L’impossibilità di pensare il mondo e l’umanità senza i libri

Poi le visioni apocalittiche sono scomparse o si sono stemperate, soprattutto per il fatto che le generazioni coinvolte nei processi della formazione e della cultura sono quelle che hanno esperienza tanto dei libri quanto degli altri strumenti di informazione e di conoscenza. 

Ma una umanità  senza i libri non si può pensare. Perché i libri sono condizioni essenziali di civiltà, di cultura. Sono tornasole di conoscenza e di coscienza. Portano l’esperienza di anni, di millenni.  Indicano strade – non una ma molte – lungo le quali ciascuno si ritrova in un giorno o l’altro della vita.

Perché sono racconti o resoconti di destini. Dicono tutto quello che è accaduto e che quindi può accadere un’altra volta. Tutto il vissuto del mondo, il divenire del tempo, l’essere e il non essere, la realtà e la finzione, la verità e la menzogna. Raccontano di sogni ad occhi chiusi e aperti. Traducono le parole degli uomini di ogni tempo e di ogni luogo, le loro fantasticherie e le loro paure, le loro ragioni, le loro passioni, i silenzi più profondi di un  abisso e le urla alte più di mille Everest.

I libri  dicono il confronto con l’eterno, lo scontro con il transeunte, l’angoscia di camminare sugli argini del niente, lo sbalordimento per l’incognita del vivere, lo stupore per gli accadimenti senza nessuna ragione apparente, la malinconia per tutto quello che sparisce, per le stagioni che passano come cavalli scavezzati sulla pianura dei giorni.

Alla prima pagina di un saggio che si intitola “La saggezza dei libri”, Harold Bloom, scrive: “Per scegliere che cosa continuare a leggere e insegnare, mi attengo soltanto a tre criteri: lo splendore estetico, il vigore intellettuale e la saggezza”. Le pressioni delle contingenze, le situazioni sociali, le mode giornalistiche  – dice – possono anche oscurare per un certo tempo questi criteri, ma si tratta di un tempo, appunto, limitato.  “Le opere che non riescono a trascendere il loro particolare contesto storico sono destinate a non sopravvivere”.

I libri riferiscono storie di saggezza. Le storie di saggezza sono sempre storie semplici:  fiabe che sembrano innocenti,  piccoli accadimenti, fatti che a volte possono sembrare marginali; hanno personaggi che abbiamo sempre conosciuto; dipingono luoghi che abbiamo sempre abitato.

I libri di saggezza dicono di giovinezze che seccano, vecchiezze che germogliano. Sanno quando è il giusto tempo per stringere o allentate la morsa dell’attesa della rivelazione del senso originario.

Ogni loro pagina è un universo al tempo stesso compiuto e incompiuto, circoscritto e illimitato, contiguo e separato dagli altri universi che sono le altre pagine. Riescono a racchiudere il tutto in ogni frammento. Quasi che debbano assicurare la sopravvivenza del loro significato al più devastante incendio. Quasi che una sola parola, una sola sillaba supersite possa restituire l’opera intera, la metafora più complessa.

I libri riflettono le ragioni della storia: con le  loro finzioni, con le verità che rivelano, con i dubbi che seminano, nella rappresentazione del mondo che propongono, mettono in scena lo spettacolo di ogni tempo, oppure di un tempo solo, ma essenziale, paradigmatico, rivelatore del senso che  genera o al quale sono  finalizzate le direzioni e le azioni che l’uomo intraprende.

Probabilmente la storia non esisterebbe senza i libri che la raccontano: esisterebbero fatti che cominciano e finiscono, vite che nascono e che muoiono, incontri che accadono e si dimenticano, episodi isolati, senza nesso,  circostanze che provengono dal vuoto e nel vuoto precipitano, deserti di memoria senza nessun miraggio. 

E’ per questo che una umanità senza i libri non si può pensare.

[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, Domenica 5 novembre 2023]

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