Esercizi della mente*
Non è mai né troppo presto né troppo tardi
per prendersi cura della propria anima.
Epicureo, Lettera a Meneceo.
Un monologo il cui contenuto si riduce a una
sfilata di oggetti – questo è il romanzo contemporaneo.
E. M. Cioran, Quaderni 1957-1972
Premessa
In questa breve nota vorrei chiarire il senso dei quattro Esercizi di consapevolezza che ho qui riunito. In particolare, dal punto di vista che si fa valere e della domanda che si pone, vorrei dire quale funzione abbia la critica rispetto ad un testo letterario.
Criticare vuol dire capire. Una critica che si fermasse a una descrizione asettica quando non celebrativa, non assolverebbe neppure minimamente al proprio compito, che è quello, invece, di ricercare il senso di ciò che è stato scritto. Come Foucault ha insegnato (ma lo si desume anche da Valéry citato in esergo), la critica non può consistere che in un esercizio della mente. Credo che non sia possibile dire alcunché di criticamente fondato, se non a partire dalla nostra consapevolezza di ciò che ricerchiamo in un testo letterario. In questa intima relazione che s’instaura tra critica e racconto, la critica ha una funzione compensativa, che consiste nel comprendere come funziona un racconto. La critica – quando non scavalca il testo – non dice mai nulla di più di quanto dica il racconto, ma dice queste cose in modo diverso, parlando di esso in maniera direi impudica, mettendolo a nudo i suoi ingranaggi, illuminando le zone che lo scrittore aveva lasciato in ombra. Lo scrittore racconta, il critico cerca di capire che cosa e come lo scrittore abbia raccontato, tutto qui.
In questi Esercizi della mente ho interpretato il romanzo di Antonio Moresco dal titolo Canti del caos (prima e seconda parte), un racconto di Tiziano Scarpa che s’intitola Corriamo a casa che ti voglio scopare, un brevissimo scritto di Aldo Nove, Il cielo? Non si vede mai, e infine Omero, Iliade di Alessandro Baricco. Si tratta di testi diseguali, se non altro dal punto di vista quantitativo, che non ho esitato ad accomunare per una caratteristica di questi scrittori: essi, difatti, presuppongono una figura particolare di lettore, un lettore passivo, al quale tutt’al più si concede qualche dose di adrenalina per farlo momentaneamente sentire vivo, prima di lasciarlo ricadere nel torpore da cui sembra essere stato tratto (Moresco); oppure il lettore è immaginato come il tipico consumatore moderno al quale dare in pasto parole come fossero immagini seducenti di uno spot pubblicitario (Scarpa e Baricco), dietro cui si cela una concezione imprenditoriale della letteratura; o come un voyeur collettivo disposto alla maldicenza, col quale è impossibile qualsiasi comunicazione (Nove).
In tutti e quattro i casi la scrittura non presuppone e non propone un lettore attivo, col quale avviare una comunicazione, un discorso comune, una qualche non solitaria ricerca, ma solo delle occasioni di intrattenimento, acquistabili come pastiglie di ecstasy.
La critica, per sua natura, è sempre dalla parte del lettore, di cui
difende il diritto a capire. È del tutto evidente, dunque, che queste tipologie
di lettore sottintese nei testi in questione abbiano incoraggiato i miei
esercizi.
* Pubblicato in www.zibaldoni.it, prima serie col titolo di Esercizi di consapevolezza, comprendeva lo scritto su Moresco, Scarpa e Nove. Ora vi ho aggiunto un breve scritto su Baricco, Perché Baricco ha ucciso gli dei?, pubblicato in www.zibaldoni.it, seconda serie.