La bellezza ha bisogno di memoria e conoscenza

Ecco. Forse la differenza tra il nostro   concetto e il nostro sentimento di bellezza e quelli di coloro che verranno sarà determinata dalle modalità con cui evolveranno la dimensione virtuale e l’intelligenza artificiale, da quanto esse incideranno sulla conformazione del pensiero e sulle forme della sua rappresentazione e, in questo contesto, dal valore che avrà la memoria.

Alle cose, ai fatti, alle storie, si attribuisce un valore, soltanto se si conosce e si comprende la loro origine e i significati che portano. Senza comprensione ci può essere soltanto un temporaneo stupore che passa rapidamente non lasciando traccia nel tessuto della conoscenza.

La torre di scolta a strapiombo sul mare, per esempio.  Si guarda, lì dove si trova, ed è bella. La si guarda per dieci minuti ed è bella per quei dieci minuti. Poi basta. Poi il cielo rabbuia, la torre non si vede. Scompare per sempre o fino a quando non si torna a riguardarla. Accade così: una bellezza superficiale, soltanto apparente, che si dissolve. Quella sua bellezza diventa profonda, elemento che ha senso nella struttura della conoscenza, se si comprende la sua storia e possibilmente anche la sua leggenda.

La bellezza ha bisogno della memoria per restare bellezza. La memoria è conoscenza. E’ profondità. La memoria e la conoscenza sono il contrario delle superficialità. Memoria e conoscenza hanno una sostanziale relazione  con il tempo. Nella relazione con il tempo la bellezza riproduce i suoi significati, li calibra e li conforma al presente e alla contingenza  storica e culturale, li carica di riverberi, di sensi ulteriori, assume una funzione consistente nel processo di evoluzione, diventa essa stessa una finalità dell’evoluzione. Lo ha detto il  Nobel Iosif Brodskij: il fine dell’evoluzione è la bellezza, che sopravvive a tutto e genera la verità per il semplice fatto di essere una fusione di ciò che mentale e di ciò che è sensuale.

A un certo punto, prima o dopo, una civiltà si ritrova, consapevolmente o inconsapevolmente, a dover scegliere se considerare la bellezza come parte integrante e rilevante del proprio percorso di evoluzione o se collocarla ai margini,  considerarla senza alcun rilievo.

Nel caso in cui dovesse aderire alla prima ipotesi, non potrà fare a meno di attribuire alla memoria e alla conoscenza una valenza essenziale. Nel caso in cui dovesse scegliere di considerarla marginale, non avrà neppure i criteri, i metodi e gli strumenti di cognizione per rendersi conto che non dovrebbe nemmeno chiamarsi civiltà.

La torre sul mare resterà lì, dove si trova, a fare da guardia discreta all’infinito. Nella sua bellezza incompresa. Resterà lì dove si trova anche un Caravaggio. Nella sua bellezza incompresa.

Così, domani o domani l’altro, nel pensiero degli uomini si addenserà una nebbia che impedirà di vedere la bellezza ricevuta in dono dal pensiero e dalle mani di quegli altri uomini che sono passati da queste parti prima di loro. 

[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, Domenica 19 novembre 2023]

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