Notazioni a proposito di «Carri, chiacchiere e titori – L’antico carnevale di Gallipoli» visto con gli occhi di Giuseppe Albahari


Giuseppe Albahari, giornalista, scrittore e promotore culturale, ideatore della Settimana della Cultura del Mare (serata del 27.12.2022).

La storia ruota intorno alla festa della «Madonna del Carmine, patrona dei tonnarotti, […] unico giorno festivo dell’intera stagione»: nomi tipici e dialetto locale, luoghi simbolo della Città Bella e sistemi di pesca sono per Albahari elementi distintivi di un’intera società legata indissolubilmente al mare. Pippi Raìsi, la «moglie ‘Ssuntina», Mesciu Pici, «la fiera del Canneto», lu spissu e «la camera della morte», «qualche bicchierino di rosolio, buccunotti e spumoni acquistati al caffè Ingrosso», diventano pretesto per raccontare la cultura di un intero popolo, solo apparentemente collocabile nella scatola delle foto ormai sbiadite.

In realtà «Carri, chiacchiere e titori. L’antico carnevale di Gallipoli», così come il precedente «Onde e risacche. Quando il mare era in bianco e nero», o ancora il precedente «Raisi, sceri e patale: le tonnare di Gallipoli», Edizioni l’Uomo e il Mare, (Gallipoli, 2012), sono novità assolute, mai nessuno prima di Giuseppe Albahari aveva osato addentrarsi tanto in un sentiero così poco battuto.

Dunque, come nella novella «La festa dei tonnaroti», così nel volume «Onde e risacche. Quando il mare era in bianco e nero», edito ancora da Puglia&Mare (2021), l’autore spolvera vecchie foto in bianco e nero e ce le ripropone in veste nuova, ripercorrendo le vicende di tre realtà gallipoline che hanno caratterizzato il Novecento cittadino e non solo: la prima storia riprende alcuni fatti e personaggi legati alla Tonnara di Gallipoli, elemento fondamentale per l’economica cittadina, tra le più antiche dello Stivale e rimasta in funzione fino al 1973; in seconda battuta l’autore passa in rassegna i famosi camerini in legno per i bagni al mare, realizzati, già dalla fine dell’800, su impianti architettonici simili a vere e proprie palafitte, piantate con i piloni nel mare e collocate in vari punti balneabili della città; infine, a conclusione del volume, l’autore narra le vicende del «Lido San Giovanni», dei numerosi aspetti caratterizzanti lo storico stabilimento, il più noto del Salento, e della trasformazione da semplice installazione balneare fatta di camerini in legno a vera e propria struttura turistico-ricettiva; della sua mitica «rotonda sul mare», dove ebbero luogo memorabili eventi mondani, indimenticabili serate animate dalla presenza di alcuni tra i maggiori artisti degli anni ’60-’70: tra i tanti è giusto ricordare Peppino Di Capri, le Gemelle Kessler, Domenico Modugno, Little Tony, Caterina Valente, Milva, Ugo Tognazzi, Pippo Baudo e un giovanissimo Gianni Morandi, molti di loro tornati poi a Gallipoli in età più matura.

In tutti i suoi volumi l’autore cura sempre, e con particolare attenzione, la galleria di foto storiche a corredo del testo. Avviene così sia per il già citato volume «Onde e risacche», per il quale si avvale delle foto dell’archivio di Luigi Tricarico, che nel più recente «Carri, chiacchiere e titori», e conferma la tendenza di Albahari, anche nella fase di impaginazione della rivista Puglia&Mare, che dirige ormai da lungo tempo, di dedicare ampio spazio alla comunicazione per immagini: fattore essenziale di contemporaneità oltre che elemento comunicazionale di facile decodificazione, nonché utile strumento di indagine e prezioso documento d’archivio disponibile a tutti, studiosi e appassionati, ed ai loro futuribili approfondimenti.

Inoltre, in ogni volume emerge chiaramente la naturale inclinazione dello scrittore all’ironia, delicata e puntuale, l’amore incondizionato per l’espressione dialettale. Per Albahari il dialetto è un vero e proprio laboratorio culturale che nasconde il sapere tramandato verbalmente dalle generazioni passate: ecco che modi di dire dialettali, come per l’appunto i «culacchi», riferendoci proprio all’ultima pubblicazione presa qui in rassegna, in cui l’eufemismo capeggia già nell’indice del volume, dando la misura dell’operazione culturale condotta da Albahari ormai da cinque decenni.


Giuseppe Albahari e la giornalista Barbara Politi nel backstage della serata conclusiva della Settimana della Cultura del Mare.

Del resto molto è legato alla sua attività di divulgatore e corrispondente gallipolino del noto giornale “La Gazzetta del Mezzogiorno”, ruolo che svolge dal 1979 e al quale vanno aggiunte importanti manifestazioni di interesse nazionale: come l’ormai nota «Settimana della Cultura del Mare», kermesse di marketing territoriale ideata proprio da Giuseppe Albahari, che nell’ottobre 2022 ha spento la sua decima candelina e che nel prossimo settembre avvierà i lavori dell’undicesima edizione. Mostre, conferenze, spettacoli, degustazioni e iniziative culturali il cui tema portante è il mare e la sua salvaguardia.

