfida maggiore, per gli studiosi, consiste infatti nel focalizzare e spiegare il miracolo di un libro impossibile, che nonostante la sua “costruzione esperantica” (come ebbe a dire Contini), divenne un best-seller internazionale: immediatamente tradotto, riscritto, in gran parte trasmesso nella lingua internazionale dell’epoca (il latino), attraversò il Medioevo uscente con un successo straordinario (quasi 150 manoscritti). Fu questo successo a permettere al Devisement di avere un impatto impressionante sulla cultura successiva: se ne trovano tracce nelle carte geografiche, ed è sempre più evidente il suo ruolo di denotatore per i viaggiatori moderni.
Per un paradosso non tanto sorprendente, il successo ha prodotto una miriade di falsi miti. Mettere per iscritto uno spazio nuovo ha i suoi rischi. Marco lo ha corso, e ne è stato consapevole. Ha probabilmente cercato degli alleati più autorevoli di lui, laico mercante, per diffondere i suoi racconti; li ha trovati presso degli aristocratici francesi, che lo hanno diffuso nelle corti arricchendolo di illustrazioni; li ha cercati presso i frati domenicani della sua città, che come degli editor moderni, hanno riscritto, arricchito, raddrizzato l’opera, garantendogli una circolazione molto più ampia. Dal viaggio al racconto al libro alla sua circolazione: l’Oriente di Marco Polo si testualizza in maniera complessa e tormentata, mai ferma. Per questo motivo, il lavoro sul testo che i filologi e gli storici hanno portato avanti negli ultimi vent’anni permette di comprendere più a fondo l’infinita pluralità del mondo, lo spaesamento del viaggio e il patto di fiducia che ogni racconto richiede.
[Pubblicato col titolo Marco Polo, l’Oriente seducente frontiera, ne “Il Manifesto” del 7 gennaio 2024]