Syncronicart-1 si tenne a Martano e negli anni avrebbe dovuto essere, almeno negli intenti, la biennale d’arte di Martano. Qui si organizzava già la Biennale di scultura in pietra leccese, con artisti illustri che hanno lasciato alla città la loro testimonianza con opere anche monumentali che oramai fanno parte dell’arredo urbano, ma negli anni si era andata oramai spegnendo, per cui arrivavo io a riagganciarmi con una nuova linea di programma, partendo da zero. Sempre a Martano si organizzava, allora come adesso, la rassegna “Agorà”, destinata all’architettura e al design. C’era quindi molta curiosità e Syncronicart-1 si tenne quindi al Castello Aragonese di Martano, con discreto successo: alla prima edizione vennero diversi giornalisti, galleristi, operatori del settore. Alcuni dei nomi partecipanti erano internazionali e coesistevano con nomi di artisti del luogo e con artisti giovani in fase di affermazione, molti dei quali, anche se hanno acquisito più fama, ancora adesso vi partecipano, perché negli anni si è consolidato il rapporto bilaterale tra loro e me: sono cresciuti loro e sono cresciuto io.
Syncronicart-2 si tenne a Martano all’Urban Center, ex sede Enel ristrutturata per altre finalità. Buon successo, sede nuova fornita di infrastrutture a differenza della precedente, artisti di buon livello, tant’è che decisi di farmi affiancare da un giovane critico pugliese, Carmelo Cipriani, per una sezione distaccata curata da entrambi sul movimento del Marginalismo, di cui eravamo co-firmatari assieme agli artisti del gruppo.
Syncronicart-3 si tenne ancora a Martano a Palazzo Ducale. Ambienti storici ma da ristrutturare, buona partecipazione di pubblico, come sempre, ma rassegna senza prospettive di crescita, tanto è vero che nella programmazione della successiva edizione ebbi qualche difficoltà per via di ritardi burocratici amministrativi, che rischiavano di far saltare la cadenza biennale della rassegna.
Giungevamo quasi a ridosso del 2018. In maniera rocambolesca riuscii a cogliere la mano tesa dall’amico Sergio Puce, che all’epoca si occupava del settore cultura del Comune di Nociglia, dove era stato da poco inaugurato un bell’ambiente nel Palazzo Baronale, la sede polifunzionale dedicata a Peppino Impastato, per cui di fronte ad una scelta obbligata, m’inventai una rotazione di sede ogni due anni e la Biennale di arte contemporanea divenne così Biennale di arte contemporanea del Salento. Sale ed ambienti nuovi, infrastrutture, ascensori e montacarichi, illuminazione adeguata, buona accoglienza dell’amministrazione locale, alla fine realizzammo Syncronicart-4, ancora con un buon successo e un bel catalogo.
Nel 2020 si sarebbe dovuta organizzare la quinta edizione, ma la pandemia bloccò tutto e ci restò del tempo a disposizione per pensare…
Syncronicart-5 slittò quindi nel 2021, con sede ospitante questa volta Palazzo Filomarini di Cutrofiano, altrimenti noto come Palazzo della Principessa. Amministrazione accogliente, ambienti storici da ristrutturare, come le scuderie del palazzo, tuttavia sufficienti ad accogliere un certo numero di opere, un cortile e ambienti esterni affascinanti pur nella loro veste precaria, davano quasi l’impressione che in quei luoghi il tempo si fosse fermato all’epoca della principessa. In quell’edizione si determinò un’importante novità, poiché decisi di aprirmi in maniera più decisa verso l’esterno dal punto di vista della collaborazione curatoriale e mi rivolsi ad Unisalento, Dipartimento dei Beni Culturali Facoltà di Storia dell’arte contemporanea, nella persona del prof. Massimo Guastella, il quale aveva creato il TASC Laboratorio didattico Territorio Arti visive e Storia dell’arte Contemporanea, nel quale giovani ricercatori, studenti, laureandi e neolaureati si occupano, tra l’altro, di interagire con le realtà operanti nel territorio nel settore specifico dell’arte. Egli mi ascoltò con pazienza e colse il mio entusiasmo, volle esaminare tutti i cataloghi delle edizioni precedenti ed evidentemente ritenne che il progetto iniziale fosse genuino e meritevole di attenzione, seppur soggetto a miglioramenti per diversi aspetti, cosa che naturalmente riconoscevo io stesso. Il prof. Guastella mi offrì il Patrocinio del TASC ed il supporto dei suoi collaboratori per la revisione delle schede degli artisti in catalogo. Tuttavia il suo intervento specifico anche in catalogo non lo svolse in questa edizione in sede critica verso gli artisti, piuttosto verso la fase programmatica della rassegna, storicizzandola con un’interessante cronistoria basata su fonti bibliografiche e su dati di fatto, secondo quella che è una linea di condotta scientifica universitaria, che io apprezzai non poco. Buon successo di pubblico anche in questa edizione.
