Secondo un’antica tradizione Luca era originario di Antiochia di Siria, nacque intorno all’anno 9 dopo la nascita di Cristo e morì celibe in tarda età (84 anni) il 18 ottobre del 93 d.C. Sarebbe stato seppellito nella città di Tebe, capitale della Beozia (Grecia). Da lì, come riferisce S. Girolamo (2), il 3 marzo del 357 (per altri nel 360) d.C. l’imperatore Costanzo II (317-361) trasferì i suoi resti a Costantinopoli nella Basilica dei Dodici Apostoli. Tale tempio fu voluto dal padre, l’imperatore Costantino il Grande (274-337) e fu portato a termine dal suo successore. Costantino lo fece costruire per custodire le reliquie dei dodici apostoli ed è per questo che la Basilica è dedicata ai Dodici Apostoli, anche se finì per custodire solo le reliquie di S. Andrea (considerato il primo vescovo di Tebe), di S. Luca evangelista e di S. Timoteo. Col tempo la Basilica minacciava di crollare da un momento all’altro e allora l’imperatore bizantino Giustiniano I il Grande (482-565) la fece abbattere per farne erigere una nuova. Durante i lavori gli operai, scavando sotto il pavimento (542) si accorsero della presenza di tre bare di legno con delle epigrafi per mezzo delle quali si riuscì ad identificare i corpi di Andrea, Luca e Timoteo, ma senza che fosse fatta una ricognizione dei corpi. Le bare furono riparate e nuovamente sepolte. La nuova Basilica, sempre dedicata ai Dodici Apostoli, fu consacrata nel 550. Le casse di legno che si era certi contenessero i corpi di Andrea, Luca e Timoteo furono traslate nella nuova chiesa.
Le reliquie di S. Luca giunsero a Padova insieme a quelle di S. Mattia, il tredicesimo degli apostoli, al tempo dell’imperatore e filosofo romano Flavio Claudio Giuliano l’Apostata (331-363); altre fonti dicono che il trasferimento
avvenne nel VII secolo, durante la persecuzione iconoclastica (Atti del Congresso: Il sepolcro di S. Luca, Basilica di S. Giustina, Padova, 2003) ad opera del prete Don Urio, custode della Basilica dei Dodici Apostoli di Costantinopoli, il quale con l’aiuto del servo Grusiello, salvò le reliquie di S. Luca, S. Mattia e l’icona raffigurante la Vergine dalla furia iconoclasta (740/741-770), scatenata dall’imperatore bizantino Leone III Isaurico (675-741), e trasportando tutto a Padova.
Gli iconoclasti, influenzati dai musulmani, si opponevano alle immagini sacre di Dio, di Gesù, della Madonna, dei Santi e anche al culto delle reliquie. Il sacerdote Urio avrebbe scelto Padova per le varie testimonianze greco-bizantine ivi esistenti, come una colonia greca, le chiese di S. Sofia, di S. Eufemia, di S.Maria Iconia e di S. Crispina.
Il sacerdote Urio depose le reliquie di S. Luca e S. Mattia presso i monaci benedettini nella loro Chiesa di S. Giustina, dove il corpo di S. Luca ebbe molta venerazione. Nel 889 il prezioso tesoro fu nascosto dai monaci benedettini nell’area cimiteriale della medesima chiesa per salvarlo dalle depredazioni degli Ungari; tuttavia la chiesa fu da questi distrutta. Del corpo di S. Luca con l’andar del tempo non rimase che una debole memoria e solo nel 1174 si tornò a cercarlo tra i ruderi dell’antica chiesa.
