I segreti di Oppido Tralignano

I fatti sanguinosi di Oppido innescano indagini e svariate ipotesi investigative, attirando anche l’attenzione dei media.

Fatto sta che, per gli abitanti del posto, l’appartenenza al codice identitario della città è fonte di conflitto: il coinvolgimento emotivo da una parte e l’inquietudine e lo spavento di restare coinvolti dall’altra.

I personaggi a cui l’autore dà vita nei propri racconti, non sono personaggi amabili. Non sono dipinti ad acquerello, ma a tinte livide, come a comunicarne il tormento. Sono come figure di un dipinto espressionista: hanno contorni spezzati, nervosi. Sono, a tratti, rappresentazioni bizzarre, struggentemente grottesche.

Alcuni di essi risultano come stereotipi, alienati dai propri vissuti per appartenenza a determinate condizioni socio-ambientali. Vedasi, a tal proposito, il personaggio di Irene, il cui padre è trattenuto in galera per aver scannato la madre. La ragazza matura una sessualità compulsiva, sregolata. Ha una “febbre di voluttà”, quella febbre che la conduce ad intrecciare una storia col parroco del paese, per il “piacere di coniugarsi ad un uomo di chiesa”, per dirne una.

Ancora: Abramo, docente universitario, rovinosamente cresciuto secondo i canoni di un’educazione borghese, fortemente religiosa, che lo condiziona nelle fasi della prima infanzia e nell’adolescenza. Egli finisce per vivere in compagnia delle proprie tentazioni e della voglia profonda di trasgressione. Ama le cattive ragazze ed è attratto dalle prostitute.

Ora, al di là degli aspetti scabrosi, che stimolano le papille gustative del lettore con particolari succulenti, sono personaggi stereotipati, quand’anche stravaganti nelle proprie manifestazioni, poste in essere per reazione all’alienazione da determinate condizioni esistenziali. La vita di questi personaggi è esattamente quella che ci si aspetta che sia a causa di determinate condizioni socio – ambientali di appartenenza. Sono personaggi intrappolati nel circolo vizioso dei propri vissuti e delle reazioni a questi.

Di natura ardente, invece, sono i personaggi quali Lele, il “il ragazzo – lupo” o Michele, “il vampiro”.

Michele Morbio – “il vampiro” – scienziato di fama internazionale, secondo le cronache, condannato ad una rarissima patologia delle cellule ematiche, in realtà, è erede della malattia del nonno Vito, fatto prigioniero dai tedeschi durante la seconda guerra Mondiale e sottoposto ad esperimenti genetici per la creazione di una razza speciale di superuomini, che gli devastarono la psiche. Nonno Vito, sottoposto ad un rimedio che si rivelò “peggiore del male”, divenne un vampiro, come anche il figlio ed il nipote Michele.

Quest’ultimo, attanagliato dalla maledizione della bestia, tenta di farla finita, ma “l’istinto di autoconservazione” abbatte la sua volontà e segna il trionfo definitivo della bestia che si nutre di sangue.

Assai attraente è la questione della bestia, se si decide di scendere sino agli strati basici di quest’opera.

La bestia sembra essere quel qualcosa che, senza chiedere nulla a colui che ne è portatore, senza chiederne il parere, il permesso, senza richiederne il coraggio, irrompe e si fa strada. Allora la bestia potrebbe considerarsi una forma di fedeltà alla natura individuale. Essa si manifesta sotto forma di desiderio irrefrenabile di nutrimento. Ed è questo desiderio ad essere decisivo. Decisivo per cosa? Per la metamorfosi.

E così, la bestia avrebbe una funzione evolutiva. Essa è, forse, l’essenza, il daimon, che emerge e realizza ciò a cui un individuo è destinato, al di là delle condizioni socio-ambientali in cui è nato e cresciuto, al di là degli eventi vissuti.

Da questa prospettiva, la bestia è ciò che consente ad un individuo di fare il salto quantico. E se, nelle leggende, come anche nel romanzo di Paolo Vincenti, la bestia è portatrice di morte, forse si tratta di una morte metaforica: la morte della vita banale, ordinaria, dell’io fatto di certezze, di un sistema di convinzioni e aspettative. La morte potrebbe rappresentare la risoluzione di un conflitto: quello tra la scelta di una vita ordinaria e la scelta una vita come daimon comanda.

Il modo in cui la bestia si manifesta, non è altro che il modo di fare della psiche. È il modo in cui può avvenire la metamorfosi. Che cos’è la metamorfosi? È un divenire. E la paura dell’anima è la paura del divenire. Da qui, la lotta di alcuni personaggi del romanzo contro la bestia. È una lotta kafkiana. Per alcuni di essi, come Lele, il ragazzo-lupo e Michele Morbio, il vampiro, c’è un male peggiore della morte da contrastare: la condanna alla vita.

Talvolta, questa condanna la si accoglie. Perché, per dirla con le parole dell’autore, “anche tra i dannati, la brama di vivere cresce come la marea”.

Si può dire, allora, che quella de I segreti di Oppido Tralignano, seppur talvolta sintonizzata sulle pochezze della natura umana, non è una scrittura ostile alla vita, giacché accoglie le fragilità e l’inquietudine dell’animo umano.

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