Giungiamo quindi a Syncronicart-6, la sesta edizione, che alcuni amici artisti mi spingevano a organizzare a Galatina, che poi è la mia città d’origine, e che avrebbe dovuto tenersi nell’annualità corrente, il 2023. La programmazione di una biennale inizia mentalmente almeno un anno prima e c’è da precisare che proprio in questo frangente arrivò la notizia del buon fine del transito dell’associazione nel RUNTS (Registro Unico Nazionale del Terzo Settore) resosi obbligatorio con la riforma Renzi, che dematerializzava i registri regionali esistenti fino a quel momento e cancellava di fatto tantissime associazioni culturali non idonee. Questo per me ha comportato una nuova ventata d’entusiasmo, ma anche un carico di responsabilità, tuttavia nella fase organizzativa c’è sempre una grande incertezza legata a vari fattori, la difficoltà a individuare la sede ospitante, la sovrapposizione con altri eventi locali, l’incertezza di superamento o meno delle fasi dei bandi pubblici per l’acquisizione dei fondi necessari, la cui comunicazione spesso arriva non con sufficiente anticipo rispetto ai tempi organizzativi.
Parliamo dell’organizzazione della Mostra. Certamente, considerando il gran numero degli artisti e la complessità dell’evento, non hai potuto fare tutto da solo… Come ti hanno supportato le Istituzioni?
RG: Oramai ho acquisito una certa esperienza in merito, dopo cinque edizioni e la sesta appunto in corso. La programmazione è iniziata, come detto, un anno prima o quasi, ma credo che oramai si dovrebbe cominciare a pensare d’iniziare anche 18 mesi prima. Questa volta ho scelto di affidare una sezione esclusiva al prof. Guastella, una mostra a latere da lui ordinata, con artisti da lui selezionati sulla base di un tema. Questo ha allargato lo spettro d’azione, con un invito da lui rivolto a 14 artisti solo nella sua sezione, quasi pari al numero totale degli artisti da me invitati in ciascuna delle edizioni complete precedenti. Galatina è un grosso centro nel Salento, ha molte potenziali sedi ospitanti per cui ho deciso di sviluppare una rassegna più ampia, estendendo l’invito ad un certo numero di artisti, nuovi contatti oltre a quelli consolidati nel tempo. Le istituzioni, l’Assessorato alla cultura del Comune di Galatina, hanno accolto con disponibilità in fase di programmazione il progetto, una volta visionati i cataloghi delle precedenti rassegne. Nel tempo alcune delle mie richieste riguardo le sedi possibili sono decadute, altre si sono concretizzate, come Palazzo Orsini, che però non è una sede appropriata, non è dotata di attrezzature adatte allo scopo espositivo. La ristrutturazione del Palazzo della Cultura, d’altra parte, non è ancora ultimata, ma, come in altre occasioni, una volta scelta la città e intrapreso l’iter organizzativo, la biennale deve essere intrapresa nell’anno di ricorrenza, per non far subentrare slittamenti a ripetizione e ingenerare confusione. Nell’ambito delle Istituzioni un discorso leggermente a parte merita l’apporto dato all’associazione da Fra’ Rocco, priore del Convento dei frati minori della Basilica di Santa Caterina d’Alessandria. Un apporto prezioso che ci ha onorato, dal momento che per lui e la Basilica ospitare l’esposizione di arte contemporanea è una prima esperienza. Speriamo di poterci meritare la sua fiducia.