Il vescovo di Padova, Gerardo Offreducci da Marostica (1165-1213), su pressione dei Padovani, all’indomani di un furioso incendio che devastò tutta la città lasciando integra la Basilica, d’accordo con l’abate di S. Giustina, avviò una serie di scavi che portarono, dopo digiuni e preghiere alla scoperta delle spoglie di S. Giustina e di quelle dei S. Innocenti. Il 14 aprile del 1177 fu rinvenuta una cassa di piombo che per la identificazione del titolo (S.L.E.) e per il simbolo di tre vitelli fece pensare alla cassa di S. Luca. In quell’ occasione l’abate del monastero, Domenico, il vescovo di Padova Gerardo Offreducci ed il papa Alessandro III (che in quel periodo era a Ferrara) certificarono che il corpo era quello di S. Luca. Da allora i monaci benedettini, insediatisi nell’alto medioevo nel monastero di S. Giustina iniziarono a venerare le spoglie dell’Evangelista con particolari onori.
La scoperta dei resti di S. Luca poneva Padova alla pari con la vicina e potente Venezia (S. Marco Evangelista) e con altre poche fortunate città che possedevano un deposito di pari pregio (3).
Altri studiosi affermano che le spoglie di San Luca arrivarono a Padova dall’Oriente dopo la distruzione di Costantinopoli (1204) per opera dei crociati e trasportate dagli stessi. Comunque, sembra più probabile che le reliquie di S. Luca siano state traslate a Padova nel IV sec., durante l’impero di Giuliano l’Apostata.
Secondo quanto afferma Mons. Bellinati (4), direttore dell’Archivio Diocesano, il corpo di S. Luca era a Padova prima del 1204; infatti il culto di S. Luca a Padova risale al 1080 quando il beato Crescenzio Camposampiero innalzò una chiesa dedicata a S. Luca e che esiste tuttora in via XX settembre a Padova.
Nel 1354 venne in visita a Padova, nella chiesa di S. Giustina, Carlo IV di Lussemburgo (1313-1378), re di Boemia, che chiese ed ottenne in dono, il 9 novembre, il capo di S. Luca per collocarlo nella Cattedrale di San Vito a Praga, dove tuttora si trova. L’imperatore, venuto in Italia per l’investitura, portò a Praga, oltre alla testa di S. Luca da Padova, anche la testa di S. Vittore da Feltre e da Pavia le ossa di S. Vito, che collocò nella Cattedrale di Praga dedicata a S. Vito di cui lo stesso Carlo fece iniziare i lavori nel 1348. Della visita di Carlo IV a Padova e in particolare a S. Giustina esiste una pergamena nell’archivio del Capitolo metropolitano della Cattedrale di S. Vito a Praga, datata 6 novembre 1354; si tratta del rogito del prelevamento della reliquia del capo di S. Luca. L’arrivo del capo dell’Evangelista a Praga è poi documentato dall’inventario delle reliquie in possesso di quella Cattedrale, datato 6 ottobre 1355 (1).
Nel 1463 (1) sorse una contesa tra i monaci benedettini di S. Giustina e i francescani osservanti di S. Giobbe a Venezia, i quali asserivano di avere il corpo del vero S. Luca, proveniente dalla Bosnia in seguito all’avanzata turca. Il giorno 16 agosto 1463 arrivò a Venezia la galera di sier Marco Zane che era partito dal porto di Spalato e aveva a bordo il corpo di un santo che si diceva, S. Luca Evangelista. La notizia si sparse per tutto il territorio veneto e i padri di Santa Giustina subito protestarono affermando “di havere essi soli nella loro glesia li sacro corpo dil Santo morto in Bitinia et da Costantinopoli condotto a Padova”. La protesta del convento divenne protesta cittadina e tutti ad una voce dicevano che l’Evangelista venuto da Spalato era un falso S. Luca e un falso Evangelista. Venne così eseguita un’accurata ricognizione al termine della quale furono mandate a Roma le relazioni scritte ed il Papa Pio II incaricò il cardinale Bessarione, suo legato in Venezia, di decidere la controversia e questi aggiudicò essere il vero S. Luca quello custodito a Venezia. Mentre a S. Giobbe si cantava il Te Deum e le campane suonavano a festa, a S. Giustina si facevano processioni, solenni panegirici e gran cantar di litanie. La decisione di Bessarione non pose fine alla questione: troppe erano le pressioni sul Bessarione perché egli rischiasse di compromettere il suo posto di legato pontificio a Venezia per una questione di reliquie. I frati della Basilica di Santa Giustina e i padovani tutti ricorsero a Roma e il Papa Paolo III, succeduto a Pio II, delegò due cardinali Ciovanni Caravajo e Bernardo Eurolo da Marni, i quali premesso che la testa di san Luca Evangelista si conservava nella Basilica Vaticana, riconobbero l’autenticità delle reliquie custodite dai monaci padovani, mentre lo scheletro del S. Luca veneziano era quello di un giovane di circa 20 anni, morto da appena due secoli; inoltre lo scheletro di Venezia aveva il cranio, e quello di S. Luca dei padovani era senza cranio. Fu deciso, “che quel corpo che aveva suscitato tante contese fu relegato nella sagrestia” senza gloria di culto.
