Per quanto attiene al caso dell’energia, è altrettanto nota la posizione del Governo di provare a limitare i danni alle famiglie derivanti dall’aumento del prezzo di elettricità e gas, attraverso tariffe contenute nel mercato tutelato. La recente repentina decisione di abolire questo dispositivo e di lasciare la formazione delle tariffe al solo mercato viene motivata dalla considerazione che si tratta di un’eredità dei governi precedenti, che hanno condizionato la negoziazione del PNRR a questa scelta. Va, però rilevato, che l’esecutivo ha avuto molti mesi a disposizione per concordare modifiche di questa norma, soprattutto a ragione del fatto che ha concordato modifiche dello stesso PNRR.
Il punto politico in discussione riguarda il nesso fra politiche economiche negoziate in sede europea e consenso interno. Con ogni evidenza, il caso Meloni è quello di una rapida conversione da una destra con connotazioni “sociali” in politica economica a una destra liberista, molto in linea con le scelte del Governo Draghi, rispetto al quale era all’opposizione. Dalla sua creazione e con forte accelerazione a seguito della crisi dei debiti sovrani del 2010, l’Unione europea si è basata su una impostazione definita neo-mercantilista, in base alla quale la crescita economica viene demandata all’aumento delle esportazioni nette, a sua volta reso possibile da politiche fiscali restrittive (per ridurre le importazioni) e moderazione salariale (per tenere alta la competitività di prezzo). Questa impostazione è stata temporaneamente abbandonata negli anni della crisi sanitaria e viene oggi riproposta in vista della riproposizione del Patto di stabilità e crescita.
La destra italiana ha vinto le elezioni con un programma fondamentalmente basato su connotazioni di destra sociale: attenzione alle fasce più povere della popolazione, con intervento pubblico incisivo soprattutto per il welfare, che è in radicale contraddizione con il modello di sviluppo che la commissione fa valere. Meloni ha da subito appiattito la propria posizione a quella prevalente in Europa e, in più e cosa non da poco, ha ritenuto di dover legittimare la propria anomalia (la prima volta di un governo a trazione postfascista in Italia, solo pochi anni fa favorevole all’abbandono dell’euro) garantendo ai partner di far bene i “compiti a casa”: da qui, dosi di liberismo (in termini, per esempio, di maggiori contrazioni della spesa pubblica) addirittura superiori a quelli richiesti dalla commissione stessa.
[“La Gazzetta del Mezzogiorno” del 5 dicembre 2023]