Per me la coincidenza di queste due sedi ha anche una ragione personale particolare sotto l’aspetto emozionale, dal momento che nel Chiostro ho trascorso parte della mia infanzia: qui si svolgeva la catechesi e vi era anche collegato un piccolo oratorio dove si tiravano i primi calci al pallone. A Palazzo Orsini sempre da piccolo non era infrequente che io mi recassi a trovare mio padre sul lavoro, perché era sede del Municipio locale dove lui per molti anni ha svolto attività d’impiegato. Molte delle sale adibite oggi all’esposizione rappresentano per me, nel mentre le vado attraversando, una sorta di “déja vu”. A mio padre, scomparso da poco, approfitto di queste pagine per dedicare la mostra corrente.
Sul merito delle presenze artistiche, puoi precisare i criteri di selezione e partecipazione degli artisti alla Biennale? Ti ha affiancato un gruppo di esperti? Se sì, come penso, da chi è composto e qual è stato il loro ruolo?
RG: Con il consolidarsi della collaborazione avviata con il prof. Guastella e con il Tasc di Unisalento da lui diretto, si sta lentamente delineando la formazione di un vero e proprio comitato scientifico, capace di discutere e ratificare determinate scelte. Un passo in avanti è stato fatto già in questa edizione con la mostra a latere affidata ad un altro critico, per l’appunto Massimo Guastella, e con una selezione artistica da lui gestita in maniera autonoma. Per quel che riguarda la mia sezione, non c’è un tema ma un titolo, e la selezione è stata da me gestita sulla base delle mie conoscenze artistiche e delle mie inclinazioni, tenendo presente che vi sono artisti che godono anche della mia fiducia consolidata negli anni, che hanno partecipato magari a quattro o cinque edizioni precedenti e che mi hanno supportato nel momento più delicato per la vita dell’associazione, quello del transito nel Runts. Sono peraltro artisti validi, in crescita ed anche ricchi di doti umane, e l’unione di queste caratteristiche li rende vincenti. Nel tempo si stabiliscono nuove conoscenze che magari suscitano il mio interesse, con la loro vitalità ed entusiasmo, con delle iniziative espositive e naturalmente con le loro opere. E poi ci sono artisti storicizzati, indiscutibili quasi per chiunque.
Un rapporto di collaborazione si è determinato recentemente anche con Art lab second light di Corrado Marra, artista che adopera lo pseudonimo di Corrima, il quale si sta affermando non solo come un valido artista ma anche come un grande animatore culturale con un gruppo artistico che ha svolto diverse performances artistico-musicali, che mi hanno incuriosito. Attorno a lui ruotano personaggi di spicco che vanno da Renato Grilli, attore e performer (al cinema ha interpretato il ruolo del sosia di Franz Kafka nel film “Ginger e Fred” di Federico Fellini), a Fabrizio Manco, artista interdisciplinare e ricercatore internazionale, a Fernando Martinelli, artista e performer, sino a Donatello Pisanello, musicista di fama e tra i fondatori di Officina Zoè.
Tra gli espositori, ci sono artisti anziani e artisti giovani. È un caso oppure è una scelta precisa del curatore?
RG: È sempre stato così, come detto. Questa combinazione si determina automaticamente perché gli artisti, come gli uomini, crescono e sviluppano la loro esperienza in momenti differenziati della loro esistenza e nell’arco temporale d’interazione con il sottoscritto. Non c’è ragione per privilegiare gli uni o gli altri, ognuno è portatore della propria preziosa esperienza in campo artistico o della propria intraprendenza ed innovazione. Varie generazioni di artisti espongono in sincronia.
Ho notato che un piccolo spazio è stato occupato da artisti scomparsi… È anche questo un segnale di continuità che vuoi dare alle diverse generazioni di artisti salentini?