La lite tra Padova e Venezia in ogni caso produsse una sentenza definitiva: “Decimoquinto calendas novembris. Natalis Beati Lucae Evangelistae, qui multa passus pro Christi nomine Spiritu Sancto plenus obiit Bithynia, cuius ossa Costantinopolim traslata sunt, inde Patavium delata”.”In Bitinia i natali del beato Luca Evangelista, il quale dopo aver molto sofferto per Cristo, morì pieno di Spirito Santo. Il suo corpo fu trasportato prima a Costantinopoli e dopo a Padova” (1). Nel 1466 i padovani inviarono una lettera di ringraziamento ai Cardinali che avevano trattato la questione, segno che tutto era finito.
Oggi quel povero corpo veneziano senza “luci di torce, senza fumo di incenzo, è stato identificato appartenere al beato Luca “Osios Lukas”, monaco orientale, fondatore del monastero Steirion nella Focide (Grecia), morto il 7 febbraio del 953, molto venerato per la sua vita santa e per i miracoli operati presso la sua tomba. Il 14 gennaio 1986 i resti venivano tolti dal sarcofago e consegnati dal Patriarca Cardinale Marco Cè alla delegazione dei Prelati della Chiesa ortodossa greca, venuta a Venezia per riceverli e restituirli alla chiesa del suo monastero (5).
Nel 1499 i monaci di S. Giustina dedicano a S. Luca la cappella dell’infermeria e la figura del santo appare vittoriosa in tutti i luoghi importanti della Basilica: refettorio, coro vecchio, maggiore sala dedicata agli Apostoli e oggi restaurata e adibita a sala di convegni. Nella Basilica di S. Giustina a Padova esiste la prima cappella costruita in onore di S. Luca; essa fu eretta nel 1301 ad opera dell’abate Gualpertino Mussato; tale cappella era tenuta in grande venerazione e nel 1436 fu affrescata dal pittore veneziano Giovanni Storlato che dipinse una serie di scene che narrano la vita, il trasferimento delle reliquie dall’Oriente e il ritrovamento a Padova del Santo (6). L’idea era stata suggerita al pittore dal grande Ludovico Barbo (1382-1443), abate e vescovo; l’opera fu finanziata da Madama Jacoma,che “lassò se dovesse ornare la cappella de misser S. Luca” (6). Nel 1313 fu realizzata un’arca marmorea per porvi la cassa di piombo. Il sarcofago di S. Luca (fig. 2) è un’opera preziosa del 1313, fatto a cura dell’abate Mussato; il coperchio e la base dell’arca sono di marmo rosso di Verona; gli specchi sono di alabastro orientale, il telaio che li inquadra sono di porfido verde. Due colonne di granito orientale e due di alabastro sono le basi che sostengono il sarcofago il cui sostegno centrale è formato da una colonna di marmo greco rappresentante quattro angeli.
