di Guglielmo Forges Davanzati
La lunga vicenda dell’approvazione della manovra finanziaria insegna due cose relativamente alla linea di politica economica di questo Governo. In primo luogo, i saldi prospettati (in particolare, le variazioni della spesa pubblica) rendono evidente che il recente passato antieuropeista di Fratelli d’Italia incide notevolmente, e con segno negativo, sulle scelte di politica economica di questo Governo, limitando la possibilità di realizzare manovre espansive. Ci si riferisce al fatto che, per accreditarsi in sede europea, in un contesto di revisione del Patto di Stabilità e Crescita nella direzione del ritorno all’austerità, il Governo Meloni deve mostrarsi più austero della gran parte dei Paesi dell’Eurozona e più austero dei suoi predecessori, per acquisire reputazione agli occhi della commissione europea. Non si spiegherebbero diversamente i principali numeri della manovra, peraltro in linea con quella dello scorso anno, fra i quali quello maggiormente in evidenza riguarda la riduzione solo temporanea – e non strutturale, come promesso – del cuneo fiscale. Data l’esiguità dello spazio fiscale disponibile, le principali promesse della maggioranza che regge questo esecutivo sono ancora una volta non realizzate e rinviate sine die, con l’aggravante di indurre a mettere in atto provvedimenti decisamente impopolari, quali la soppressione del fondo per le invalidità e il ripristino delle clausole IVA sui prodotti per l’infanzia.
Il Governo è dentro un doppio vincolo, dal quale sembra difficile venir fuori: quello delle promesse fatte e quello esterno, europeo in particolare. Riguardo al primo, va considerato che solo pochi anni fa Giorgia Meloni fondava l’esistenza di Fratelli d’Italia sul rifiuto di questa Europa e della stessa moneta comune. La Destra italiana si dichiarava a favore del ritorno alla lira, teorizzando che questo passaggio avrebbe consentito il recupero di competitività, via svalutazione, delle nostre produzioni, con effetti positivi sulle esportazioni. Per arrivare al Governo, queste tesi sono state silenziate e sostituite, peraltro in tempi rapidissimi, con il pieno sostegno all’UME e alla valuta comune.