RG: Anche questa non è una scelta obbligata, è legata alla mia conoscenza dell’artista in vita, a circostanze che mi hanno spinto in qualche modo a ricordare la loro scomparsa, anche fortuite. Artisti scomparsi in una città ce ne saranno diversi, alcuni li ricorderò io, altri saranno ricordati magari da operatori culturali diversi in occasione di mostre successive. Qui ho ricordato Giovanni Valentini, galatinese di nascita, milanese d’adozione, artista di neo-avanguardia che ha iniziato la sua ricerca a cavallo tra gli anni sessanta e settanta, che io ho conosciuto sin dall’infanzia, Franco Cudazzo, scultore molto attivo a Galatina a partire dagli anni ottanta, novanta, di grande sensibilità, scomparso da poco e che ho avuto anche lui il piacere di conoscere in vita, Tonino Caputo, originario di Lecce, vissuto tra Roma e New York, anche lui venuto a mancare nel 2021.
Un buon numero di artisti sono galatinesi. È un caso oppure hai voluto fare un omaggio alla città che ospita la Biennale?
RG: Galatina è sempre stata una fucina di artisti. L’Istituto statale d’arte “G. Toma”, ora Liceo Artistico ha formato tanti artisti, alcuni diventati docenti, altri trasferitisi da giovani al nord o in altre città. Tutti gli artisti che operano in Galatina non avrebbero potuto trovare spazio in Syncronicart, anche perché questo non è lo spirito della rassegna, tanto più che alcuni artisti scelgono a volte di organizzarsi in maniera autonoma per svolgere delle collettive autogestite. Stefano Garrisi ha esposto in tutte le edizioni precedenti ed è presente anche in questa, come Maria Luce Musca. Antonio Giaccari ha esposto in cinque edizioni con la presente; Gaetano Minafra ha esposto in un paio di edizioni e gli ho curato anche una personale a Lecce; Giovanni Gravante ha esposto in tre, Gino Congedo l’avevo invitato nella prima edizione ma la sua partecipazione si è concretizzata solo oggi; di Franco Cudazzo e Giovanni Valentini ho già detto; Armando Marrocco, milanese d’adozione dal 1962, ha esposto in quattro edizioni. Angelica Dragone, di Soleto, opera a Galatina dove ha lo studio; Marcello Toma, galatinese d’origine, da Roma si è trasferito a Pinerolo, in Piemonte. Corrima (Corrado Marra) è di Galatina ed è il promotore di Art lab second light.
Nel comunicato stampa la biennale da te curata è definita con l’aggettivo “diffusa”. Vuoi precisare il senso di questa definizione?
RG: Si è andato determinando già in fase organizzativa questo aspetto della mostra “diffusa”, nel senso che, per carenza di una sede così ampia ed attrezzata tale da poter ospitare il gran numero di artisti partecipanti, si è pensato in alternativa ad un percorso artistico capace di svilupparsi in varie sedi poste su via Umberto I a poche decine di metri l’una dall’altra. Un percorso apparentemente dispersivo, ma alla fine dinamico e funzionale allo scopo. Così il Chiostro della Basilica di Santa Caterina si è dimostrato adeguato ad ospitare le sculture della mia sezione “Genius loci. Realtà artistico-visuali a cavallo del III millennio”. E qui hanno esposto: Stefania Bolognese, Giovanni Carpignano, Gino Congedo, Franco Cudazzo, Stefano Giovanni Garrisi, Antonio Giaccari, Giovanni Gravante, Armando Marrocco, Marco Mariano, Gaetano Minafra, Luca Palma, Antonio Paradiso, Salvatore Rizzello, Claudio Rizzo, Tonia Romano, Salvatore Sava, Mario Tarantino. Palazzo Orsini ha ospitato ancora un artista della mia sezione, Uccio Biondi, in quanto la sua opera si componeva di una cosiddetta “altopittura” e di un video. La collaborazione con Art Lab si è concretizzata poi nell’accoglienza di altri artisti della mia sezione: Tonino Caputo, Franco Contini, Andrea De Simeis, Roberta Fracella, Antonio Luceri, Corrima (Corrado Marra), Fernando Martinelli, Salvatore Masciullo, Maria Luce Musca, Giuseppe Ruscigno, Marcello Toma, Giovanni Valentini. Infine, Palazzo Orsini ospita l’intera mostra a latere ordinata dal prof.Guastella dal titolo “Inesauribile cosa è la libertà dell’uomo” tratto dal romanzo di Italo Calvino “La gallina di reparto” del 1958. Espongono in questa sezione: Alessandra Abbruzzese, Andrea Buttazzo, Cristina Cary, Bepi De Finis, Angioletta De Nitto, Gino De Rinaldis, Angelica Dragone, Fabrizio Fontana, Galluzzi, Noel Emilia Gazzano, Cesi Piscopo, Concetta Resta, Francesca Speranza, Dario Tarantino.