Le figure dei riquadri sono così ordinate: sul lato minore l’effige di S. Luca (fig. 3). Sui due lati in un riquadro un angelo che regge due torce, in quello centrale un angelo turriferaro (che porta incenso) e poi il bue. Per quanto riguarda la figura scolpita del santo fra due croci innestate su due tronchi di palme: testa dolicocefalica, fronte alta e spaziosa, zigomi sporgenti, occhi profondamente
pensosi, folti capelli, barba discretamente fluente: tutto questo conferisce al santo un’espressione austera e solenne; tiene nella mano sinistra un libro aperto, nella destra la penna in atto di scrivere (6). L’arca di S. Luca appartiene alla scuola pisana che lavorò a Padova e scolpì per Enrico Scrovegni le statue della Madonna e degli Angeli che sono nella cappella degli Scrovegni. E’ probabile che all’arca di S. Luca abbia lavorato fra’ Guglielmo da Pisa e in particolare alla formella di S. Luca, mentre il resto può essere opera dei suoi allievi (6). L’arca di S. Luca fu collocata nell’abside della prima cappella e fortunatamente non ha subito le vicende dei tempi e oggi la possediamo tale e quale fu costruita. Nel 1443 ser Antonio Fioravanti e la moglie Agnese lasciarono tutte le loro sostanze perché venga ornata la chiesa e la cappella di S. Luca (6). Tra questi ornamenti il principale è il polittico a tempera del Mantegna raffigurante S. Luca con tutti i santi che hanno relazione con la Basilica di S. Giustina. Tale tela collocata sopra l’Arca nel 1453, fu ordinata dall’abate Folperti; è opera di grande pregio artistico che nel 1562 fu collocata nella pinacoteca di S. Giustina e oggi si trova a Brera dove fu portata per sfuggire alla soppressione napoleonica (6).
Probabilmente un’altra identificazione dello scheletro di S. Luca è stata fatta nel 1562 in occasione della traslazione delle sue spoglie dall’antica cappella omonima in S. Giustina al nuovo transetto sinistro della Basilica (14 marzo 1562), dove oggi si trova.
Ma il corpo di S. Luca venerato a S. Giustina era veramente il corpo di S. Luca? Occorreva confortare la tradizione con studi ed un primo lavoro fu compiuto dal Pizzi (7) che arrivò alla conclusione che S. Giustina di Padova ha l’onore di possedere il vero e reale corpo di S. Luca e alla stessa conclusione giunse mons. Zanocco (8) nel suo articolo “la questione del corpo di S. Luca evangelista in S. Giustina”.
A. Greiff (6) nel 1949 scriveva “poche reliquie passarono per un trafilo di studi e ricerche, come quelle che riposano nella preziosa Arca di S. Luca in S. Giustina”.
Nel 1992 venne in pellegrinaggio a Padova il metropolita Hieronymus, arcivescovo ortodosso di Tebe per visitare la tomba di S. Luca. Successivamente, in una lettera scritta in greco e datata 18 ottobre 1992, il Metropolita di Tebe chiedeva a Mons. A. Mattiazzo vescovo di Padova, di donare alla Chiesa di Tebe “un frammento significativo” delle reliquie di S. Luca da deporre là dove si trova ed è venerato il sepolcro sacro dell’Evangelista. Questo fa pensare che il Metropolita di Tebe era sicuro che le reliquie presenti nella Basilica di S. Giustina appartenessero a S. Luca.
