Salento: la scommessa sull’economia della conoscenza

di Guglielmo Forges Davanzati

Il Salento non ha, da tempo, e probabilmente non ha mai avuto un modello di sviluppo chiaro e sufficientemente condiviso, che sia alla base di una programmazione a medio-lungo termine degli interventi di politica economica. Solo alla fine degli anni Novanta si riuscì a delinearne le prospettive di sviluppo, con la scommessa nel traino del turismo. Quell’esperienza è stata, però, solo parzialmente di successo. L’incremento degli afflussi ha determinato – visto a posteriori – molti più costi che benefici. Ci si riferisce ai ben noti fenomeni di overtourism e, dunque, ai danni prodotti all’ambiente, all’inflazione stagionale derivante dai picchi di domanda e alla redistribuzione che, il modello attuale di gestione del fenomeno, ha operato a vantaggio di pochi operatori (B&B, ristoranti, alberghi) ma con un esercito ampio di forza-lavoro poco pagata, spesso irregolare, tendenzialmente giovane nelle strutture ricettive locali. La “gentrificazione” dei centri storici si accompagna alla perdita progressiva dell’identità locale e all’omologazione. Il principale problema dell’attuale modello di sviluppo basato sul turismo consiste nel fatto che quel settore non contribuisce all’aumento della produttività in un orizzonte di lungo periodo, dal momento che esso si struttura come segmento a basso valore aggiunto.

Questa voce è stata pubblicata in Economia e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

2 risposte a Salento: la scommessa sull’economia della conoscenza

  1. Salvatore Carachino. Di Galatina, residente a Verona scrive:

    Convincere ristoratori, dentro e fuori i locali, gestori di spiagge di smetterla di assordare turisti e compaesani. Il rumore è indifferente peraltro a quei giovani stessi che si cerca di attrarre. Se fai notare il fastidio questi gestori non si arrabbiano… si offendono. Urge campagna educativa.

  2. Antonio Devicienti scrive:

    Sono completamente d’accordo con la lucida analisi di Forges Davanzati che andrebbe estesa a gran parte del settore del turismo ialiano. Temo, tra l’altro, che noi Salentini siamo vittime di un enorme, devastante equivoco (e che molti di noi contribuiscono a perpetuare): la cosiddetta “vocazione” turistica della Terra d’Otranto.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *