Manco p’a capa 173. Sbagliando si impara

di Ferdinando Boero

Chiedete come va la pesca a un pescatore di 80 anni: vi dirà che va malissimo e che 60 anni fa era tutto bellissimo. Uno di 70 vi dirà che 50 anni fa era molto meglio. Uno di 60 rimpiangerà il mare di 40 anni fa, e così via: la sindrome dello slittamento dei punti di riferimento. Tutto va per il meglio quando… abbiamo 20 anni. I “vecchi tempi” sono belli per chi, allora, era giovane. I tempi non cambiano, cambiamo noi. I giovani guardano con disgusto ai tempi dei vecchi, e si basano sugli attuali punti di riferimento. Li rimpiangeranno quando saranno vecchi.
“Ai miei tempi” fui sempre rimandato, dalla prima media alla quinta liceo scientifico, bocciato due volte, in seconda liceo e alla maturità. I miei genitori non incolpavano i professori, il colpevole ero io. Mio padre, portuale del porto di Genova, quando fui bocciato alla maturità mi fece fare una giornata di lavoro in porto, a scaricare quarti di bue, con un sacco di juta sulle spalle, entrando e uscendo dal vagone frigorifero dove si caricava la carne. Decisi che sarebbe valsa la pena di impegnarmi di più a scuola. Non percepii le rimandature e le bocciature come ingiustizie. Erano i tempi delle contestazioni e eravamo pronti a pagare il prezzo delle nostre idee controcorrente. Il respingimento (i quadri dicevano: respinto) era parte del gioco. Niente privacy: i risultati erano pubblici. Alla maturità fummo solo in due ad essere bocciati, in tutta la scuola. Un record di cui mi vanto ancora.

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