Nel 1998, su istanza del Vescovo di Padova e col consenso dei monaci benedettini di S. Giustina, fu deciso di nominare una commissione scientifica per procedere alla ricognizione delle reliquie da secoli attribuite a
S. Luca. La commissione era composta da 14 esperti e presieduta dall’ordinario di anatomia patologica dell’Università degli Studi di Padova, Prof. Vito Terribile Wiel Marin. Il vescovo Mattiazzo aveva chiesto al cardinale Miloslav Vlk di Praga di poter esaminare la reliquia e così nel settembre 1998 il Decano della Cattedrale di Praga ed un esperto paleontologo hanno attraversato l’Europa e sono arrivati a Padova con la reliquia. Quindi pervenne da Praga per qualche giorno il cranio donato a Carlo IV. L’apertura dell’arca avvenne la serata del 17 settembre 1998; rimossa la lastra di marmo di 14 quintali fu estratta una cassa di piombo del peso di 600-800 Kg, nella quale si trovò una cassa di piombo perfettamente sigillata, contenente uno scheletro
umano in buono stato di conservazione. Il corpo sarebbe stato sempre in quella bara fin dall’inizio e questo non solo per la corrispondenza quasi al centimetro delle dimensioni con il sarcofago di Tebe, ma anche per la presenza sul bacino del santo di cerussite cioè carbonato di piombo: esso si forma in ambiente basico quale si determina durante la putrefazione del cadavere. I dati scientifici del radiocarbonio effettuati sia ad Oxford che a Tucson (in Arizona) concordano nell’attribuire le ossa al periodo in cui è morto il Santo e cioè il 1° secolo cristiano (9). Si è potuto stabilire che lo scheletro di Padova, privo del capo, appartiene ad un uomo morto in tarda età tra i settanta e ottantacinque anni, alto 163 cm; si è potuto stabilire anche che il capo trasferito da Praga appartiene allo scheletro custodito a Padova nella Basilica di S. Giustina, in quanto esso si articola perfettamente con la prima vertebra cervicale dello scheletro di Padova. L’articolazione cranio-atlante è considerata altamente specifica del tipo chiave e serratura: una chiave di cui è assolutamente impensabile un secondo esemplare perfettamente uguale al primo. Questo è un argomento decisivo in ordine alla autenticità di queste reliquie rispetto ad altre presunte reliquie del Santo. Cranio e corpo si sono autenticati reciprocamente rispetto al 1354 (10). La corrispondenza del cranio di Praga con la prima vertebra cervicale dello scheletro di S. Luca di Padova è una prova indiscutibile per il prof. Vito Terribile Wiel Marin (10), la prof. antropologa Maria Antonia Capitanio (11) e il prof. Emanuel Vlcek (12) antropologo venuto da Praga: essa garantisce che l’unico vero cranio di S. Luca Evangelista è appunto quello di Praga. Il cranio ha una forma allungata all’indietro, compatibile, secondo l’antropologa prof. Capitanio (11) con la popolazione di Antiochia di Siria del I e II secolo dopo Cristo e questi dati si armonizzano con la tradizione e la documentazione che ci è pervenuta e cioè che S. Luca era di origine siriana. Lo scheletro presentava i segni di una grave osteoporosi diffusa e di una grave artrosi della colonna vertebrale, soprattutto a livello lombare; inoltre erano presenti i segni di un enfisema polmonare testimoniato dalla minore curvatura delle costole. Nella bara sono state trovate tutte le ossa, compresi gli ossicini delle mani e dei piedi e le cartilagini laringee e questo farebbe ipotizzare che la cassa di piombo è quella della sepoltura originaria e che le reliquie si trovavano a Padova già tra il V-VI secolo. Lo scheletro presentava una sinostosi (unione) tra la prima e la seconda costola di sinistra e la sacralizzazione della prima vertebra coccigea: trattasi di malformazioni che si riscontrano più frequentemente in Medio Oriente. L’esame dei pochi denti rimasti in base alla gravissima e peculiare usura delle corone ha dimostrato che S. Luca era affetto da bruxismo (digrignamento intensivo e spasmodico dei denti durante il sonno) (13). Inoltre dello scheletro mancava non solo il cranio, ma anche l’ulna dx e l’astragalo sx (14).
I proff. Paganelli e Chiesa (15) durante la ricognizione hanno riscontrato sia sullo scheletro sia sul fondo della bara dei pollini, oltre a quelli delle piante locali della pianura padana, di alcune piante tipiche dell’area mediterranea: pollini di mirto che non solo appartengono a una pianta estranea alla flora dell’Italia del nord, ma che non possono essere trasportati da insetti o uccelli. Appare verosimile che all’atto della sepoltura dei rami di mirto furono posti intorno al corpo e questo è compatibile con le usanze funerarie orientali dei primi secoli dopo Cristo. Del resto è difficile pensare che una bara di 2 metri, pesante 300 kg, sia stata usata per un mucchio di ossa e non per un corpo intero.