Come ha avuto modo di commentare Alessandra Bray, Presidente dell’Associazione Puglia&Mare, in questo caso nella veste di editore del libro, nei primi giorni di dicembre 2022, a margine della presentazione al pubblico avvenuta nell’aula magna dell’Istituto comprensivo Polo 2 della città sullo Ionio: «Carri, chiacchiere e titori. L’antico carnevale di Gallipoli è un libro che riveste grande importanza per Gallipoli, perché la storia del carnevale va oltre gli episodi che la compongono e contiene in sé riflessi di carattere economico, folkloristico e sociale che assumono infine, nella maschera di Titoru, il valore di metafora della vita».

Gloria Indennitate, giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno, autrice della prefazione al libro, con estrema chiarezza critica commenta: «Leggere “Carri, chiacchiere e Titori” sul Carnevale di Gallipoli o altri libri scritti in precedenza da Giuseppe Albahari […] significa comporre un mosaico per far conoscere la Signora dello Jonio all’universo di visitatori della città e a chi per motivi anagrafici ignora queste realtà […]. Ora Gallipoli dispone di questi racconti. Si sarebbe altrimenti rischiata la perdita di una memoria collettiva che non è solo l’unione di tante memorie personali, ma il tessuto connettivo di tante piccole storie che rendono vitale la propria piccola patria».

Quella stessa «piccola patria» che ormai tanta bibliografia ha prodotto, così nel mondo accademico – su tutti il lavoro svolto da Mario Marti, Donato Valli e A. Lucio Giannone dell’Università del Salento – come in quello più variopinto di studiosi e scrittori indipendenti. La stessa terra che ha generato autori come Girolamo Comi, noto poeta di Lucugnano (che lo stesso Albahari, giovane autore di poesie, ebbe modo di conoscere personalmente nei primissimi anni ’60, quand’era ancora studente dell’Istituto Tecnico di Casarano), fondatore nel secondo dopoguerra di iniziative culturali come L’Accademia Salentina e il suo organo di stampa la rivista L’Albero, progetti avviati e mantenuti tra il 1948 e il 1953.

Ma «Carri, chiacchiere e titori. L’antico carnevale di Gallipoli», pur mantenendo i tratti salienti delle pubblicazioni precedenti, ha in sé l’originalità e l’audacia di ripercorrere una storia mai raccontata prima d’ora, mettendo ordine nelle vicende che caratterizzarono lo storico carnevale gallipolino dalla sua fondazione ai nostri giorni; dall’ originaria versione popolare per le vie del centro storico cittadino, alle prime sfilate del 1954 sino all’ultima edizione del 2022: il volume narra degli ideatori e dei vincitori, entrando nei particolari delle tecniche di fabbricazione. Una ricostruzione ordinata dei vari maestri cartapestai che hanno fatto la storia dei carri allegorici, collocando Gallipoli tra i cinque carnevali storici culturalmente rilevanti della regione: carnevale riconosciuto e finanziato dalla Regione Puglia insieme a quelli di Putignano, Manfredonia, Massafra e Mesagne.

Albahari raccoglie con puntuale attività di ricerca, svolta sempre con metodica passione, l’albo d’oro, com’è già stato definito, delle maschere, dei presentatori e degli aneddoti più curiosi; nel volume sono presenti circa trecento immagini: da quelle di quasi tutti i carri vincitori del carnevale gallipolino, dalla prima edizione all’ultima (ad eccezione del 2020 annullato per Covid e alcune annate in cui il carnevale non ebbe luogo per carenza di fondi), a quelle di oltre duecento tra carri minori, oggetti, gruppi e maschere che fanno dell’evento precedente la quaresima un momento di aggregazione tra epoche e persone.


Costruzione della focara di Sant’Antonio Abate a Novoli Cr. ph. Nitto Marco.

Infine i “Titori”, che insieme alle “Focareddhe”, costituiscono l’elemento distintivo del carnevale più famoso del Mar Ionio: il funerale de “lu Titoru” (Teodoro) un personaggio tipico gallipolino (in altri comuni del Salento prende il nomignolo “lu Paulinu”); e la “focareddha”, che apre il carnevale già dal 17 gennaio, elemento di congiunzione con riti antichissimi, che uniscono Gallipoli al culto della Fòcara di Novoli, accesa il 16 gennaio di ogni anno per festeggiare il più noto Sant’Antonio Abate, e a quello dei fuochi propiziatori dell’Epifania, che bruciano dal 5 al 6 gennaio per le campagne dell’Emila Romagna a quelle di tutto il Triveneto, Trentino e Alto-Adige compresi. Antichi fuochi di epoca pre-cristiana, presenti anche nel Nord Europa, che come nel caso delle “Focareddhe” bruciano tutte le bruttezze dell’anno appena trascorso, chiudendo definitivamente e in perfetta sincronia con l’ultima luna del vecchio calendario, per aprire con gioia, scaramanzia e buoni auspici l’anno nuovo appena inaugurato.

[“il filo di Aracne”, anno XVIII, n. 2, aprile-giugno 2023]

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