di Francesco D’Andria
Il Convegno tenuto nel novembre scorso a Savelletri, presso la Fondazione San Domenico, era stato un successo. L’Incontro internazionale, dal titolo “In principio era la grotta”, aveva permesso a vari studiosi di tracciare una trama coerente del misterioso rapporto che, sin dal Paleolitico di quarantamila anni fa, aveva legato uomini e cavità naturali. Prima ripari contro le forze della natura e il pericolo delle fiere, quindi luoghi di sepoltura e di culto, presenti nelle profondità della terra in cui l’oscurità, unita ai rumori dell’acqua e del vento ed ai versi di uccelli e di altri animali, acuiva i sensi e faceva percepire presenze di entità sovrannaturali. Le discussioni erano proseguite poi anche nel viaggio di ritorno in auto, con Luigi Coluccia che mi aveva, ancora una volta, parlato di una “cisterna”, che si apriva sotto la Cattedrale romanica di Castro. In verità altri, in questi ultimi anni, mi segnalavano questa presenza, ma non avevo ritenuto importante la notizia, pensando che di cisterne, anche di età recente, ce ne sono tantissime. Ma Luigi parlava di trenta metri di lunghezza, di una forma non usuale, “a fiasco”, del fatto che era riempita di acqua, della relazione tra la cisterna e le due chiese medievali, quella greca e quella romanica, quest’ultima costruita sopra la cavità. Appariva evidente che si trattava di un fatto particolare, così avevamo deciso di fare un sopralluogo. Bisognava chiedere il permesso al parroco don Fabiano, che tiene la chiave della botola, coperta da un portello metallico, e finalmente la settimana scorsa siamo potuti scendere, attraverso una ripida scaletta che, dalla piazzetta della Cattedrale, porta al vano ipogeo, immerso nell’oscurità più completa.