I lavori della Commissione iniziati il 17 ottobre 1998 sono terminati il 6 giugno 2001 dopo complessivi mille giorni. I risultati preliminari delle indagini sullo scheletro e sugli altri reperti sono stati presentati nel Congresso Internazionale” San Luca Evangelista, testimone della fede che unisce”, tenutosi a Padova dal 16 al 21 ottobre 2000 in occasione del Giubileo (24 dicembre 1999- 6 gennaio 2001). Il convegno era organizzato dalla Diocesi di Padova, dall’Abbazia di S. Giustina in Padova, dall’Università degli studi di Padova e con l’alto patrocinio del Presidente della Repubblica Italiana. I dati presentati al Convegno consentono di attribuire un alto margine di probabilità all’autenticità delle reliquie conservate a Padova e alla verifica della tradizione che indica nelle reliquie padovane il corpo dell’Evangelista Luca (16). Il Congresso felicemente celebrato nel contesto dell’anno giubilare, è stato aperto nell’aula Magna dell’Università di Padova e poi è proseguito presso l’abbazia di santa Giustina e si è concluso con una giornata di spiritualità all’abbazia di Praglia (PD). A Padova nei giorni del Congresso erano presenti rappresentanti della Chiesa Ortodossa, della Comunità Anglicana e delle Comunità della Riforma. La città veneta è stata luogo di incontro di Comunità ecclesiali desiderose di trovare, in una rinnovata fedeltà alle fonti e alla missione che da esse scaturisce, la forza della piena unità. L’importanza dell’appuntamento è stata sottolineata infatti dai messaggi del patriarca ecumenico di Costantinopoli e del papa Giovanni Paolo II. Il patriarca Bartolomeo I scrive tra l’altro “ Desideriamo farvi giungere il nostro apprezzamento per la fedeltà di intento e l’impegno a favore del dialogo ecumenico. Questa è la evangelizzazione del nuovo millennio nello spirito di S. Luca e degli Evangelisti” (16).
Il Santo Padre Giovanni Paolo II, in data 17 ottobre 2000, in occasione della festa di san Luca ha inviato all’Arcivescovo, Mons. Antonio Matteazzi, il seguente messaggio: “1) Tra le glorie di codesta Chiesa, di grande significato è il particolare rapporto che la lega alla memoria dell’Evangelista Luca, del quale, secondo la tradizione, custodisce le reliquie nella splendida Basilica di Santa Giustina: tesoro prezioso e dono veramente singolare. 2) Un’occasione propizia per ravvivare l’attenzione e la venerazione per questa presenza che si radica nella storia cristiana di codesta Città, è stata ora offerta dalla ricognizione del corpo del santo Evangelista, nonché dal Congresso Internazionale a Lui dedicato. 3) le celebrazioni che si svolgono in occasione del menzionato Congresso offrono un nuovo stimolo perché codesta diletta Chiesa che è in Padova riscopra il vero tesoro che S. Luca ci ha lasciato: il Vangelo e gli Atti degli Apostoli. Dal Vaticano 15 ottobre, Il Bollettino Sala Stampa Santa sede”.
La raccolta dei dati dei singoli studiosi che hanno partecipato a vario titolo alle ricerche scientifiche sulla ricognizione delle reliquie di S. Luca è apparsa nel mese di ottobre 2003 ( Atti del Convegno internazionale “S. Luca Evangelista testimone della fede che unisce” a cura di Terribile Wiel Marin V. e Trolese F.G., edito da Ist. Storia Ecclesiast., Padova 2003), ma il volume è stato presentato ufficialmente il 21 gennaio 2004 e termina con la seguente dichiarazione firmata dal presidente della Commissione scientifica professore Vito Terribile Wiel Marin e dai componenti professori Claudio Mons. Bellinati, Gianmario Molin e Maria Antonia Capitanio. “In conclusione non esiste un solo elemento contrario al fatto che si tratti dello scheletro di S. Luca Evangelista”.