Leggo nel comunicato stampa che hai voluto cambiare il nome della Mostra da “Biennale d’arte del Salento in Biennale Nel Salento, in quanto non esiste un’arte identificativa del territorio salentino, quanto un concetto di ospitalità culturale”. Vorresti precisare meglio questa idea?
RG: L’idea è frutto di un suggerimento di Massimo Guastella che ho recepito nella scorsa edizione. La Biennale di Venezia è ormai consolidata e identificata nella città, come lo sono le varie triennali milanesi o quadriennali romane, identificate oramai nella città ospitante. La nostra Biennale si sta sviluppando negli anni con delle incertezze legate alla sede e alla fine sta interessando via via un territorio vasto come quello salentino, per giunta a rotazione tra le varie città interessate. La denominazione Biennale d’arte del Salento rischia pertanto di ingenerare confusione, anche perché un po’ per mentalità ed anche per una ragione geografica, si corre a volte il rischio da parte dei Salentini d’incorrere in atteggiamenti autoreferenziali, di non aprirsi all’esterno in maniera adeguata, con tutte le negatività che ne conseguono. Il voler mettere da subito “i puntini sulle i” da parte del prof. Guastella ha determinato anzitutto una distinzione originale nel panorama delle biennali nazionali vigenti e poi una disponibilità all’apertura alle proposizioni culturali che giungono dall’esterno. In sostanza “non esiste una biennale che vuole essere solo nostra e identificativa della nostra cultura, esiste piuttosto una sede vasta dove noi siamo pronti ad accogliere tutte le istanze valide che provengono dall’esterno e che vogliano interagire con noi”.
Sarebbe molto importante che con il 23 di gennaio 2024, data ultima di apertura della Biennale, non terminasse definitivamente questa esperienza, ma che, al contrario, essa avesse qualche forma di continuità. Che cosa intendi fare perché questo patrimonio d’arte non vada disperso?
RG: Forse questa edizione, che si sta rivelando una delle più interessanti fino ad ora svolte, non si esaurirà al finissage. Si chiuderà certamente la mostra corrente, ma bisogna considerare che questa volta a differenza delle altre, per ragioni molteplici, non abbiamo realizzato il catalogo contestualmente. Lo realizzeremo quindi nel corso del 2024 e lo dovremo pur presentare. Quella magari sarà l’occasione per dare vita ad un’altra mostra di contorno, un’appendice espositiva sempre sotto l’egida di Syncronicart-6. Poi ci saranno le Performances del gruppo artistico-musicale di Art lab rimaste sospese, forse qualche altra idea si concretizzerà ancora, come dei workshop o addirittura la ripresa di un cortometraggio in programma. Mi sa che questa volta slitteremo direttamente da Syncronicart-6 a Syncronicart-7
Hai già in mente dove SYNCRONICART farà tappa tra due anni?
RG: Vedremo quale città si dimostrerà interessata ad ospitare la rassegna. Probabilmente d’ora in avanti saremo contesi tra le varie sedi potenziali, fino a ché forse, com’è stato per altre manifestazioni in passato, una città o un’amministrazione non decida di farci radicare, fidelizzandoci e chiedendoci l’esclusiva, disponendo magari di tutte le infrastrutture e le sedi adeguate per ospitare una Biennale d’arte che appare in crescita esponenziale.
Grazie, Raffaele Gemma, e molti auguri: che SYNCRONICART possa continuare a crescere e a far prosperare il nostro territorio all’insegna della cultura e dell’arte.