Ma con questa operazione Cassani cerca anche, per così dire, di rendere accessibile a un pubblico molto ampio un po’ di arte. In fondo le sue scatole occupano poco spazio e si possono tenere sullo scaffale di una libreria, su un tavolo, su un comodino. Non manca nemmeno un’intenzione ironica nell’artista perché gli eventuali acquirenti possono sempre dire di avere in casa… un capolavoro.
Nel loro insieme, inoltre, queste “scatole” costituiscono anche un’ideale rappresentazione teatrale. Esse infatti presentano dei personaggi che appartengono a tempi assai diversi e a volte dialogano o si scontrano tra di loro, rispettando le tre unità aristoteliche di tempo, di luogo e d’azione secondo il canone drammaturgico. Alla fine entra a far parte della messinscena anche lo spettatore-visitatore che partecipa e, in un certo senso, conclude l’opera.
Esaminiamole ora più da vicino. Dal lato cronologico, si parte dalle scatole con le Veneri di Parabita risalenti a 18.000 a. C. circa, una delle quali viene collocata, con una singolare accostamento, su una conchiglia proprio come la Primavera del Botticelli. Un altro omaggio alla terra che la ospita, il Salento, è rappresentata dalle scatole con le trozzelle, vasi messapici che compaiono intorno al VI secolo a. C. L’arte greca è rappresentata invece da alcuni capolavori come la Nike di Samotracia, alla quale l’artista aggiunge teste di animali che compongono un bestiario fantastico, e la Venere di Milo, entrambe conservate al Museo del Louvre, riproposte in numerose variazioni con sfondi e colori sempre differenti.
Non mancano nemmeno capolavori dell’arte rinascimentale italiana, come la Gioconda di Leonardo, “ritoccata” dall’artista e affiancata da un dinosauro di color rosso che dà alla composizione un effetto straniante, e il David di Michelangelo, anche questo con numerose variazioni tra le quali spicca un David di colore. Arrivando a tempi più recenti, troviamo artisti contemporanei dei quali rifà alcune opere à la manière de. È il caso della Caduta di Icaro di Matisse, dei celebri dipinti geometricidi Mondrian, dei mobiles di Calder che escono fuori dalle scatole, delle figure allungate e dolenti di Alberto Giacometti, di un dipinto della giapponese Yayoi Kusama. C’è anche un omaggio a un artista amico, il salentino Sandro Greco, del quale riprende il motivo dei fiori sulla sabbia.
Nel museo di scienze naturali, invece, sono da collocare idealmente le scatole con le conchiglie e gli animali preistorici. Si esce fuori dal museo con No war dove l’autrice manda un messaggio pacifista rappresentando tre soldatini con un fiore nel fucile, e ancora con i calici “Graal”, accostati a quattro a quattro su pannelli di plexiglas, i fiori e i caleidoscopi, vivacissime creazioni che confermano la capacità dell’artista di far “cantare” i colori. A parte sono due opere più complesse: una è l’Agorà, composta da nove Nike collocate su una piattaforma girevole, un ideale ritorno ai raduni nella piazza principale della polis, così caratteristica dell’antica civiltà greca; l’altra è una Venere di Milo, di grande formato, collocata su una base dove sono seduti i sette nani della favola di Biancaneve.