Esiste un’altra reliquia della testa di S. Luca nel Museo Tesoro della Basilica S. Pietro in Vaticano ed è quello che nel 506 Gregorio Magno, all’epoca ambasciatore a Costantinopoli, ebbe in dono dall’imperatore Maurizio Tiberio e lo trasportò a Roma; ma nel 1999 gli studi (9) effettuati con radiocarbonio 14C hanno evidenziato che tale cranio apparteneva ad un altro corpo ed era stato datato intorno al V-VI secolo d.C. Quindi il cranio di Roma non è di S. Luca e allora a Gregorio Magno fu dato un cranio di un altro uomo o perché non si volle privare del vero cranio di S. Luca oppure (cosa più probabile) perché alla fine del VI secolo il corpo di S. Luca non era più sepolto nella Basilica dei Dodici Apostoli di Costantinopoli e questo perché traslato altrove.
Un’altra reliquia contenente parte della testa e il braccio con mano sinistra di S. Luca si trova nella chiesa omonima a Cremona (17).
Un’altra reliquia si trova nella chiesa di S. Luca nel Santuario di Montevergine (AV): si tratta di una teca in cui era custodita una frazione del braccio del Santo e la cui scomparsa è stata denunciata dall’abate di allora il 23 aprile 2004.
Il 17 settembre 2000 fu esaudita la richiesta del metropolita Hieronymos di Tebe e fu donata parte della quarta costola sinistra, presa all’altezza del cuore, del corpo di S. Luca e fu sistemata, come la tradizione indica, a Tebe nel sarcofago che è stato la sua prima sepoltura e che per tanti secoli era rimasto vuoto. Per l’occasione era partita da Padova una delegazione accompagnata dall’Abate di Santa Giustina, Don Giulio Pagnoni , e guidata dal vescovo di Padova, Mons. A. Mattiazzo, per consegnare al Metropolita di Tebe una “significativa reliquia” di S. Luca. Il giorno dopo, nel corso di grandi festeggiamenti di popolo, a Tebe, il reliquiario viene consegnato a S.E. Giovanni Hieronymos e riposto nell’Arca vuota da oltre 16 secoli (14). La Congregazione per le cause dei santi, la Segreteria di Stato Vaticano e il pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani avevano già da tempo autorizzato il vescovo di Padova a soddisfare la commovente richiesta del metropolita Hyeronimus.
Le reliquie sono state esposte alla venerazione dei fedeli per tutta la durata del Congresso, nell’Abbazia di S. Giustina a Padova.
Forse bisogna ammettere una prima sepoltura in una cassa di legno ed un successivo passaggio, magari nel IV secolo, in quella di piombo.
Sul mattino di Padova del 17.02.2004 compare l’articolo di Aldo Comello dal titolo “Quello non è S. Luca”. Demolito l’identikit delle ossa a S. Giustina. L’articolo fa riferimento al convegno tenuto a Padova il 14.02.2004 ad opera di G. Zampieri (18), direttore della sezione archeologica del Museo Civico patavino. Egli lo fa in un suo libro dal titolo “La tomba di S. Luca Evangelista. La cassa di piombo e l’area funeraria della Basilica di santa Giustina in Padova”, di 416 pagine, frutto di uno studio lungo e approfondito che lo porta a concludere che “S. Luca non è S. Luca” per cui “la fede che circonda le reliquie, la tradizione, il prestigio di ospitare in Padova l’Evangelista Luca, il più colto dei quattro evangelisti, in odore di sapienza medica, una figura in grado di bilanciare il S. Marco veneziano, in una stupenda gara di santi campanili, tutto collassa di colpo”. Tutto si basa su alcuni argomenti come la cassa di piombo rinvenuta nell’area cimiteriale di S. Giustina nel 1177, quando Procopio di Cesarea nel suo “De Aedificiis” (19) dice che S. Luca fu rinvenuto nel 542 in una cassa di legno. La cassa di piombo è di riproduzione occidentale come dimostrano molti esemplari datati dal III al IV secolo dopo Cristo. E poi gli studi con radiocarbonio fatti ad Oxford datano l’età dello scheletro tra il 240 e il 420 d.C. e quindi tra la metà del III secolo e gli inizi del V secolo d.C. e le ossa rinvenute nella cassa di piombo apparterrebbero ad un personaggio più giovane di almeno due secoli.
BIBLIOGRAFIA
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3. A. Tilatti. Dall’agiografia alla cronaca. Le inventiones degli antichi patroni padovani fra interpretazione storiografica e sviluppo di una coscienza civica (secc.XI-XII) Pubblications de l’E’cole française de Rome, 1995, pg 47-64.
4. C. Bellinati. Peregrinazioni del corpo di S. Luca Evangelista nel primo millennio (120-1177). Atti del Convegno “S. Luca Evangelista, testimone della fede che unisce”. Padova 2003.
5. P.F. Finotto. S. Giobbe: La chiesa di S. Giobbe e S. Bernardino da Siena in Venezia. Cooperativa Nuova stampa, Verona, 1994.
6. A. Greiff. S. Luca patrono dei medici. Estratto dal volume “Atti del Congresso Internazionale Medici Cattolici. Orizzonte Medico, Roma 1950.
7. A. Pizzi. L’arca di S. Luca Evangelista, Padova 1907.
8. R. Zanocco. La questione del corpo di S. Luca Evangelista in S. Giustina, in Studia Sacra, Padova, 1921, pp 153-160.
9. G. Molin, G. Saviulo, P. Guerriero. Indagini sulle reliquie attribuite a S. Luca Evangelista, Basilica di S. Giustina in Padova: studi cristallochimici, isotopici e datazione mediante 14C dei reperti ossei. Atti del Convegno “S. Luca Evangelista, testimone della fede che unisce”, Padova 2003.
10. V. Terribile Wiel Marin. Rilievi anatomopatologici.Atti del Convegno “S. Luca Evangelista, testimone della fede che unisce”, Padova, 2003;
11. M.A. Capitanio. Studio antropologico dello scheletro attribuito a S. Luca della Basilica di S. Giustina in Padova, Atti del convegno “S. Luca Evangelista, testimone della fede che unisce”, Padova, 2003.
12. E. Vlcek., Studio antropologico dello scheletro attribuito a S. Luca della cattedrale di S. Vito di Praga. Atti del Convegno “S. Luca Evangelista, testimone della fede che unisce”, Padova 2003.
13. A. Beltrame. Elementi dentari rinvenuti nella tomba di S. Luca Evangelista. Atti del Convegno “S. Luca Evangelista, testimone della fede che unisce”, Padova 2003.
14. F. Cazzuoli. S. Luca: anatomia di un evangelista: certezze e misteri. Bollettino Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Modena. Novembre-Dicembre 2011, pg 15-19.
15. A. Paganelli, S. Chiesa: ”Arca di S. Luca Evangelista. Risultati sull’indagine palinologica”. Atti del Convegno “S. Luca Evangelista, testimone della fede che unisce”, Padova 2003.
16. D. Libanori. Il congresso sulle reliquie di S. Luca Evangelista. La civiltà cattolica, Roma, 2001, pg 497-501.
17. F. Maraggia. Il reliquiario del Santo nella chiesa di S. Luca a Cremona. Cremona 16 ottobre 2020.
18. G. Zampieri. La tomba di S. Luca Evangelista. La cassa di piombo e l’area funeraria della Basilica di S. Giustina in Padova, L’Erma di Bretschneider, Roma, 2004.
19. Procopio di Cesarea. De Aedificiis traduzione di C. Occhipinti , Roma, 2009.